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Covid 19

Sicurezza a scuola, come si ritornerà in classe. Docenti e presidi over 55 sono più a rischio

La task force di esperti nominata dal ministero dell’Istruzione è al lavoro per individuare un modello che consenta il rientro a scuola a settembre, limitando il più possibile la diffusione del virus. Basteranno la sanificazione degli ambienti, una distanza fra i banchi di almeno un metro e mezzo, e il rispetto delle comuni norme igieniche?
A cura di Annalisa Cangemi
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Manca ancora l'ufficialità, ma in classe si tornerà quasi sicuramente non prima di settembre. Il comitato di esperti nominato martedì dal ministero dell'Istruzione, che si è insediato ieri, è al lavoro individuare un possibile modello da seguire per il rientro a scuola per docenti e alunni, un modello che possa azzerare o quantomeno limitare fortemente il rischio di nuovi contagi, e garantire la sicurezza di chi si ritroverà in ambienti chiusi, in gruppo, entrando inevitabilmente a contatto con gli altri. Una formula non facile, che fino ad ora, non è stata trovata nemmeno dagli altri Paesi europei che hanno deciso di far tornare in aula professori e studenti.

Gli altri Stati, quelli del Nord, stanno già elaborando piani di rientro, e li sperimenteranno prima di noi: dal 15 aprile sono stati riaperti i nidi, le materne e le scuole elementari in Danimarca, in Germania le lezioni frontali dovrebbero riprendere il 4 maggio, in Francia l'11 maggio, in Estonia il 15, mentre per quanto riguarda la Spagna c'è l'ipotesi di un rientro a giugno. La Svezia e l'Islanda non hanno chiuso affatto le scuole elementari e gli asili, ma solo le superiori e le università. Ma in questi Paesi, come in Italia da settembre, basteranno la sanificazione degli ambienti, una distanza fra i banchi di almeno un metro e mezzo, e il rispetto delle comuni norme igieniche, come lavarsi spesso le mani? È questa la grande domanda a cui i tecnici cercheranno di rispondere nei prossimi mesi. La ministra dell'Istruzione ieri ha ribadito un concetto semplice: "Il Paese ha fatto sforzi importanti in queste settimane per rispondere all'emergenza sanitaria, grandi sacrifici che non possono essere vanificati in questa delicata fase. Per questo l'orientamento è riprendere l'attività didattica in aula, ma solo quando il quadro epidemiologico lo consentirà, alle condizioni ragionevoli di sicurezza per tutti: per gli alunni, per il personale scolastico e, di riflesso, per l'intera società". Insomma, non ci saranno fughe in avanti.

In un'intervista rilasciata a Fanpage.it la viceministra all'Istruzione Anna Ascani ha sottolineato la difficoltà per il governo di garantire il diritto alla salute e contemporaneamente il diritto all'istruzione per gli studenti, due concetti che fino ad ora non erano mai stati in conflitto.

Quello che è più probabile, almeno in una prima fase di transizione, più o meno fino alla scoperta del vaccino, è che dovremo abituarci tutti alle mascherine e ai dispositivi di protezione anche nelle scuole. "Abbiamo sempre detto che le nostre classi sono affollate, questa può essere un'occasione per riorganizzare la didattica, in modo più funzionale", ha ricordato il presidente dei senatori di Italia Viva, Davide Faraone, in un colloquio con il direttore di Fanpage.it Francesco Piccinini. A settembre potremmo dire addio alle classi pollaio, e alcune lezioni potrebbero proseguire a distanza.

Vaccino anti-influenzale obbligatorio?

Ma c'è anche un'altra questione, evidenziata dalla Società Italiana di Medici Pediatri, e cioè che una percentuale di bambini tra il 42% e il 47% potrebbe essere asintomatica, per cui, alla riapertura delle scuole, nella cosiddetta fase 3, che coinciderebbe con la riapertura delle scuole, potrebbe diventare un veicolo per il virus. Per questo i pediatri hanno avanzato una proposta: vaccinare obbligatoriamente i bambini di età compresa tra i sei mesi e i 14 anni contro l'influenza, in modo tale che, alla comparsa di sintomi, come febbre o tosse, sarebbe più facile individuare i possibili casi Covid-19. Su questo la vicemnistra dell'Istruzione Ascani ha mostrato un'apertura. Ma resta il fatto che nelle linee guida Paesi scandinavi viene esplicitato che se un bambino presenta dei sintomi deve essere immediatamente allontanato dalla scuola. Ma la comparsa dei sintomi potrebbe arrivare molto dopo, rispetto al momento in cui si contrae l'infezione. Come limitare dunque il pericolo che si diffonda il virus in classe? A questo problema non c'è ancora una soluzione.

Allarme per docenti e presidi

Come mette in luce il Corriere della Sera poi, nel documento Inail stilato in vista del ritorno di 2,8 milioni di lavoratori sul posto di lavoro dal 4 maggio, viene consigliata una "sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori con età superiore ai 55 anni". Per questa fascia di età, in assenza di test sierologici che ne attestino l'immunità, si potrebbe valutare la possibilità di un giudizio di "idoneità temporanea" al lavoro, che potrebbe essere rivalutata poi a scadenze fissate. Ma secondo i dati dell'Ocse l'Italia ha una peculiarità: siamo il Paese con gli insegnanti più anziani d'Europa, l'età media è di 49 anni, dove quasi metà dei docenti (49%) è over 50. Quindi per rispettare il suggerimento dell'Inail, mettendo sotto osservazione gli over 55, ad essere posto sotto sorveglianza sanitaria potrebbe essere il 30% dei docenti.

Anche i presidi non sarebbero al sicuro: sebbene siano arrivati 3mila nuovi dirigenti l'anno scorso, il 46% dei presidi ha più di 60 anni, e il 20% ha un'età compresa tra 55 e 60 anni. Un problema non da poco, visto che per i dirigenti, a differenza dei professori che potrebbero proseguire con la didattica a distanza, sarebbe più difficile guidare i propri istituti da remoto nella delicata fase della ripartenza.

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