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Per la prima volta Procura chiede archiviazione per attiviste che hanno aiutato una donna a morire

Le attiviste dell’Associazione Coscioni Felicetta Maltese e Virginia Fiume si erano autodenunciate insieme a Marco Cappato per aver aiutato Paola, 89 anni, a morire. La Procura ha chiesto l’archiviazione del fascicolo in meno di 5 giorni.
A cura di Annalisa Cangemi
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Dopo un'indagine rapidissima, meno di cinque giorni con il weekend in mezzo, la Procura di Bologna ha chiesto l'archiviazione del fascicolo aperto dopo l'autodenuncia delle attiviste dell'Associazione Luca Coscioni, Felicetta Maltese e Virginia Fiume, che hanno accompagnato in Svizzera Paola R., una donna di 89 anni, malata di Parkinson. La donna, che aveva chiesto il suicidio assistito, è morta la settimana scorsa. Il giorno dopo il tesoriere dell'associazione Marco Cappato e le due attiviste si sono autodenunciati alla caserma dei carabinieri di via Vascelli a Bologna, per aver aiutato Paola a recarsi nella clinica all'estero, per poter morire.

La Procura li aveva iscritti per istigazione e assistenza al suicidio, reato per il quale rischiavano da 5 a 12 anni di carcere, e ha in breve tempo mandato il fascicolo verso l'archiviazione: ora si attende la decisione del Gip. "Se la linea della Procura sarà confermata, si tratta di un precedente importante per il diritto alla libertà di scelta", ha commentato l'associazione Coscioni.

Il procuratore Giuseppe Amato, che ha firmato personalmente il provvedimento di archiviazione, si è basato sulla sentenza della Corte costituzionale del 2019 sul caso di Fabiano Antoniani, ‘Dj Fabo'. Rifacendosi anche ad altri precedenti simili, ha ritenuto di dare una interpretazione più ampia al concetto di "trattamento di sostegno vitale" previsto dalla Consulta, estendendolo "a situazioni ulteriori rispetto al collegamento della persona con un macchinario che ne assicuri la persistenza delle funzioni vitali". Nel caso della signora Paola si è esteso il concetto al trattamento farmacologico, la cui riduzione avrebbe potuto determinare un peggioramento delle condizioni, fino alla morte, "anche se in maniera non rapida", ha scritto il procuratore Amato.

"È la prima volta che un procuratore chiede l'archiviazione per un caso del genere. Ci sono state altre azioni di disobbedienza civile da parte nostra, dove poi ci siamo autodenunciati, ma le Procure di Milano e Firenze non hanno ancora comunicato come procedere, quindi se la richiesta di archiviazione del procuratore capo di Bologna dovesse essere accolta sarebbe un primo precedente importante. Se il Gip invece dovesse respingerla e proseguire con un processo, noi siamo pronti ad affrontare tutto ciò che è necessario", ha spiegato l'avvocata Filomena Gallo, difensore di Marco Cappato e coordinatrice del collegio legale di studio e difesa sulle disobbedienze civili.

Nel corso di un webinar online oggi pomeriggio Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, e Gallo hanno spiegato che "Amato fa una disanima attenta della sentenza della Corte Costituzionale numero 242 del 2019 e poi di quella del Tribunale di Massa, dove c'è una interpretazione estensiva del trattamento vitale. Una interpretazione che sosteniamo da anni e che ora è stata messa nero su bianco. Cioè che è discriminatorio – ha detto Cappato – che chi è attaccato a una macchina o dipende da un farmaco salvavita ha diritto al fine vita, ma se hai il Parkinson e non dipendi da una macchina no. Amato ha accolto pienamente questo punto che è alla base delle nostre azioni di disobbedienze civili".

Cappato ha poi sottolineato che sono quattro le persone nelle stesse condizioni di Paola che sono state aiutate dagli attivisti. "Ci sono richieste di aiuto quotidiane, e sono tante, in particolare abbiamo preso l'impegno di aiutare una paziente che però si è aggravata e quindi non sappiamo se potrà affrontare il viaggio, ma già a febbraio c'era un altro appuntamento in Svizzera".

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