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Reddito di cittadinanza, le ultime notizie

Reddito di cittadinanza, tutti i problemi e i ritardi a 10 giorni dalla partenza

Mancano solo dieci giorni all’avvio del reddito di cittadinanza: la presentazione delle domande verrà attivata a partire dal 6 marzo. Ma il rischio caos è alto: sotto vari aspetti i punti critici e i nodi irrisolti rimangono tanti, a partire dai problemi per i Caf, per i centri per l’impiego, ma anche per le regioni e i comuni.
A cura di Stefano Rizzuti
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L’avvio del reddito di cittadinanza si avvicina. La data da segnare sul calendario è quella del 6 marzo. Mancano, ormai, solo dieci giorni. Eppure per le prime presentazioni delle domande per accedere al reddito i punti interrogativi restano molti. Così, in molti potrebbero arrivare impreparati a questa data: Caf, Regioni, centri per l’impiego. A spiegare quali sono i problemi è la Repubblica, sottolineando che per ricevere il sussidio ad aprile i potenziali beneficiari dovranno presentare la richiesta tra il 6 e il 31 marzo. Le domande si presentano alle Poste o ai Caf, i centri di assistenza fiscale. Agli uffici postali non ci saranno sportelli appositamente dedicati e il timore è quello di code già dal primo giorno. Il beneficiario avrà il compito di compilare la richiesta inserendo tutti i dati, a partire dall’Isee. Non solo alle Poste, ma anche sul portale internet, accedendo attraverso lo Spid, l’identità digitale.

I Caf hanno problemi nella compilazione della richiesta e, per il momento, non è possibile aiutare i cittadini che vogliono richiedere il reddito, perché ancora la convenzione con l’Inps, resa obbligatoria dal decreto varato dal governo, ancora non c’è. E dovrebbe arrivare, sempre secondo il decreto, entro mercoledì. Quindi i Caf non potranno ricevere assistenza e, inoltre, potrebbero non avere risorse sufficienti. Il governo ha stanziato 20 milioni di euro, oltre agli 82 già erogati ogni anno ai Caf. Si tratta esattamente della stessa cifra prevista per il Rei, il Reddito di inclusione. La differenza è che ora le richieste Isee saranno molte di più, coinvolgendo la misura molte più famiglie. Secondo le stime fornite da Repubblica, servirebbero tra i 30 e i 40 milioni aggiuntivi.

Altro punto critico è quello riguardante il modulo da compilare per la richiesta, che ancora non esiste. Dovrebbe essere online entro mercoledì, secondo quanto recita il testo del decreto. Ma ancora non ce n’è nessuna traccia. Per quanto riguarda il sito del reddito, invece, rimangono i dubbi sollevati dal Garante per la privacy, Antonello Soro, che ha parlato di “rilevanti criticità”. Tra i nodi irrisolti c’è il monitoraggio degli acquisti effettuati con la card, che infatti un emendamento da votare al Senato potrebbe eliminare. Inoltre, non si hanno ancora notizie delle piattaforme Siupl e Siuss, che serviranno per  sottoscrivere il patto per il lavoro o il patto per l’inclusione. Su quelle piattaforme, quando arriveranno, ci saranno molte informazioni delicate sui componenti del nucleo familiare: comunicazioni sulle condizioni di salute ma anche su quelle economiche. E saranno accessibili a tanti soggetti, a partire dai Caf.

Punti critici anche per quanto riguarda comuni e regioni. Per i primi il problema riguarda il controllo della residenza in Italia. Per beneficiare del reddito è necessaria la residenza da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in via continuativa. Un requisito inserito per far accedere meno stranieri alla misura. Ma che è difficile da verificare, soprattutto – come segnalano i sindaci – quando ci sono cambi di residenza da una città all’altra. Le regioni puntano invece il dito contro il ruolo dei navigator. Le regioni sono pronte a presentare ricorso alla Consulta, non avendo trovato un accordo con il governo. Gli enti locali avevano chiesto di poter assumere loro i 6mila navigator per concorso, nel giro di sei mesi. Ma dal ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, non è arrivata alcuna risposta. E se non c’è l’intesa con le regioni, l’Anpal – che quei navigator dovrebbe assumerli – non può pubblicare il bando. Infine, nessuna novità ancora per i centri per l’impiego che dovevano essere completamente riformati. E che, ad oggi, sembrano inadeguati per affrontare il reddito di cittadinanza e le richieste di milioni di persone.

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