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Palazzotto lascia Si e vota fiducia a Draghi: “Contribuirò a rafforzare l’alleanza Pd-M5s-Leu”

Il deputato di Leu Erasmo Palazzotto ha lasciato il suo partito, Sinistra italiana, scegliendo di appoggiare il governo Draghi: “Questo è un governo di emergenza, chiesto dal Presidente della Repubblica. Sottrarsi in questo momento facendo opposizione a scatola chiusa è un errore. Il mio però non è un voto di fiducia incondizionato”, ha spiegato a Fanpage.it.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il deputato di Leu Erasmo Palazzotto, con un lungo post, ha annunciato ieri il suo addio a Sinistra italiana, alla vigilia del voto di Montecitorio all'esecutivo guidato da Mario Draghi. La decisione, maturata dopo un percorso di cui dà conto in un post sul suo profilo Facebook, è stata presa anche in vista del voto di fiducia: Palazzotto ha dichiarato che darà il suo appoggio al nuovo governo, allontanandosi in questo modo dalla linea stabilita dall'Assemblea nazionale di Si. Il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni ha infatti ribadito il suo convinto No a un governo che ha accolto al suo interno anche la Lega, così come indicato dal partito. Lo strappo per Palazzotto non è stato indolore, ma si è reso necessario per poter continuare a costruire "l'alleanza per lo sviluppo sostenibile", e cioè il progetto, avviato dall'ex presidente del Consiglio Conte, che tiene insieme Pd, M5s e Leu.

Perché ha deciso di votare Sì alla fiducia?

Io sono convinto che bisogna tenere in piedi la coalizione Pd-M5s-Leu, che scricchiola e ha bisogno di crescere anche nei territori. Il mio ruolo in questo momento è quello di contribuire a rafforzarla all'interno del Parlamento. Penso che l'esperienza del governo Conte sia stata una delle più significative per l'area progressista del Paese. Anche in un momento difficile come la pandemia ha sempre tenuto la barra dritta sulla necessità di tutelare le fasce più deboli della popolazione, di non lasciare indietro nessuno, di avere uno sguardo verso la transizione ecologica della nostra economia. Abbiamo fatto i decreti immigrazione, un primo passo. Adesso dobbiamo continuare a presidiare, e questo è uno dei motivi per cui voto la fiducia a Draghi. Per me ora la dialettica maggioranza-opposizione si sposta dal terreno del Parlamento a quello del governo, dobbiamo difendere le conquiste che abbiamo ottenuto durante il governo precedente.

Perché è una strategia sbagliata stare all'opposizione in questo momento?

Questo è un governo di emergenza, chiesto dal Presidente della Repubblica. Sottrarsi in questo momento, facendo opposizione a scatola chiusa, è un errore. Il mio però non è un voto di fiducia incondizionato. Se per esempio questo governo dovesse toccare i decreti immigrazione io sono pronto a uscire dalla maggioranza che lo sostiene.

Cosa le è piaciuto del discorso di Draghi?

Nell'intervento di Draghi non ho visto nulla che contraddice quanto abbiamo fatto nel governo Conte 2. Uno dei problemi sollevati da Italia viva, che ha aperto irresponsabilmente questa crisi, era stato il Recovery fund. Draghi mi pare abbia detto esplicitamente che il Recovery plan parte dall'ottimo lavoro fatto dal governo precedente, dicendo esplicitamente che quello è il lavoro di base. Ha parlato poi della necessità di mantenere gli strumenti di sostegno al reddito. Io sono tra quelli che pensano che il reddito di cittadinanza si dovrebbe riformare, ma in un momento come questo è uno strumento fondamentale che impedisce che una parte della popolazione scivoli sotto la soglia di povertà. La sfida più impegnativa sarà sicuramente la riforma della Pubblica Amministrazione, senza la quale non saremo in grado di gestire la programmazione e la spesa del Recovery fund, come spesso è successo con i fondi strutturali europei.

Lei però sul fisco ha avanzato una proposta di patrimoniale. Draghi ha parlato di "revisione dell'Irpef" con una graduale riduzione del "carico fiscale e preservando la progressività".

Appunto ha parlato della necessità di rafforzare in senso progressivo il fisco italiano. Non sarà la patrimoniale, ma significa che aumentare il prelievo fiscale sulle fasce più forti e diminuirlo sulle fasce più deboli. È comunque una rimodulazione dell'Irpef in senso progressivo. Io mi sento rassicurato dalle sue parole. Ovviamente ci sono anche tanti temi che nel discorso di Draghi non sono stati trattati, e che io oggi ho voluto ricordare nel mio intervento in Aula. Stare dentro una maggioranza così complessa significa battersi perché entrino nell'agenda politica di questo governo questioni che sono state eluse fino ad ora.

Per esempio?

Ho posto il tema dei diritti umani, della cittadinanza, del livello dei salari. Poi penso che la credibilità di cui gode Draghi in Europa potrà essere utile anche per ottenere dall'Ue delle risposte sulla gestione della frontiera. Quello che accade in Bosnia e la modalità di respingimento che adotta la polizia croata sono inaccettabili. Quello che succede in zona Sar maltese, dove non si risponde alle richieste di soccorso che arrivano dai barconi, non può essere più tollerato. E questo deve essere chiaro, vista la presenza della Lega in maggioranza. Prima si salva, poi si discute.

Draghi ha detto che l'Italia proporrà un meccanismo obbligatorio di redistribuzione dei migranti pro quota, ma non ha parlato dei salvataggi.

Il meccanismo di distribuzione automatico è un fatto positivo, condivido l'impianto del programma di governo. Questo è un esecutivo europeista, tanto che Draghi ha parlato di irreversibilità dell'euro, di gestione solidale dei flussi migratori, di fisco progressivo. Il problema se lo dovrebbe porre Salvini, in quanto leader di un partito anti-europeista, contro l'euro, che proponeva la flat tax. Draghi è sempre un liberale, un uomo che è stato al vertice delle istituzioni europee e che oggi viene chiamato dal Presidente della Repubblica a guidare un governo d'emergenza in una fase difficile in cui non è stato possibile dare vita a un governo politico stabile.

Perché ha deciso di lasciare il partito?

Il mio dissenso nei confronti della linea scelta da Sinistra italiana nasce nel momento in cui si è deciso insieme ad Articolo Uno di non dare vita a Liberi e uguali. Le scelte fatte successivamente, conseguenti a quella decisione, sono andate sempre di più verso un'autosufficienza di Sinistra italiana. Ma in questo momento secondo me la sinistra deve contribuire a creare un'alleanza progressista e democratica. Il governo Draghi è una parentesi, noi torneremo a confrontarci con la destra e dovremo essere uniti. Per questo c'è bisogno di stare uniti adesso, per costruire la proposta politica con cui ci presenteremo alle prossime elezioni.

Cosa farà adesso?

Io rimango dentro Liberi e uguali, da indipendente, non sto lasciando il gruppo. Mi auguro che ‘l'alleanza per lo sviluppo sostenibile', come l'ha chiamata Giuseppe Conte, possa evolvere e magari cambiare natura. In questo momento mi sento parte di quest'alleanza.

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