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Elezioni politiche 2022

Orlando a Fanpage.it: “Jobs Act non ha funzionato, Pd sia partito della lotta alle diseguaglianze”

Il ministro del Lavoro e deputato dem, intervistato da Fanpage.it in vista delle elezioni politiche, sottolinea che il Pd deve essere il partito della lotta alle diseguaglianze: “Il Jobs Act non ha funzionato”, dice Orlando. E sull’alleanza finita con i 5 Stelle sottolinea: “Ho lavorato più di tutti affinché la rottura non ci fosse, ma avevamo avvisato Conte”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Il Partito Democratico deve portare avanti un programma concreto di lotta alle diseguaglianze. Traccia così la strada Andrea Orlando, ministro del Lavoro e deputato dem, in un'intervista a Fanpage.it in vista delle prossime elezioni del 25 settembre. La campagna elettorale del Pd finora si è concentrata molto sul pericolo che vinca la destra, definita un'emergenza democratica dal segretario Letta, ma senza considerare eventuali responsabilità dem nella situazione che si è creata. "Il Partito Democratico ha preso il 18% alle ultime elezioni e arriva all'11-12% dei parlamentari – spiega Orlando – quindi non avrebbe avuto nessuna possibilità di cambiare la legge elettorale da solo".

Per quanto riguarda la rottura con il Movimento 5 Stelle, dopo due anni di percorso comune, il ministro del Lavoro è chiaro: "Avevamo detto a Conte che nel caso di una caduta del governo si sarebbero messi in moto dei meccanismi che, a prescindere dalla volontà, avrebbero reso molto meno credibile un'alleanza politica rischiando di renderla impraticabile".

Però, aggiunge Orlando, "dobbiamo anche dire che dopo la caduta del governo abbiamo visto un'escalation progressiva di ostilità" e "se forse c'erano ancora dei margini per recuperare quella rottura, il Movimento 5 Stelle li ha ridotti ulteriormente fino ad arrivare a questi giorni, in cui riserva più elementi di aggressione nei confronti del Pd che non nei confronti della destra".

"Sono tra coloro che ha lavorato di più perché questa rottura non ci fosse", ricorda ancora Orlando, ma "oggi ci troviamo di fronte a emergenze enormi, senza un governo in grado di affrontarle". Il problema non è aver interrotto sei mesi prima la legislatura, ma che sono "questi sei mesi, nei quali si decide del costo dell'energia".

E a proposito dei punti comuni con il Movimento 5 Stelle sui quali le due forze politiche avevano lavorato, "si potevano portare a casa alcuni risultati legati a un confronto con le parti sociali che si era aperto e sul quale aveva iniziato a spendersi anche Draghi – sottolinea il ministro del Lavoro – Il fatto di non aver atteso la fine di quel confronto è un errore politico che pagheranno soprattutto coloro che potevano essere i beneficiari, cioè i lavoratori con un salario minimo, un taglio del cuneo fiscale e un superamento della Fornero".

Fa discutere anche il rapporto con il Terzo polo di Calenda e Renzi, da cui arrivano attacchi quasi quotidiani al Pd. Per Orlando, però, non è l'occasione per i dem per riposizionarsi a sinistra: "Non si tratta tanto di uno schema astratto, ma di mettere al centro il tema che arriva dalla società, ovvero la crescita delle diseguaglianze". Il Pd "deve essere la forza che più di ogni altra è in grado di mettere in campo un programma concreto di lotta alle diseguaglianze – continua Orlando – E, a differenza dei populisti o di chi fa frequente ricorso alla demagogia, il Pd non può limitarsi semplicemente a denunciarlo, ma deve individuare delle strade praticabili attraverso le quali ridurre le distanze di carattere sociale".

Quanto al Jobs Act, che negli ultimi giorni è tornato al centro del dibattito, il ministro del Lavoro è chiarissimo: "Non abbiamo una volontà iconoclastica e non vogliamo strappare una bandiera, ma prendiamo semplicemente atto del fatto che oggi in Italia si è raggiunto il record di lavoratori precari dal 1977". Perciò "è chiaro che la società non regge se si strappa così profondamente" ed è altrettanto chiaro che "l'ambizione del Jobs Act di superare la dualità tra contratto a tempo determinato e a tempo indeterminato non ha funzionato".

Sul salario minimo, però, l'appunto che viene fatto è che Pd e Movimento 5 Stelle sono stati due anni al governo insieme nel Conte bis. Orlando, anche se in quell'esecutivo non era ministro, spiega che non è stato fatto prima "un po' per la pandemia, un po' per la situazione di fragilità di quella maggioranza". Il deputato dem fa riferimento a Italia Viva quando dice che "c'erano componenti che non avrebbero particolarmente aiutato ad andare in quella direzione". Perciò non era tra le priorità. Però, si difende Orlando, questo dimostra che se non ce l'ha fatta "un governo che aveva una relativa omogeneità", non si capisce perché "doveva essere molto più facile realizzarlo con il governo Draghi nel quale si sono aggiunte anche Forza Italia e la Lega".

Sulle pensioni il ministro del Lavoro difende la proposta del Pd, molto distante da quella del centrodestra: "Pensiamo a molte eccezioni, che partono dal principio che a parità di anni la differenza la fa il tipo di lavoro" e sappiamo che "l'aspettativa di vita delle persone che fanno lavori particolarmente gravosi si accorcia di molto".

C'è anche il tema delle donne: "Speriamo che in futuro non sia così, ma oggi continuano a fare due lavori, cioè quello per cui sono assunte e quello che grava su di loro dentro la famiglia – continua Orlando – ci sono anche le pensioni di garanzia per i molti giovani che hanno percorsi contributivi discontinui e rischiano di andare in pensione con assegni bassissimi".

In questi giorni, intanto, la politica ha invaso Tiktok. Per Orlando si tratta di un'iniziativa "abbastanza patetica". I giovani "devono avere una risposta". Bisogna distinguere "tra chi propone un superamento della precarietà e chi continua a ritenere che la precarietà sia un costo da pagare – continua il ministro del Lavoro – Naturalmente ci sono poi tante altre questioni che riguardano i giovani, dalla scuola all'università passando per i percorsi di formazione e gli investimenti sulle politiche attive".

Il tema, però, secondo Orlando è: "Vogliamo continuare con un modello di sviluppo che scarica sulle nuove generazioni la fatica competitiva dell'insieme del sistema economico, cioè che riduce i salari e aumenta la precarietà del lavoro? O vogliamo cambiare strada?". Perché, secondo il deputato dem, "se non si cambia strada, a pagare il prezzo più alto saranno ancora le generazioni più giovani".

E non finisce qui, perché c'è "una crisi demografica molto forte" e "un consistente flusso migratorio dall'Italia verso altri Paesi". Il rischio "non è solo per i giovani", ma "per il Paese", perché "se non siamo in grado di costruire carriere più appetibili, possibilità di conciliazione tra vita e lavoro più evolute di quelle attuali e contratti più stabili con salari più consistenti – conclude Orlando – rischiamo di vedere crescere ancora il numero dei giovani che se ne va dall'Italia".

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