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Opinioni

Occupazioni abusive, ora Piantedosi pretende sgomberi e censimenti. E “minaccia” i proprietari

Il ministro dell’Interno ha emanato una direttiva di indirizzo ai prefetti per il contrasto delle occupazioni arbitrarie di immobili: il Viminale pretende prevenzione, sgomberi e censimenti, ma il modello resta quello fallimentare degli ultimi anni.
A cura di Roberta Covelli
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Le sei pagine della direttiva sugli indirizzi operativi contro le occupazioni abusive, indirizzata dal ministro Piantedosi ai prefetti, potrebbero essere riassunte nell’invito, tanto semplice quanto vuoto, a continuare a fare quel che decreti e circolari degli ultimi anni hanno invitato a fare: prevenire e sgomberare. La direttiva ministeriale del 10 agosto 2023, a firma Piantedosi, non è in effetti troppo diversa dalla circolare emanata nel 2018, sempre a firma Piantedosi, che all’epoca era capo di gabinetto.

Nell’ultima direttiva, il ministro affronta il tema delle occupazioni arbitrarie di immobili: pur vantando un miglioramento della situazione, Piantedosi sottolinea come sia necessario proseguire nel contrasto del fenomeno perché le occupazioni abusive “al di là del disvalore insito nella diretta lesione del diritto di proprietà, concorrono inevitabilmente a generare degrado urbano e ad alimentare la percezione di insicurezza nei cittadini”. Le soluzioni (o presunte tali) proposte seguono allora due direttrici: la prevenzione delle occupazioni e l’esecuzione degli sgomberi.

Tra abbandono e responsabilità: il ruolo dei proprietari

La prevenzione dovrebbe attuarsi attraverso la ricognizione degli immobili in stato di abbandono o comunque in condizioni che favoriscano l’occupazione. L’attività in questione deve essere messa in atto dopo essere stata affrontata nel Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, coinvolgendo amministrazioni locali, uffici urbanistici e associazioni di proprietà fondiaria. Proprio sul tema della prevenzione, la direttiva addossa anche ai privati il compito di difesa della proprietà.

Per altro verso, nell’ottica di una maggiore responsabilizzazione dei privati, occorrerà sensibilizzare le stesse Amministrazioni locali affinché prescrivano ai proprietari degli immobili in stato di abbandono di assumere ogni iniziativa utile a prevenire le intrusioni di estranei e la possibile commissione di altri illeciti, garantendo la salvaguardia della pubblica e privata incolumità. Al riguardo, si sottolinea come l’eventuale condotta omissiva del privato che non attivi idonee precauzioni volte a proteggere la sua proprietà potrà essere valutata quale concorso di colpa ai sensi dell’art. 1227 c.c. in sede di giudizio risarcitorio promosso nei confronti della Pubblica Amministrazione per la presunta inerzia nell’esecuzione dello sgombero.

L’affermazione, al netto del giuridichese, appare piuttosto fumosa, e le implicazioni di questa confusione possono condurre a maggiore insicurezza, oltre che a episodi di violenza privata. Ovviamente, il diritto di proprietà già implica delle responsabilità: la tegola che cade, il cornicione che crolla, la perdita che danneggia l’appartamento di sotto, la siepe che impedisce la visibilità o l’accesso alla strada pubblica sono tutti disagi di cui si deve occupare il proprietario, che deve provvedere affinché non ci siano rischi o danni a persone e cose. Ma, quanto alle occupazioni arbitrarie, che il ministro precisa essere “talvolta organizzate e gestite dalla stessa criminalità, anche organizzata”, pretendere che un privato adotti “idonee precauzioni volte a proteggere la sua proprietà” rischia di essere un invito alla giustizia privata o una legittimazione dei soprusi subìti, a seconda dei casi.

Il circolo vizioso del disagio abitativo e la solita soluzione (che non funziona)

Il motivo di questa affermazione si può intuire leggendo il resto della direttiva, in particolare nei punti in cui Piantedosi si lamenta delle numerose sentenze di condanna al Viminale per la mancata esecuzione di sgomberi. A confrontarsi, infatti, ci sono diversi diritti, a cui si aggiungono alcuni elementi di fatto: da un lato, la proprietà, che non può essere goduta nel caso in cui qualcuno si impossessi dell’immobile, e che viene tutelata nei tribunali civili, dall’altro, in molti casi, situazioni di vulnerabilità sociale e disagio abitativo, da cui deriva ulteriore impatto sui diritti e sulla sicurezza sociale degli occupanti, spesso a loro volta vittime di organizzazioni criminali. A questo si aggiunge la difficoltà per la forza pubblica di effettuare gli sgomberi, anche per l'impossibilità o l'incapacità delle amministrazioni locali di gestire la marginalità sociale e offrire alloggi alternativi.

La soluzione di Piantedosi, oltre alla ricognizione dei beni immobili in stato di abbandono (e la responsabilizzazione dei proprietari), è la stessa proposta di cinque anni fa: censimento degli occupanti ed esecuzione degli sgomberi. La questione sociale, però, non cambia. E non è affrontata, anzi, è spesso aggravata.

Infatti, al di là della retorica sulla lotta alle occupazioni, che punta i riflettori sulla criminalità organizzata e sul racket, a finire in mezzo alla strada sono spesso i più deboli. Diversi provvedimenti degli ultimi anni hanno creato ulteriori sacche di invisibilità, a cui si aggiungeranno i nuovi poveri, che certo non possono confrontarsi con la bolla speculativa del mercato immobiliare, e che finiranno per aumentare le situazioni di disagio abitativo e povertà economica e sociale.

Ma il ministro che si lamenta dei risarcimenti che il Viminale deve pagare ai proprietari i cui immobili vengono occupati non si interroga sui motivi per cui la ricetta securitaria non abbia funzionato, non affronta la complessità del fenomeno, coinvolgendo il governo per affrontare la crisi sociale e i bisogni economici. La direttiva Piantedosi dice di prevenire le occupazioni ed eseguire gli sgomberi, e tanto basta. L'anno prossimo ne leggeremo un'altra, con una soluzione innovativa: prevenire le occupazioni ed eseguire gli sgomberi.

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Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
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