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Perché le grandi banche non pagheranno nessuna tassa sugli extraprofitti

Mercoledì il Gruppo Intesa Sanpaolo ha annunciato che, anziché pagare la tassa sugli extraprofitti, rafforzerà il proprio capitale con più di 2 miliardi di euro: si tratta di una possibilità introdotta nell’ultima modifica alla norma che ha dato vita all’imposta straordinaria.
A cura di Andrea Miniutti
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Non tutte le banche dovranno pagare la tassa sugli extraprofitti. Con il decreto Asset, approvato il mese scorso, il governo Meloni ha introdotto l'imposta sugli utili straordinari che gli istituti di credito hanno ricavato quest'anno. La norma prevede che le banche paghino il 40% degli extraprofitti fatti durante il 2023, quindi calcolati rispetto agli introiti del 2022, purché il guadagno straordinario sia superiore di almeno il 10% del margine d’interesse del 2021. Dal suo primo annuncio, l'imposta ha subito molte modifiche lungo il suo iter per poter arrivare ad un testo che mettesse d'accordo tutta la maggioranza, portando alla fine all'esclusione dei titoli di Stato dalla base imponibile e la protezione degli istituti di credito minori.

Tra le novità introdotte con l'ultima modifica alla legge, ce n'è una che concede alle banche un'alternativa: possono decidere di non pagare la tassa in cambio di un rafforzamento del proprio capitale, in modo da non poter distribuire con gli azionisti e l'esercizio gli utili generati dagli extraprofitti. Così si legge nel testo della norma:

le banche di cui al comma 1 possono destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2024, a una riserva non distribuibile a tal fine individuata un importo non inferiore a due volte e mezza l’imposta calcolata ai sensi del presente articolo;

La possibilità è stata colta martedì da Unicredit e mercoledì da Intesa Sanpaolo, che hanno deciso di non pagare la tassa e investire nel proprio capitale. Per quanto riguarda il gruppo torinese, la banca "Capogruppo" ha annunciato che destinerà "a riserva non distribuibile" 1,991 miliardi di euro, mentre l'importo dell'intero Gruppo Intesa Sanpaolo – che include Fideuram, Intesa Sanpaolo Private Banking e Isybank – sarà di 2,069 miliardi di euro, un totale calcolato sull'ammontare dell'imponibile che è pari a 828 milioni di euro. Invece, UniCredit ha messo a disposizione del proprio patrimonio altri 1,1 miliardi di euro, e ci si aspetta che anche altre banche seguiranno l'esempio.

La tassa sugli extraprofitti aveva come scopo iniziale quello di appianare le disuguaglianze che si erano create nell'ultimo anno e mezzo. Infatti, Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, aveva promesso che il gettito generato dall'imposta straordinaria sarebbe stato utilizzato "per aiutare famiglie e imprese colpite dall'aumento dei tassi" che ha causato un "innalzamento dei mutui". Per questo motivo il Gruppo Intesa Sanpaolo ha annunciato che investirà 1,5 miliardi di euro nel quinquennio 2023-2027 con l'obiettivo di "supportare iniziative per far fronte ai bisogni sociali, contrastare le disuguaglianze e favorire l’inclusione finanziaria, sociale, educativa e culturale".

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