Vertice Trump-Putin in Alaska, Meloni: “Pace giusta per l’Ucraina con Kiev al tavolo”

Il 15 agosto, in Alaska, Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno per discutere della guerra in Ucraina. Un appuntamento organizzato in tempi record e ancora avvolto da incertezze: la località esatta, infatti, non è stata resa pubblica e i dettagli sono ancora ovviamente in evoluzione. Secondo fonti statunitensi citate dalla CNN, la Casa Bianca non escluderebbe del tutto la partecipazione di Zelensky, ma se dovesse esserci, il leader ucraino sarebbe coinvolto in un momento separato rispetto al bilaterale tra i due presidenti. Il vertice, già di per sé delicato, è stato preceduto da indiscrezioni secondo cui Mosca avrebbe sottoposto a Washington una proposta di cessate il fuoco in cambio di pesanti concessioni territoriali nell’Ucraina orientale. A Kiev, l’ipotesi ha suscitato una reazione immediata: Zelensky ha infatti subito dichiarato che nessun negoziato potrà produrre risultati se condotto alle spalle dell’Ucraina, ribadendo: "la nostra terra non sarà ceduta all’occupante".
L'Europa detta le condizioni
A rafforzare la posizione di Kiev è arrivata una dichiarazione congiunta di alcuni tra i principali leader europei, Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Friedrich Merz, Donald Tusk, Keir Starmer, Alexander Stubb e Ursula von der Leyen, diffusa nella notte dopo un incontro a Chevening House nel Regno Unito. Il documento accoglie con favore l'impegno di Trump a fermare la guerra, ma fissa punti fermi: una pace dovrà essere !giusta e duratura", dovrà tutelare la sovranità e l’integrità territoriale ucraine, garantire solide misure di sicurezza e basarsi su negoziati avviati solo in presenza di un cessate il fuoco o di una significativa riduzione delle ostilità. Il testo respinge ogni modifica dei confini imposta con la forza e considera l’attuale linea del fronte come punto di partenza per eventuali trattative. L'Unione Europea, si sottolinea, resterà al fianco di Kiev con sostegno militare, economico e diplomatico, mantenendo le sanzioni contro Mosca: "L’Ucraina ha libertà di scelta sul proprio destino", recita il documento, rimarcando che la pace non può essere imposta senza il suo consenso.
Le reazioni infuocate di Mosca
Dalla Russia, le repliche sono state al vetriolo: la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha infatti liquidato la dichiarazione europea come "un altro volantino nazista" e, in un altro commento, ha paragonato le relazioni tra Kiev e Bruxelles alla "necrofilia", sostenendo che esista una "reciprocità morbosa" tra le due parti. Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, ha accusato Kiev di arruolare in fretta e furia persino sicari appartenenti ai cartelli della droga colombiani e messicani, citando nomi come "Clan del Golfo", "Sinaloa" e "Jalisco Nueva Generación"; secondo Medvedev, si tratterebbe di criminali violenti ma "soldati scadenti", destinati a essere rapidamente eliminati dalle forze russe.
Le voci dall'Europa
Dall’altro lato, diversi leader europei hanno confermato il loro impegno: il premier svedese Ulf Kristersson ha per esempio ricordato che la Svezia è tra i primi cinque donatori al mondo per l’Ucraina e continuerà a fornire aiuti militari, umanitari e finanziari, anche attraverso la “Coalizione dei Volenterosi”. Non solo, il primo ministro olandese Dick Schoof ha definito “non negoziabile” la sovranità di Kiev, invitando a lavorare per una pace sostenibile che lasci all’Ucraina la piena autonomia sul proprio futuro. Dal governo italiano sarebbero arrivate prese di posizione nette: il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha escluso qualsiasi ipotesi di demilitarizzazione del Paese e ha insistito sulla necessità di un accordo scritto con garanzie concrete per la sicurezza di Kiev; il viceministro Edmondo Cirielli ha aggiunto che una pace ottenuta imponendo la resa all’Ucraina “aprirebbe la strada ad altri conflitti”. Non tutti, però, condividono la linea comune; il premier slovacco Robert Fico ha utilizzato un proverbio africano per descrivere la situazione: "Quando gli elefanti combattono o si accoppiano, è l’erba a soffrire. E in questo caso, l’Ucraina". Parole che avrebbero irritato profondamente Kiev, che le ha definite “offensive” e dannose per la solidarietà europea.
Sul terreno: attacchi e riconquiste
Mentre la diplomazia scambia colpi verbali, la guerra continua: nella notte, le forze ucraine hanno infatti colpito con droni la raffineria di petrolio di Saratov, uno dei principali impianti russi per l’approvvigionamento militare, provocando esplosioni e incendi. Lo Stato maggiore di Kiev ha poi anche annunciato la riconquista dell’insediamento di Bezsalivka, nella regione di Sumy, al confine con la Russia, perso durante l’offensiva russa della scorsa primavera.
L'incognita Alaska
Il vertice di metà agosto in Alaska, con la possibile ma incerta partecipazione di Zelensky, potrebbe diventare un momento decisivo o un’occasione mancata. Tutto dipenderà non solo dalla volontà di Trump e Putin di trovare un’intesa, ma anche dalla capacità dell’Europa e dell’Ucraina di mantenere una posizione unitaria. Zelensky, dal canto suo, insiste: “La fine della guerra deve essere giusta”. Ma il significato di “giustizia” per Kiev e per Mosca resta, al momento, lontano dall’avere un punto d’incontro.