Silvia, trans picchiata e derubata in strada: “Ho temuto per la mia vita, non lo auguro a nessuno”

Sono le più vulnerabili. E per questo sono esposte quotidianamente ad aggressioni e violenze. La vita delle prostitute è più a rischio rispetto a quella di altre categorie. Nella giornata contro la violenza sulle sex worker, che ricorre il 17 dicembre, Fanpage.it ha raccolto la testimonianza di Silvia, che per strada ha vissuto esperienze terribili.
La testimonianza: "Picchiata in strada da un cliente"
Silvia (il nome è di fantasia) è una trans che proviene dalla Serbia e si è trovata spesso in situazioni tremende in cui ha temuto per la propria vita. Nel suo Paese d’origine le è stata puntata la pistola alla tempia due volte, è stata minacciata con un coltello e, in seguito a un’aggressione, è rimasta per due settimane in coma. In Italia è stata picchiata e derubata e, in un’occasione, ha denunciato il malintenzionato che ha cercato di prenderle la borsa e il denaro fingendosi un cliente.
“Era il 2015”, racconta Silvia, che si è trasferita nel nostro Paese molti anni fa e, in quel periodo, viveva in una cittadina romagnola. “Il mio fidanzamento era quasi arrivato alla fine, mi son fatta un giro in stazione, pronta a tradire il mio compagno e a tornare al mio lavoro. Uno straniero si è presentato promettendo denaro, sembrava un bravo ragazzo. Io mi sono allontanata con lui. All’improvviso mi ha dato un pugno in testa. Sono caduta a terra, mi ha dato un altro paio di pugni, ha preso la borsa ed è scappato”.
“Sono finita in ospedale, per due settimane ho continuato a prendere farmaci. Ho temuto per la mia vita, è una cosa che non auguro a nessuno”, dice a Fanpage.it, precisando che in quell’occasione ha chiesto l’intervento della giustizia. “A lui hanno dato quattro anni di carcere, perché non era successo solo a me ma anche ad altre ragazze con cui si era comportato nello stesso modo. Fra i testimoni c’era anche un carabiniere”.
Eppure in altre situazioni Silvia ha agito diversamente. “Mi è successo un'altra volta di avere dei problemi, sempre con uno straniero, a Trieste. Gli agenti della polizia sono venuti con quattro auto. Ogni volta che chiamo le forze dell’ordine non ci mettono tanto. Hanno rispetto. Sanno fare il loro lavoro”, continua lei, che però in quell’occasione non ha denunciato l’incidente. “Sarei dovuta andare avanti, ma non ho voluto procedere, già ho i miei problemi, non ce la facevo”.
Silvia ha vissuto e lavorato come sex worker anche in Germania e in Svizzera, dove le tutele legali sono maggiori. “Per la nostra vita, l’Italia è peggio. Preferirei pagare i contributi con cui sarei sicura, anziché rischiare la mia vita. Sarebbe bello se si potesse svolgere il nostro lavoro legalmente”.
“Lavorare è un nostro diritto”, ci tiene a precisare Silvia, “e la protezione significa tanto: se non siamo protette in mezzo alla strada, non è facile. Speriamo, prima o poi, di poter uscire da questo buio”.
Il comitato per i diritti civili delle prostitute
Pia Covre è la sex worker fondatrice e tuttora rappresentante dell’associazione “Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute”, fondata a Pordenone e oggi attiva principalmente a Trieste.
“La nostra associazione nasce nel 1982”, racconta Covre a Fanpage.it, “su impulso di un gruppo di noi che lavorava in strada, a seguito delle aggressioni violente da parte dei membri della base americana di Aviano. Molti di questi ragazzi venivano e ci tiravano qualche bottiglia. Una volta hanno violentato una giovane.”
“Abbiamo deciso di scrivere una lettera di protesta. Nell’'83 abbiamo fondato ufficialmente l’associazione, mentre prima eravamo solo un collettivo”. Dopo oltre quarant’anni di attività, molte richieste sono le stesse di allora.
“Il reato di favoreggiamento ci isola e ci espone a lavorare da sole”
L’associazione chiede più rispetto verso chi svolge lavoro sessuale e vorrebbe che le prostitute fossero messe nelle condizioni di stipulare un buon contratto per offrire la prestazione in sicurezza. “Noi chiediamo di modificare la legge Merlin, eliminando il reato di favoreggiamento, perché è ciò che ci isola e ci espone a lavorare da sole, sempre”.
La legge italiana attuale (che prende il nome della senatrice che la promosse, Lina Merlin) è stata approvata nel 1958, ha abolito le cosiddette "case chiuse" (i bordelli) e ha introdotto i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, che rimane in sé legale ma solo se si tratta di una scelta individuale.
“La violenza nel nostro ambiente c’è stata e c’è ancora”, spiega Covre. “Non perché i clienti siano particolarmente violenti, ma perché ci sono persone molto vulnerabili ed esposte (parliamo delle donne in strada). Ci sono molti malintenzionati, ma è sbagliato pensare che i clienti siano tutti malintenzionati”.
Covre racconta che una volta si denunciava meno, come accade anche per la violenza domestica. In passato molte ragazze picchiate da un cliente non andavano dalla polizia, anche perché temevano di essere rispedite ai paesi di origine con un foglio di via.
“Quando arrivano le feste, tutte abbiamo paura”
Ma ancora oggi, se si fa questa attività, non si è credibili. “Non credo che riguardi solo il lavoro sessuale, ma tutte le donne”, commenta Covre. “Ci sono aggressioni per furto e rapine, e chi vuole commettere uno di questi reati, sa che alcune non andranno mai a fare la denuncia, per cui ci provano. Quando arrivano le feste e servono più soldi, tutte abbiamo paura”.
“Se fossimo più tutelate, avremmo meno violenza. Adesso sono soddisfatta della capacità che moltissime hanno di denunciare. In questo momento si registra un aumento dei crimini d’odio contro persone considerate diverse (per etnia, orientamento sessuale, ecc.). Ci devono essere pene che li contrastino.”
Il codice ATECO
Nella giornata di oggi, l’associazione ha in programma un banchetto in piazza a Trieste, per chiedere maggiori tutele soprattutto per le donne migranti.
“Dal 2000 seguiamo un progetto contro la tratta; gestiamo case di accoglienza in Friuli Venezia Giulia. Ma oggi c’è anche la difficoltà di tutelare il diritto di chi si autodetermina e vuole lavorare, perché non disponiamo di strumenti legislativi efficaci. Salvo che ci hanno dato il codice ATECO”.
Dal 2025 è infatti possibile per chi svolge attività sessuali a pagamento aprire una partita IVA e registrarla con un codice specifico. Dal punto di vista fiscale, si stabilisce che le prostitute sono libere professioniste e quindi devono versare le tasse.
“C’è un problema pratico: non ci hanno spiegato come fare”, continua Covre. “Dobbiamo fare le fatture? Quale cliente ci fornirebbe i dati per la fattura? Dovremmo fare una cosa forfettaria, dove non si emettono fatture e si fanno solo gli scontrini?”.
La proposta per superare la legge Merlin
“In qualche modo il codice ATECO è un riconoscimento”, commenta la rappresentante dell’associazione, mettendo però in luce tutti i paradossi della legislazione italiana. “Il problema è che c’è un grande contrasto con la Legge Merlin, che consente di fare questo lavoro, ma, di fatto, impedisce di farlo in mille circostanze”.
“Potremmo considerarci libere professioniste”, spiega Covre. “Ma dove potremmo esercitare il nostro lavoro? Certamente non in luoghi organizzati o gestiti da altri (incorrerebbero nel reato di favoreggiamento). Quindi ci resta la strada oppure gli appartamenti al chiuso, ma da sole (per evitare problemi penali). Oppure online (ma anche lì c’è da decidere se una prestazione virtuale sia lavoro sessuale), se ci sono piattaforme dedicate. Ma le piattaforme hanno sede in Paesi dove il lavoro è legale e, in Italia, tentano continuamente di oscurarle”.
Per rimettere ordine, al momento è stato presentato in Senato un disegno di legge, a firma di Claudio Fazzone (Forza Italia), per la riapertura delle “case chiuse”. La proposta è molto articolata, ma Covre si lamenta perché non c’è stato confronto con le lavoratrici del settore.
“Non siamo state contattate. Bisognerebbe vedere quali parametri di controllo e di libertà ci consentirebbero in questa gestione. Il luogo di piacere deve essere anche un luogo di lavoro, e il lavoro deve essere rispettato, decente, dignitoso. E sicuro”.