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Opinioni

Matteo Salvini invoca la deontologia giornalistica. La stessa che quotidianamente calpesta

Il giornalista professionista Matteo Salvini in conferenza stampa lamenta la violazione della carta deontologica sui minori dopo il caso ‘moto d’acqua’ legato ad uno dei suoi figli. Ma le cose non stanno come dice: il figlio del vicepremier ha sicuramente gli stessi diritti degli altri minorenni, ma la stampa non si ferma su una notizia solo perché coinvolge il parente di un esponente politico di governo. E poi: quante volte il leader della Lega, vicepremier e ministro dell’Interno avrebbe violato le norme deontologiche della nostra professione?
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Matteo Salvini è giornalista professionista iscritto all'Ordine della Lombardia dal 22 luglio 2003.  E ha forse dimenticato i principii-base del "Testo unico dei doveri del giornalista", il  portolano della nostra professione che fissa limiti e doveri nell'ambito dell'esercizio del diritto di cronaca. Il timore ch'egli abbia scordato la deontologia sovviene leggendo le dichiarazioni rilasciate martedì 6 agosto 2019:

Le riprese di minori sono state abbondantemente fatte e diffuse. Mi pongo il problema di come mai si facciano immagini di un minore, con nome e cognome. Faccio il giornalista, conosco la Carta di Treviso e l'etica che dovrebbe accompagnare il lavoro del giornalista soprattutto quando si espongono minori. Le immagini hanno fatto il giro del globo.

Il riferimento è al filmato realizzato dal giornalista Valerio Lo Muzio di Repubblica.it che il 30 luglio scorso, in spiaggia, a Milano Marittima, ha ripreso il figlio del vicepresidente del Consiglio su una moto d'acqua della Polizia di Stato italiana, guidata da un agente. Di Muzio, per la cronaca, è stato bloccato e identificato dalla polizia in spiaggia. Il filmato è stato poi pubblicando coprendo totalmente il volto del figlio del vicepremier, minorenne.

Secondo Matteo Salvini pubblicare quella video-notizia avrebbe infranto la "Carta deontologica di Treviso", inclusa nel testo unico di deontologia dei giornalisti. Spieghiamo a grandi linee di che si tratta: è un complesso di norme nate per tutelare privacy e dignità dei minori che per un motivo o un altro finiscono all'attenzione della stampa, dai casi di cronaca nera ai successi nello sport.  Il giornalista deve – questo è il senso della Carta di Treviso e non è in discussione –  «considerare il diritto alla riservatezza del minore come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca e non pubblicare nomi, immagini o altri particolari in grado di condurre comunque alla loro identificazione». Quanto appena esposto è parte di una sentenza del 2012 del Garante della Privacy che ribadisce la tutela dei dati personali dei minori in ogni caso, anche se figli di personaggi pubblici.

Torniamo al nostro caso. Del filmato della corsetta in moto d'acqua a Milano Marittina, girato in esclusiva da Repubblica.it, non esistono altre versioni se non quelle che coprono in toto il volto del giovanotto-passeggero. Se qualcuno ha pubblicato il video relazionandolo al nome e cognome per esteso di uno dei figli del leader della Lega Nord,  beh, quel qualcuno ha violato le norme deontologiche. Ma non è accaduto. Sicuramente non è accaduto nella notizia ripresa da tutti, ovvero quella di Lo Muzio di Repubblica.

Occorre poi fare una riflessione a parte: le norme deontologiche che i giornalisti italiani sono tenuti a osservare sono state scritte (tranne forse la parte relativa alla cosiddetta ‘Carta di Firenze' sul lavoro precario) prima dell'avvento di internet, degli smartphone e dei social network. Dunque ignorano che con due clic un lettore possa trovare «Chi sono e come si chiamano i figli di Matteo Salvini» su qualsiasi motore di ricerca.
In tal senso sarebbe necessario – ed è l'Ordine dei Giornalisti che se ne dovrebbe far carico al più presto – aggiornare saggiamente alcune norme (non basta il comma g all'articolo 2, Titolo I del testo unico che estende il tutto ai social network…) e disporre un osservatorio sulle procedure, spesso invasive, che alcuni giornalisti utilizzano per trarre notizie da pubblicare. Ma questa è un'altra storia.

Matteo Salvini ha mai violato la deontologia giornalistica?

Così come un'altra storia  è quella del Matteo Salvini giornalista-politico-influecer sui social. Quante volte avrebbe potenzialmente, da giornalista, violato le norme deontologiche? Potremmo ricordare le più recenti. Lo «zingaraccia» pronunciato dal vicepremier tv come reazione agli insulti di una donna oltre ad essere una affermazione sguaiata e indegna è in violazione della Carta di Roma, il protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti.

E vogliamo parlare delle allusioni contro lo stesso giornalista di Repubblica Lo Muzio? «Vada a riprendere i bambini, lei che è specializzato e le piace tanto. Vada a riprendere i bambini in spiaggia» ha dichiarato il ministro dell'Interno il 1 agosto, incalzato sulla vicenda moto d'acqua dallo stesso autore delle riprese. Ciò potrebbe essere  violazione dell'articolo 1 del testo unico che invece impone di «promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori».
Infine, il caso forse più grave: nel novembre 2018 Matteo Salvini pubblicò sui suoi social, senza oscurarle, la foto di alcune ragazze al “No Salvini day” di Milano rendendole bersaglio di insulti d'ogni tipo.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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