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Covid 19

Nel decreto Cura Italia domiciliari per chi ha pene inferiori a 18 mesi. Antigone: “Non basta”

Nel decreto legge Cura Italia, che è stato firmato ieri, ci sono norme per le carceri, per mettere al sicuro il più possibile i detenuti dai rischi del contagio da coronavirus, come “iter semplificati” – fino al 30 giugno – per la detenzione domiciliare”. Per l’associazione Antigone sono però “necessari altri provvedimenti, altrimenti c’è rischio per la salute pubblica”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nel decreto Cura Italia, firmato ieri sera dal Capo dello Stato Sergio Mattarella ci sono anche gli arresti domiciliari per i detenuti che abbiano una condanna "non superiore a 18 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena". È quanto prevede l'articolo 123, una misura per rispondere anche alle paure di chi si trova in carcere e teme per i contagi da coronavirus, dopo le proteste che sono scoppiate la scorsa settimana, nelle strutture di detenzione, da Nord a Sud.

Il provvedimento, che punta all'implementazione di braccialetti elettronici per i detenuti, esclude però dai domiciliari una serie di fattispecie, tra cui l'attestata pericolosità sociale, chi si è macchiato di reati di violenza domestica, atti persecutori, detenuti sottoposti a regime di sorveglianza particolare. Inoltre con l'articolo 124 del decreto si prevede che "anche in deroga al complessivo limite temporale massimo", cioè 45 giorni, stabilito dall'ordinamento penitenziario, "le licenze concesse al condannato ammesso al regime di semilibertà – si legge nel testo – possono avere durata sino al 30 giugno 2020".

Con il nuovo dl Cura Italia, già in vigore, sono previsti stanziamenti per interventi di ripristino e di messa in sicurezza per i penitenziari che hanno subito danneggiamenti nelle proteste dei giorni scorsi: "Al fine di ripristinare la piena funzionalità e garantire le condizioni di sicurezza degli istituti penitenziari danneggiati nel corso delle proteste dei detenuti anche in relazione alle notizie sulla diffusione" del Covid-19, l'articolo 86 indica una spesa di 20 milioni di euro nel 2020 "per la realizzazione di interventi urgenti di ristrutturazione e di rifunzionalizzazione delle strutture e degli impianti danneggiati".

Le critiche di Antigone: "Norme insufficienti"

Le norme sulle carceri del nuovo decreto Cura Italia sono ritenute "insufficienti", secondo l'associazione Antigone, che difende i diritti dei detenuti, secondo la quale sono "necessari altri provvedimenti, altrimenti c'è rischio per la salute pubblica". La situazione nelle carceri "è drammatica – ha spiegato il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella – e resta drammatica anche oggi a primo decreto approvato. Le norme in materia penitenziaria, inserite all'interno del nuovo decreto del governo, pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale, sono evidentemente insufficienti per rispondere alle esigenze di estrema gravita' e urgenza che la situazione richiederebbe. Troppe le cautele. Nell'interesse e nel rispetto della salute e della vita di detenuti e operatori bisogna liberare le Carceri di almeno altre 10 mila persone".

Le carceri, ha aggiunto, "rischiano di diventare una bomba sanitaria che si può ripercuotere sulla tenuta stessa del sistema sanitario nazionale. La grande promiscuità in cui sono costretti a vivere i detenuti può facilmente far degenerare il numero di contagi. Inoltre lo stato di salute di chi vive in carcere, con il 67% dei reclusi che ha almeno una patologia pregressa, potrebbe rendere necessario il ricorso al ricovero nei reparti di terapia intensiva. Senza contare che un contagio in carcere può oltrepassare quelle mura con il personale penitenziario a far da veicolo tra il dentro e il fuori. Intervenire urgentemente non e' quindi un regalo ai detenuti, ma una logica e irrimandabile necessita' a tutela della salute pubblica".

Dunque, con il decreto, ha sottolineato ancora Gonnella, "saranno pochissimi i detenuti che potranno lasciare le carceri, di gran lunga meno degli oltre 14 mila che andrebbero scarcerati per riportare le carceri ad una situazione di legalità e rendere possibile il contrasto di casi di coronavirus all'interno degli istituti. Mancano inoltre, nel decreto del governo, norme che tengano conto delle condizioni di salute dei detenuti che, se dovessero contrarre il covid-19, potrebbero non salvarsi. A loro bisognava guardare con norme ad hoc. Su questo chiediamo che si esprima l'amministrazione penitenziaria, che non può pensare che tutto sia sotto controllo. Così non è e così non è stato".

L'associazione Antigone torna quindi a sollecitare i provvedimenti che insieme a Cgil, Anpi, Arci e Gruppo Abele, Conferenza nazionale volontariato giustizia e Ristretti aveva segnalato come fondamentali. "Bisogna far uscire subito i detenuti che non hanno un posto regolamentare per affrontare al meglio il possibile diffondersi del coronavirus. Iniziano a esserci casi di persone detenute risultate positive ai controlli medici. Per questo ci vuole un nuovo decreto urgente e ci appelliamo affinché da oggi si ripristini dappertutto e per tutti un collegamento (telefonico, whatsapp o skype) con le famiglie. Ci scrivono parenti di detenuti che non sanno più nulla dei loro cari da giorni. Inoltre abbiamo ricevuto segnalazioni e denunce di ricorso illegale alla violenza nei confronti dei detenuti nei giorni scorsi. Presenteremo altrettanti esposti alle procure. Chiediamo all'amministrazione penitenziaria di fare proprie inchieste interne e stigmatizzare ogni episodio di uso arbitrario della violenza o di rappresaglia rispetto alle rivolte dei giorni scorsi".

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