Perché il campo largo nelle Marche è stato battuto e cosa deve tenere a mente per le politiche del 2027

La vittoria nelle Marche del centrodestra è un primo segnale importante per determinare gli equilibri tra le forze politiche in vista delle elezioni politiche del 2027. La Regione, che sarà governata ancora da Francesco Acquaroli (Fdi), è andata al voto domenica e lunedì, in contemporanea con la Valle d'Aosta (qui l'elezione del presidente spetta al Consiglio regionale appena eletto).
Battuto il candidato del campo larghissimo, Matteo Ricci, europarlamentare dem ed ex sindaco di Pesaro, appoggiato dalla tutta la coalizione del centrosinistra (con l'unica eccezione di Azione di Calenda), che si è fermato al 44,44%, contro il 52,43% di Acquaroli. Ma a cosa si deve questo scarso risultato del centrosinistra, perché non ha funzionato la formula del campo largo? Non c'è un'unica risposta valida a questa domanda, le cause sono molteplici. Proviamo a metterle in fila.
Fratelli d'Italia è risultato essere nelle Marche il primo partito, con il 27,41%, seguito dal Partito Democratico, con il 22,50%, e da Forza Italia, in terza posizione, all'8,60%. La Lega, invece, al 7,37%, è risultata praticamente alla pari con la lista civica Matteo Ricci Presidente, al 7,34%. Non ci sono state grandi sorprese, se guardiamo alle percentuali dei partiti, le forze del campo largo non hanno ampliato il loro bacino di voti: nel centrosinistra ha confermato complessivamente le aspettative il Pd, così come la civica per Ricci. Negativa la perfomance del M5s, al 5,08%, che ha raccolto un numero di voti più basso del previsto (nel 2020 aveva ottenuto l'8,6% con il suo candidato, Gian Mario Mercorelli), così come Avs, al 4,15%, in calo rispetto alle ultime elezioni europee. Quello che emerge dal quadro generale, è che, al netto delle difficoltà della Lega, il centrodestra si è presentato con liste più forti rispetto a quelle del centrosinistra.
Perché il M5s ha perso voti rispetto alle elezioni del 2020
Considerato che alle elezioni amministrative contano più i candidati del voto d'opinione, e considerato che quello del M5s è soprattutto un voto d'opinione, non stupiscono le percentuali basse dei pentastellati, che fanno registrare un calo generalizzato. Basti pensare che il M5s è riuscito a confermare i voti del 45% dell'elettorato che nel 2020 aveva votato per Mercorelli.
Non basta certamente questo a spiegare perché in questo caso è fallita la strategia del campo largo, ma è un elemento su cui vale la pena interrogarsi. Secondo l'analisi effettuata da Piave Digital Agency, "l'elettorato del M5s, in assenza di un proprio candidato, si è comportato secondo le attese, come avviene di solito alle elezioni che si tengono nei territori. Sicuramente ha perso un punto o un punto e mezzo rispetto alle previsioni, ma il punto è che Ricci, ex sindaco di Pesaro del Pd, non era un candidato gradito, anche per via dell'inchiesta che lo riguarda e per l'avviso di garanzia. Quest'ultimo elemento ha pesato in particolare sull'astensionismo dell'elettorato del M5s, che nelle Marche è ancora un elettorato duro e puro", spiegano a Fanpage.it Alessandro Fava e Gian Piero Travini, esperti di Piave digital agency. Il dato è chiaro, secondo i due analisti: alle elezioni regionali il Pd non può considerare il M5s la seconda gamba della coalizione di centrosinistra.
Perché il progetto del campo largo è ancora in salita
Innanzi tutto in questo caso il problema per il campo largo è stata l'assenza di liste civiche forti, in grado di drenare voti dal centrodestra. "Dove il Pd è egemone, e cannibalizza gli altri partiti della coalizione, c'è bisogno di creare delle forze nuove, per allargare l'elettorato. E per aprire il campo servono le liste civiche. In questa tornata elettorale le civiche non hanno performato bene, a parte la lista civica di Ricci, che ha comunque tolto voti al Pd, essendo praticamente una costola del partito".
"In sostanza, il campo largo nelle Marche non ha funzionato perché non è riuscito ad aggregare un bacino di voti diverso dal proprio elettorato, dalla propria area politica. Anche perché forse non ci si aspettava che Acquaroli reggesse così tanto, soprattutto ad Ascoli. Anche se il centrosinistra nell'Ascolano non è andato male. Se guardiamo al ‘retention rate' di Ricci, cioè alla percentuale di elettori che gli sono rimasti fedeli, notiamo che il dem ha tenuto i suoi voti nell'Ascolano, con una quota dell'87%, e nel Maceratese, con l'84%. Ha sofferto di più invece nelle altre province, Pesaro, 79% di retention rate, Ancona e Fermo, entrambe con una percentuale di mantenimento dei voti del 78%", spiegano a Fanpage.it Alessandro Fava e Gian Piero Travini di Piave Digital Agency.
Il candidato Matteo Ricci non è riuscito a spostare voti dal centrodestra, ma soprattutto non ha portato a casa il risultato enorme delle europee, quando era stato premiato con 51.365 preferenze. Anche se le Marche sono una Regione in cui il voto è più ‘politico', rispetto per esempio al voto dell'Umbria, il voto del 28 e 29 settembre è stato un voto più territoriale, non può essere paragonato a quello delle elezioni europee, si è mosso seguendo logiche meramente locali.
Quello che colpisce è soprattutto il risultato a Pesaro, dove l'eurodeputato è stato sindaco. Qui il dem ha preso il 45,29%, contro il 51,34% del governatore. Ma nella tornata elettorale del 2020 il centrodestra era sì avanti, ma con percentuali molto diverse: in sostanza, rispetto al 2020, il Cdx ha aumentato i consensi a Pesaro-Urbino, dove cinque anni fa era al 49%. Mentre la coalizione del centrosinistra ha perso consensi. Ad Ancona, per esempio, ha raccolto più voti Ricci, ma l'eurodeputato è rimasto addirittura sotto il 50%, al 49,85%, contro il 46,54% di Acquaroli. Percentuali che dimostrano come anche qui, come a Pesaro, il centrodestra abbia aumentato il proprio bacino elettorale. "Storicamente, le due province di Pesaro-Urbino e Ancona sono quelle più popolose, e sono sempre state di sinistra", sottolineano gli analisti di Piave Digital Agency. "Mentre le tre province del Sud, Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, sono state sempre più orientate a destra. E il centrosinistra non è riuscito a penetrare nel Sud".
Proprio per questa distribuzione degli elettorati, la Regione è sempre stata divisa in due. Il centrodestra ha avuto il merito di saper ricucire gli elettorati, limando la frattura tra le due aree geografiche, riuscendo a ritagliarsi ampi spazi di consenso anche al Nord. "Se il centrosinistra non riesce a fare lo stesso, risolvendo questo problema nei territori, perderà ancora nelle Marche", spiegano gli analisti politici.
"Il problema che emerge in questa partita elettorale per il campo largo, è che uno più uno non fa due, soprattutto a livello locale. Nel centrosinistra fanno fatica a mantenere il proprio bacino elettorale, rispetto alla destra. Vediamo che Acquaroli ha riportato al voto il 93% circa del suo elettorato. In 70 comuni, tra cui Fermo e Ancona, la perfomance è stata addirittura migliore, e il candidato di Fdi è andato oltre, in termini assoluti, rispetto al 2020. Ricci, invece, ha riportato al voto circa l'81% dei votanti della sua coalizione del 2020, di cui erano espressione i candidati Mangialardi, Mancini e Mercorelli. Solo in 10 comuni è andato oltre al risultato di cinque anni fa".
È la prima volta che viene riconfermato un presidente di destra nelle Marche, dopo 25 anni di governo del centrosinistra. Dopo questa prima tornata elettorale d'autunno, per il centrosinistra sicuramente la strada per le politiche è in salita: "Volendo avere qualche chance in più di battere il centrodestra alle elezioni politiche 2027, le Marche dovevano far parte del ‘pathway to victory', del sentiero della vittoria del campo largo. I segnali oggi non sono buoni", dicono a Fanpage.it Alessandro Fava e Gian Piero Travini. "Nonostante la sconfitta, il campo largo rimane l'unica via, non c'è alternativa. Ma qualcosa nelle dinamiche interne alla coalizione dovrà cambiare".