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Case popolari: la riconversione ecologica solo una promessa, Raggi non spende i soldi del bonus 110%

La norma nazionale esclude gli enti locali dall’accesso alle agevolazioni del superbonus 110%, ma altre grandi città come Milano si sono organizzate per accedere al credito d’imposta mentre Roma è rimasta ferma. Con il superbonus si può migliorare la qualità della vita degli inquilini delle 27.000 case popolari, diminuire l’inquinamento grazie all’efficientamento energetico proprio come vorrebbe la tanto sbandierata riconversione ecologica.
A cura di Sarah Gainsforth
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Roma rischia di non cogliere l’opportunità, prevista dal Decreto Rilancio, del cosiddetto Superbonus 110%, con cui lo Stato concede agevolazioni fiscali per la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, nel rispetto di determinati requisiti ambientali. Sono due i nodi principali: la lentezza degli uffici nel rilasciare la documentazione necessaria per accedere alle agevolazioni, e l’esclusione del patrimonio residenziale del Comune di Roma, 27mila case popolari, dal perimetro della norma nazionale. Se molti Comuni hanno trovato il modo di superare questo ostacolo, Roma è, come spesso succede, ferma.

Tutto questo sta accadendo nonostante gli annunci di una svolta green e la parola d'ordine della riconversione ecologica, dell'idea di una città resiliente presentata dalla stessa Virginia Raggi quando lo scorso ottobre ha presentato il suo Recovery per Roma. Proprio però quando c'è la possibilità di intervenire concretamente sulla qualità della vita degli inquilini delle case popolari, abbassando drasticamente il fabbisogno energetico e così l'inquinamento, il Campidoglio non sembra in grado di cogliere l'opportunità come stanno facendo altre grandi città.

Per questo la consigliera Svetlana Celli ha presentato due mozioni che impegnano la Sindaca a mettere in atto le misure necessarie per accedere alle agevolazioni, sia per quanto riguarda i privati cittadini che lo stesse ente. Partiamo dal primo punto. «Le procedure per essere ammessi al programma non sono affatto semplici. Le domande devono essere accompagnate da una serie di documenti – asseverazioni, certificazioni, perizie – che non sempre sono disponibili immediatamente e che richiedono preventivi costosi approfondimenti amministrativi, anche tecnici, nella totale incertezza dell’approvazione della misura. Questo è un limite che rischia di penalizzare una misura che invece potrebbe avere un impatto importantissimo sull’edilizia romana, che versa in condizioni critiche», sostiene Celli. «Ci vorrebbero semplificazioni procedurali, e l’istituzione di un apposito ufficio presso il Comune per il rilascio della documentazione». Infatti il rilascio della documentazione ai cittadini da parte del Dipartimento PAU, «in strutturale carenza d’organico, avviene spesso con difficoltà e con tempistiche difficilmente compatibili con quelle previste dalle procedure del Superbonus» si legge nella mozione, presentata il 27 maggio.

Il periodo di applicazione del Superbonus 110, esteso dalla Legge di Bilancio per il 2021, include spese per lavori sostenute fino al 31 dicembre 2022 per tutti gli edifici, e al 30 giugno 2023 per gli edifici di edilizia popolare. Ma è proprio per questi ultimi, per gli edifici di edilizia residenziale pubblica del Comune, che Roma rischia di perdere il treno. Il problema è la stessa normativa del Superbonus, che esclude gli enti locali dalla possibilità di usufruire delle agevolazioni in quanto esenti dal pagamento IRES. L’agevolazione è però consentita agli Istituti Autonomi Case Popolari, ovvero agli enti gestori del patrimonio pubblico, come l’Ater che gestisce il patrimonio della Regione Lazio, e ad altri enti che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di “in house providing”. Ed è coinvolgendo enti gestori e partecipate che altri comuni si sono mossi.

Città come Milano, Venezia, Rimini, Pavia, Chieti, si avvalgono di società veicolo partecipate per la gestione del patrimonio ERP e si sono mosse per attivare il credito d’imposta. Milano ha usato la società veicolo Metropolitana Milanese per attivare un pacchetto da 110 milioni di euro di interventi per usufruire del Superbonus. Perché Roma non potrebbe fare altrettanto? Il 4 maggio la Consigliera Celli ha presentato una mozione che impegna la giunta a una interlocuzione con il governo su questo nodo. «Purtroppo quando parliamo di edilizia residenziale pubblica parliamo di un settore fermo, gestito da uffici sottodimensionati, in ritardo su tutto: il Comune non è riuscito a erogare i bonus affitto, è in ritardo sulle manutenzioni – scaricate sui municipi – sulle assegnazioni, e anche sul piano delle alienazioni, persone che hanno versato gli anticipi ma non sanno che cosa intende fare l’amministrazione», si legge nel testo.

Grazie al Superbonus 110%, la Regione Lazio si è mossa per attivare «il più grande investimento dalla fondazione dell’Ater», ha spiegato il direttore di Ater Andrea Napoletano in un convegno online sul tema organizzato proprio da Celli a fine aprile. L’investimento di 330 milioni di euro riguarderà la ristrutturazione di 12mila appartamenti, nel corso dei prossimi due anni. Ater non può intervenire sulla totalità del proprio patrimonio, 48mila case, perché i fabbricati devono fare il doppio salto di classe energetica, e non tutti gli immobili possono farlo. Ater farà comunque la diagnosi di tutti gli immobili. Di più, non tutte le case sono in edifici gestiti da Ater. Nei condomini misti, dove Ater ha venduto le case agli inquilini, «presenteremo il piano alle assemblee di condominio per incentivare il Superbonus», ha dichiarato Napoletano.

Ater lavora al Superbonus con una squadra di lavoro interna assistita da Cassa Depositi e Prestiti e dall’Agenzia delle Entrate. Napoletano ha illustrato le tempistiche previste: «Un mese fa (quindi a marzo ndr) sono state pubblicate le gare sulla progettazione per 6 lotti per 5 milioni di euro l’una, quindi sono 30 milioni per la sola progettazione, ai quali seguirà una seconda gara per i lavori. I progetti saranno sulla carta da settembre, e la seconda gara permetterà di avviare i lavori a gennaio del 2022».

Tante le tipologie di interventi che permetteranno di rimettere a nuovo gli immobili: si va dal fotovoltaico, agli infissi, ai cappotti termini, all’abbattimento delle barriere architettoniche. L’impatto, stimato da uno studio citato durante il convegno stima una riduzione del fabbisogno energetico del 43%, una riduzione delle emissioni CO2 del 35%, l’incremento del valore dell’edificio e il miglioramento della qualità della vita.

Ma l’accesso alle agevolazioni e l’anticipo della spesa restano un nodo centrale. Anche perché, se è vero che insieme alla regione Lazio sono il Veneto, la Lombardia, e l’Emilia Romagna le regioni che più stanno usufruendo del credito d’imposta, i territori e una parte del patrimonio edilizio che più necessitano di operazioni di rigenerazione, sembrano restare, ancora una volta, esclusi.

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