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Sara con l’HIV da oltre 10 anni: “Sono sieropositiva ma posso fare tutto, non mi sono mai fermata”

Sara ha scelto di raccontare la sua storia a Fanpage.it, in occasione della Giornata mondiale della lotta all’Aids: “Per me la diagnosi è stata come una sfida, mi sono detta ‘papà non ce l’ha fatta, io ce la devo fare, non posso dare un altro dolore alla mia famiglia’”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nel 2013 Sara ha scoperto di aver contratto l'infezione da HIV. Allora aveva 27 anni, e in modo del tutto inaspettato ha scoperto di essere sieropositiva da due anni, senza alcuna avvisaglia e senza avere alcun sintomo. L'HIV lo aveva già conosciuto in precedenza, suo padre si era ammalato all'inizio degli anni Novanta, quando i farmaci ancora non esistevano.

"Ero finita in ospedale per una polmonite, non si capiva che cosa potesse essere, il medico era molto allarmato, mi disse ‘Potrebbe essere un tumore, perché continui a prendere antibiotici ma non fanno effetto'", racconta a Fanpage.it. A quel punto i medici le suggeriscono di fare un test dell'HIV. Sara acconsente senza problemi, è convinta di aver fatto sempre sesso in sicurezza. L'esito però la spiazza: "Il medico mi disse che ero risultata positiva, ma che avrei potuto curarmi".

Ricostruendo i fatti Sara pensa di aver contratto l'infezione durante una relazione avuta con un partner. Ma non è mai riuscita ad avere una conferma perché quando ha scoperto di aver contratto il virus aveva già chiuso quel rapporto da due anni e interrotto qualsiasi contatto con quel ragazzo. "Ci amavamo e stavamo insieme, dopo un po' abbiamo iniziato ad avere rapporti non protetti. O mi ha tradita oppure lui era già sieropositivo quando l'ho conosciuto e non lo sapevamo. Quando ho avuto il risultato del test gli ho scritto, ma non mi ha mai risposto e mi ha bloccata su tutti i social".

"Dal test risultava che avevo una carica virale molto alta, ma nei due anni precedenti avevo vissuto benissimo, non mi ero accorta di nulla. Quando ho ricevuto l'esito da una parte mi sono sentita sollevata. Conoscevo bene la malattia, perché mio padre, che è morto nel 1992, era sieropositivo. Era bisessuale, aveva deciso di lasciare mia madre, con lei sono poi rimasti molto amici. La malattia di mio papà è stata dura perché allora non c'erano ancora le cure, sono arrivati poco dopo i farmaci giusti".

"Per me la diagnosi è stata come una sfida, mi sono detta ‘papà non ce l'ha fatta, io ce la devo fare, non posso dare un altro dolore alla mia famiglia'". Sara inizia le cure e nel giro di un mese la carica virale torna bassissima. Oggi lavora, è un'impiegata amministrativa, in questi anni non si è preclusa nulla: ha fatto carriera passando da una multinazionale all'altra, non si è mai fermata. Vive da sola, ha comprato una casa, è autonoma al 100%. Nel frattempo è anche diventata un'attivista di Anlaids, la prima associazione italiana nata per fermare la diffusione del virus HIV e dell'AIDS.

"Non assumo droghe, non faccio abuso di sostanze, fumo o alcol, giusto qualche cocktail quando esco con gli amici. Vado in palestra due volte alla settimana. Prendo semplicemente una pastiglia al giorno e la mia vita procede tranquilla, dal 2013. Non avevo patologie pregresse e non ho nessuna problematica adesso".

Ha avuto anche per due volte il Covid, ma senza sviluppare sintomi particolarmente gravi: "L'ho preso probabilmente a una festa, poi ho contagiato un'amica con cui ero in vacanza. Ma abbiamo avuto gli stessi sintomi e la stessa durata dell'infezione, 5 giorni. A dicembre farò la quarta dose del vaccino".

Quando ha raccontato ai suoi familiari e ai suoi amici di aver contratto il virus si è sentita accolta, non è mai stata respinta o giudicata, come invece è successo e succede a tanti altri malati. "Solo un mio cugino all'inizio mi chiese di non partecipare a un pranzo di Natale con gli altri parenti, dicendomi che era preoccupato per la sua bambina. Poi ha capito".

Anche i partner che ha frequentato in questi anni hanno sempre mostrato apertura e comprensione dei suoi confronti: "All'inizio di una nuova relazione cercavo magari di non aver rapporti sessuali, almeno nei primi tempi, chiarivo che mi interessava avere una storia seria. Chi era davvero affezionato a me è riuscito a bypassare questa paura. Con alcuni dei miei partner è capitato di andare insieme in ospedale, al reparto di malattie infettive in cui sono seguita. Il medico ha spiegato loro che posso avere figli, che avrei anche potuto avere con loro rapporti non protetti. Il preservativo mi serve se non prendo la pillola contraccettiva, perché non sono più contagiosa. Sono continuamente sotto controllo, rispetto magari a chi non si sottopone ad analisi del sangue da anni. Ho avuto relazioni lunghe, dai tre ai sei anni. Le persone che davvero avevano voglia di avere una storia con me non si sono mai lasciate spaventare da questa mia condizione".

In generale non ha mai avuto esperienze negative: "Ho tanti tatuaggi, ho detto ovviamente ai tatuatori dell'HIV, loro hanno sempre i guanti ma molti di loro non utilizzano la mascherina per gli occhi, che per legge dovrebbero indossare, anche per proteggersi da altre malattie. Ma non ho mai visto nessuno storcere il naso, al massimo mi hanno ringraziata per averli avvisati".

Nei primi anni Novanta la situazione era completamente diversa. "C'era tanta ignoranza. Ricordo che andavamo in campeggio con gli amici, noi mangiavamo per terra, sulla tovaglia, tipo pic-nic, e gli altri mangiavano al tavolo. Io non potevo andare a mangiare dai piatti in cui mangiavano tutti insieme e loro assolutamente non si avvicinavano per mangiare quello che aveva cucinato mio papà. Lui l'ha vissuta proprio male. Essere sieropositivo in quegli anni era solo sinonimo di gay".

L'appello di Sara per chi scopre di avere un'infezione da HIV

"Quello che mi sento di dire a chi ha oggi una diagnosi è che abbiamo una vita sola, che va goduta al 100%. Questa malattia non è invalidante per chi è sano in partenza, ti dà la possibilità di fare tutto quello che vuoi, salvo complicazioni più gravi. A me tutti i medici hanno detto che posso avere dei bambini. Nel 2013 mi avevano detto che c'era un'aspettativa di vita di trent'anni. Adesso l'età è aumentata tantissimo. Mi hanno anche detto che stanno creando un farmaco che può addirittura essere assunto una volta ogni tre mesi, con un'iniezione, senza dover prendere una pastiglia tutti i giorni".

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