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Bimba investita all’asilo, il papà a Fanpage.it: “Facile parlare di fatalità per pulirsi la coscienza”

Rigettato il ricorso presentato in Cassazione dalla difesa della maestra imputata. “Ora vogliamo giustizia e mettere la parola fine nel processo di primo grado”, il commento del papà della piccola.
A cura di Beatrice Tominic
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Continua il processo per stabilire le responsabilità di quanto avvenuto alla piccola Lavinia, la bimba che a 16 mesi è stata investita da un'automobile mentre si trovava nel cortile dell'asilo di Velletri che frequentava nel periodo estivo e da allora in stato vegetativo. Imputate per quanto accaduto la donna che l'ha investita, madre di un compagno di scuola della piccola e la maestra.

Proprio la difesa della maestra, dopo aver già tentato la via della ricusazione della giudice che si occupa del processo una volta in Corte d'Appello, ha fatto scattare una nuova richiesta in Cassazione. Nell'udienza che si è tenuta ieri, la Quarta Sezione della Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta. 

"Viviamo in una società deresponsabilizzata, dove tutto o quasi viene derubricato a errore fatale o a tragica fatalità, perché forse così è più facile acquietare la propria coscienza – dice a Fanpage.it il papà di Lavinia – Ora vogliamo giustizia".

La reazione della famiglia di Lavinia

"Con il rigetto abbiamo rimosso l'ultimo ostacolo verso la sentenza – spiega il papà della piccola – Ero abbastanza tranquillo in merito a questa decisione". La decisione di rifiutare il ricorso e andare avanti rappresenta un passo coerente con l'andamento dell'intero processo: "Le richieste son state avanzate sempre per gli stessi motivi e ogni volta sono state rigettate – dice a Fanpage.it – Spero che questa sia l'ultima perdita di tempo che dobbiamo subire". Ora gli occhi sono tutti puntati sulla sentenza, che sembra essere sempre più vicina.

"Cosa ci aspettiamo adesso? Mi aspetto giustizia anche se in caso di condanna nessuno andrà in galera. Deve però passare il principio che chi sbaglia paga e chi non ha fatto il proprio dovere nel controllare una bambina che le era affidata non la può passare liscia – spiega a Fanpage.it – Viviamo in una società deresponsabilizzata, dove tutto o quasi viene derubricato a errore fatale o a tragica fatalità. Perché forse così è più facile acquietare la propria coscienza. Viviamo in una società dove spesso manca formazione deontologica ed etica per chi svolge professioni delicate. Vale per chi fa il poliziotto come me, vale per gli avvocati e anche per i magistrati. Tra 11 giorni potremo forse mettere la parola fine al processo di primo grado. Una cosa è sicura: Lavinia non potrà mai mettere fine al suo stato vegetativo irreversibile".

Da cinque anni in attesa della sentenza

Potrebbe arrivare nella prossima udienza, prevista il 22 gennaio prossimo, dopo più di cinque anni di indagini e udienze, dopo innumerevoli stop e rinvii. Dopo il parto di una delle imputate, il processo è rimasto bloccato quattro mesi. Dopo un inizio lento, dovuto anche al periodo pandemico, le udienze sono ricominciate. Ma con esse, in breve tempo, hanno cominciato a palesarsi i primi rallentamenti.

Dalla proposta di risarcimento ad un euro fino alla richiesta di messa alla prova con cui la maestra stessa si era mostrata disponibile ad occuparsi dell'assistenza a Lavinia. "Assurdo, per poter godere della messa alla prova occorre dimostrare di essere consapevoli di quanto avvenuto, ma lei non ha mai chiesto scusa – aveva raccontato il papà di Lavinia in più occasioni a Fanpage.it – Si è offerta di aiutarci, ma non capisce cosa ci ha fatto".

Un lungo processo: "Vogliamo una sentenza, ma non odiamo nessuno"

A questo è seguita la decisione di coinvolgere una minorenne nel procedimento, con un'audizione che si è tenuta a porte chiuse e un'altra donna a difesa della maestra: si sarebbe rivelata essere una sua amica ed ora è stata denunciata per falsa testimonianza. Il rischio prescrizione è rimasto in agguato, così come la possibilità di dover ricominciare il processo dall'inizio dopo le richieste di ricusazione per un cambio di giudice: "La cosa più importante per noi è che non si apra un nuovo processo (o un nuovo procedimento parallelo): vogliamo una sentenza, qualunque essa sia", aveva dichiarato a Fanpage.it all'indomani della prima richiesta avanza in Corte d'Appello l'avvocata della famiglia Montebove, Cristina Spagnolo.

Un processo fatto di alti e bassi complicato da affrontare anche per la famiglia della piccola. Per loro ogni udienza si è stata sempre più difficile, soprattutto nell'ultimo periodo,: "Non sappiamo più cosa aspettarci dalla difesa, potrebbe succedere di tutto – ha continuato – È stato un duro percorso, ma oggi non odio nessuno".

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