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Elezioni politiche 2022

Sull’emergenza gas i partiti hanno toccato il fondo (e stanno ancora scavando)

Il prezzo del gas ha iniziato a crescere nel 2021. La guerra in Ucraina c’è da febbraio 2022. Eppure i partiti se ne sono accorti solo oggi. Dopo aver fatto cadere il governo e senza avere piani per l’emergenza nei programmi elettorali. E per di più, chiedono una tregua elettorale e litigano pure su quella.
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Sinceramente, abbiamo finito le parole. E per scrivere questo editoriale non possiamo che partire ricostruendo i fatti, anche solo per cercare un’ultima volta ancora un barlume di logica al surreale spettacolo politico-elettorale di questi giorni.

Ricapitoliamo, quindi: il prezzo del gas ha cominciato a crescere che era ancora il 2021 e della guerra in Ucraina non ne parlava nessuno. Tra gennaio e dicembre il prezzo era già passato da 15 a 129 megawatt/ora facendo quasi metà strada rispetto ai 300 euro attuali. Allora, di caro bollette e di interventi straordinari non parlava nessuno, tanto eravamo presi a celebrare il rinascimento italiano di Draghi, dei Maneskin e della nazionale di calcio.

Poi, a fine febbraio, la Russia ha invaso l’Ucraina: l’America (prima) ed Europa (poi) hanno deciso di colpire la Russia con sanzioni che toccavano anche le esportazioni di gas e petrolio, consapevoli del fatto che questo avrebbe fatto ulteriormente crescere i prezzi e posto problemi di approvvigionamento soprattutto per quelle economie come Italia e Germania fortemente dipendenti dal gas russo.

Per noi, in particolare, si trattava di rimpiazzare circa il 40% del gas importato e va riconosciuto a Mario Draghi e al suo governo di essersi mossi di buona lena per trovare fornitori alternativi. Allo stato attuale, lo stoccaggio di gas in previsione di una chiusura totale dei rubinetti russi è pari all’80%, con l’obiettivo di arrivare al 90% entro ottobre. Tuttavia, in ragione di quel che ancora manca, e di quel che abbiamo deciso in accordo con gli altri Paesi dell’Unione Europea, ci toccherà tagliare circa il 7% del consumo di gas fino a marzo 2023. In relazione a questo, ancora nessuno ci ha spiegato come, ma non dubitiamo avverrà presto, a urne chiuse.

Nel frattempo, però, è rimasta in sospeso la questione delle bollette, il cui costo è cresciuto proporzionalmente a quello del prezzo del gas: in media parliamo di un prezzo quasi trenta volte più alto nel giro di un anno e mezzo. Abbastanza per mandare a gambe all’aria il bilancio di tantissime famiglie e di tantissime imprese, soprattutto le più piccole. E di far impennare ancora di più i prezzi dei beni di consumo e dei servizi, con un’inflazione che già ha superato il 6% su base annua.

Dire che la situazione è grave è dire poco. E infatti lo dicono tutti i partiti. L’ha detto Calenda, seguito da Letta, Salvini e Conte, solo per citare le agenzie di stampa battute nelle ultime quarantott’ore. Eppure, caso strano, nessuno di questi partiti ha l’emergenza energetica nel suo programma di governo, e di nessuno – almeno fino a qualche giorno fa – sapevamo come l’avrebbe affrontata tra meno di un mese, se avesse vinto le elezioni.

E, caso ancora più strano, molti di questi partiti, a partire dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle sono di fatto responsabili della caduta del medesimo governo che oggi è in carica solo per gli affari correnti e a cui chiedono un intervento straordinario sul caro bollette. Quello stesso governo che tutti i sostenitori di Draghi dicevano avesse di fatto risolto il problema delle forniture di gas e degli aiuti a famiglie e imprese in difficoltà, peraltro.

Se pensate sia finita qui, vi sbagliate di grosso, però. Perché dopo aver sostanzialmente proposto, ciascuno di essi, una sorta di tregua elettorale su un tema così importante, hanno cominciato immediatamente ad accapigliarsi su chi avesse avuto per primo l’idea. Di fatto, facendo della tregua elettorale sul caro bollette un nuovo tema da campagna elettorale su cui litigare e provare a rosicchiare un po’ di consenso, o quale che like sui social.

In tutto questo, le famiglie soffrono, le imprese rischiano davvero di chiudere perché l’energia costa troppo, e noi siamo qui a chiederci cosa potremmo dire d’altro, a chiosa di tutto questo. Qualcosa di non volgare, s’intende.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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