Perché Matteo Salvini è stato assolto nel processo Open Arms: tutte le tappe del caso

È arrivato l'ultimo tassello, sul piano giudiziario, nel caso Open Arms: la sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito in via definitiva l'assoluzione di Matteo Salvini, che era accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio. Niente da fare per la Procura di Palermo, che aveva presentato ricorso sostenendo che, in primo grado, i giudici avessero interpretato in modo errato le norme internazionali sull'accoglienza. La vicenda era iniziata nel 2019, con l'imbarcazione di Open Arms che aveva dovuto aspettare per diciannove giorni prima di poter sbarcare, nonostante avesse a bordo 147 persone migranti.
I primi soccorsi della Open Arms e i ‘porti chiusi' in Italia
Il 1° agosto 2019, la nave di Open Arms – Ong impegnata nel soccorso in mare di persone che rischiano la vita per tentare di attraversare il Mediterraneo – soccorse due barchini al largo, in acque internazionali. Il giorno dopo, chiese all'Italia di poter ricevere un porto di sbarco sicuro per attraccare e farle scendere a terra. Ma ricevette un ‘no' come risposta.
Era il periodo della piena crisi del primo governo Conte, formato da Movimento 5 stelle e Lega: sarebbe caduto poche settimane dopo. Il ministro dell'Interno era Matteo Salvini, che si era intestato la cosiddetta politica dei ‘porti chiusi'. A causa del decreto Sicurezza, varato proprio dal governo Conte, per la Open Arms scattò il divieto di entrare nelle acque territoriali italiane. Vennero evacuate solamente alcune persone con problemi medici particolarmente urgenti.
Sia l'Italia, sia Malta nei giorni successivi negarono un porto alla nave Ong: le autorità italiane insistevano che fosse la Spagna a doversene fare carico, visto che l'imbarcazione batteva bandiera spagnola. Intanto la Open Arms aveva soccorso altre persone in difficoltà, portando il totale dei sopravvissuti a bordo a 147.
Lo sbarco dopo l'intervento della Procura
A quel punto partirono le vie legali. La Ong fece ricorso al Tar del Lazio, che il 14 agosto – due settimane dal primo soccorso in mare – sospese il divieto di ingresso nelle acque italiane. Così, la nave si diresse verso l'Italia pur non avendo ancora un porto sicuro dove attraccare.
Passò quasi un'altra settimana, in cui l'imbarcazione non sapeva dove dirigersi. Alla fine, il 20 agosto, la Procura di Agrigento intervenne a seguito di un'ispezione a bordo: sequestrò la nave e dispose l'evacuazione dei passeggeri.
Il Senato manda Salvini a processo
Questi sono gli eventi su cui, negli ultimi anni, si è concentrato lo scontro politico e legale del caso Open Arms. A novembre del 2019 la Procura di Agrigento fece sapere di aver aperto un fascicolo in cui, tra gli indagati, c'era anche Matteo Salvini.
La maggioranza in Parlamento era cambiata, era il periodo del secondo governo Conte. A luglio del 2020, ribaltando le attese (e la prima votazione avvenuta in commissione), l'Aula del Senato votò per mandare l'ex ministro a processo. Il procedimento iniziò il 15 settembre 2021.
Il processo Open Arms e l'assoluzione
Ci sono voluti oltre tre anni e ventiquattro udienze per arrivare alla sentenza di primo grado, che è giunta a dicembre dello scorso anno. Assolto perché il fatto non sussiste, nonostante i tentativi dei procuratori di dimostrare che Salvini era direttamente responsabile per il sequestro delle persone che si trovavano a bordo di quella nave, e che per quasi tre settimane erano state costrette a restare in mare, sotto il sole, senza poter scendere a terra.
Alla base della sentenza c'è stata soprattutto una valutazione fondamentale fatta dai giudici di Palermo: ovvero che era compito della Spagna prendersi la responsabilità di dare alla nave Open Arms un luogo in cui sbarcare. "La Spagna, e non l'Italia, era tenuta a tutelare i diritti delle persone a bordo", e quindi anche a indicare un porto sicuro, proprio perché l'imbarcazione batteva bandiera spagnola.
In più, il tribunale ha stabilito che le autorità italiane non avevano "respinto" l'imbarcazione verso la Libia o altri Stati che violano i diritti umani – cosa che sarebbe stata illegale – e che le persone a bordo non erano comunque in pericolo di vita. Insomma, tenere quelle 147 persone lontane al di fuori delle acque italiane senza farle sbarcare per diciannove giorni non fu un reato, perché legalmente era responsabilità di altri Stati farlo.
Il ricorso e la sentenza definitiva in Cassazione
A giugno di quest'anno il tribunale del capoluogo siciliano ha depositato le motivazioni, e circa un mese dopo la Procura di Palermo ha deciso di impugnare la sentenza. Lo ha fatto con una procedura particolare, non chiedendo un processo di secondo grado, ma direttamente il ricorso alla Cassazione.
Il motivo è che, secondo i pm, la sentenza di primo grado confermava sostanzialmente tutta la ricostruzione dei fatti presentata dall'accusa. Solo che i giudici avevano valutato che la responsabilità fosse della Spagna, interpretando – male, secondo la Procura – le norme e convenzioni internazionali riguardanti il soccorso in mare. La richiesta, quindi, era che fosse la Cassazione a chiarire l'interpretazione corretta.
Evidentemente, le cose non sono andate come i pm avevano sperato. Anche il Procuratore generale della Cassazione ha chiesto di respingere il ricorso, e così confermare l'assoluzione. Le motivazioni ufficiali saranno depositate nelle prossime settimane. Nel frattempo, il fondatore di Open Arms Oscar Camps ha contestato la decisione in un'intervista a Fanpage.it: "La Corte sceglie di non pronunciarsi sulla legittimità del trattenere persone soccorse in mare. Non è una questione tecnica: è una rinuncia a porre limiti al potere. Quando la giustizia sceglie di non vedere, sta scegliendo da che parte stare."