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Quello che devi sapere sulle proteste degli agricoltori a Bruxelles e non solo

Sulle politiche agricole europee ci sono importanti sfide da affrontare: sfamare 9 miliardi di persone e nel frattempo tutelare l’ambiente e i diversi ecosistemi non sarà semplice. Ma il problema non è un “Green Deal ideologico”, come hanno detto gli agricoltori durante le proteste. Il problema è il cambiamento climatico.
A cura di Annalisa Girardi
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Nell'ultima plenaria il Parlamento europeo ha adottato la legge sul ripristino della natura, una norma che si pone l'obiettivo di ripristinare, appunto, gli ecosistemi degradati e tutelare gli habitat come ad esempio foreste, fiumi, laghi, barriere coralline. Secondo alcune forze politiche, però, si tratterebbe di un'altra "mazzata agli agricoltori", come hanno sottolineato alcuni esponenti della Lega. Agricoltori che, da parte loro, si sono nel frattempo riuniti a Bruxelles, con centinaia di trattori, per protestare mentre si teneva il Consiglio europeo dei ministri dell’Agricoltura.

Sono proteste che vanno avanti da mesi, ma nello specifico, che cosa contestano gli agricoltori?

Per prima cosa il Green Deal europeo, cioè l’agenda verde che l’Unione europea ha messo in campo per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, e che chiede ad esempio di eliminare i pesticidi dannosi o di lasciare incoltivate porzioni di terreno per preservare la biodiversità.

Nel mirino degli agricoltori c’è anche la PAC, la politica agricola comune europea, sempre per lo stesso motivo: per gli agricoltori detta regole troppo rigide per il rispetto dell’ambiente. Regole a cui i Paesi extra-Ue non sono sottoposti, potendo così proporre prezzi molto più bassi sul mercato.

Insomma, per gli agricoltori il piano di Bruxelles è insostenibile, è “ambientalismo estremo” che non tutela però il loro lavoro. Di conseguenza, chiedono più sussidi e agevolazioni.

Le forze politiche sono abbastanza divise. Per quelle più conservatrici gli agricoltori hanno ragione: le scelte dell’Ue sul clima sono state ideologiche e non hanno tutelato gli interessi dei lavoratori del settore. Per quelle più progressiste invece, l’agricoltura europea non è minacciata dalla transizione ecologica, ma dal cambiamento climatico che è invece diretta conseguenza della dipendenza dalle fonti fossili.

Ci sono un paio di precisazioni da fare. Per prima cosa che parlare generalmente di “politiche agricole europee”, come spesso fanno gli agricoltori quando dicono che vanno modificate, non vuol dire granché: si tratta infatti di un vastissimo insieme di norme anche molto diverse tra loro, che determinano l’erogazione dei fondi all’agricoltura. Che, va detto, è uno dei settori più sussidiati in assoluto in Ue.

È una questione complessa e delicata. Ci avviciniamo a essere 9 miliardi di persone nel pianeta, sfamare tutti quanti rispettando l’ecosistema e tutelando l’ambiente, è sicuramente una sfida. È inutile negarlo. Ma non è una sfida che può essere vinta con le regole a cui abbiamo giocato finora. Ne servono di nuove, che però chiaramente devono tenere conto delle specificità dei diversi territori. E si devono assicurare di non lasciare indietro nessuno, perché chiaramente non possono essere gli agricoltori più a basso reddito a pagare il prezzo della transizioni.

Ma gli eventi climatici estremi sempre più frequenti – come le inondazioni, la siccità o le temperature torride – hanno un impatto gravissimo in termini economici anche sull’agricoltura. Adattare le politiche agricole all’obiettivo più urgente dell’intero pianeta, dovrebbe essere nell’interesse di tutti quanti.

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A Fanpage.it sono vice capoarea della sezione Politica. Mi appassiona scrivere di battaglie di genere e lotta alle diseguaglianze. Dalla redazione romana, provo a raccontare la quotidianità politica di sempre con parole nuove.
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