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Il governo Meloni cambia la tassa sugli extraprofitti delle banche: cosa dice l’emendamento

L’esecutivo ha trovato un accordo sulle modifiche alla tassa sugli extraprofitti delle banche, che ha fatto discutere per settimane la maggioranza: sono state accettate diverse proposte di Forza Italia, rivedendo l’impianto della legge.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Un emendamento al decreto Asset cambierà radicalmente la legge che prevede la tassa sugli extraprofitti delle banche, fortemente voluta da Giorgia Meloni e appoggiata dalla Lega – con Matteo Salvini in formato Robin Hood che continua a dire a ogni appuntamento pubblico che il governo ridistribuirà i soldi degli istituti di credito ai cittadini – ma fortemente osteggiata da Forza Italia. Nello specifico, le critiche di Tajani e degli azzurri si sono concentrate sulla necessità di "garantire i risparmiatori", le banche piccole e medie e "la credibilità dell'Italia agli occhi di investitori e mercati".

Come già filtrato nel fine settimana, un emendamento del governo – che circola già bollinato – interverrà per modificare la norma. Secondo la relazione tecnica, inoltre, non dovrebbe cambiare il gettito generato dalla tassa, sempre leggermente inferiore ai tre miliardi di euro. Un tesoretto utile per la manovra.

La prima modifica prevede un cambio della base imponibile:

L'imposta straordinaria è determinata applicando un’aliquota pari al 40 per cento sull’ammontare del margine degli interessi ricompresi nella voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d'Italia relativo all'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.

In origine, la norma prevedeva un'altra base imponibile:

L'ammontare del margine di interesse di cui alla voce 30 del conto economico redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d'Italia relativo all'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 che eccede per almeno il 5 per cento il medesimo margine nell'esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.

Vengono così esclusi i titoli di Stato. Inoltre, il tetto massimo al prelievo passa dallo 0,1% "del totale dell'attivo relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023" allo 0,26% "dell'importo complessivo dell'esposizione al rischio su base individuale".

C'è un altro passaggio determinante, nella modifica, che dovrebbe servire ad agevolare soprattutto i piccoli e medi istituti di credito:

le banche di cui al comma 1 possono destinare, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2024, a una riserva non distribuibile a tal fine individuata un importo non inferiore a due volte e mezza l’imposta calcolata ai sensi del presente articolo;

Il che, tradotto, significa che le banche possono decidere di non pagare la tassa sugli extraprofitti, a patto di destinare quelle risorse al rafforzamento del proprio capitale e non lo distribuiscano sotto forma di utili.

In ultimo, viene prevista anche la vigilanza dell'Agcom sulle banche, visto il divieto di "traslare gli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo sui costi dei servizi erogati nei confronti di imprese e clienti finali". Insomma, non si può far ricadere il costo della extratassa sui clienti.

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