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Covid 19

Martina a Fanpage.it: “Incentivare i contratti a 30 ore, così lavorano tutti e nessuno va a casa”

Il deputato Pd Maurizio Martina in un’intervista a Fanpage.it ha illustrato la proposta presentata a gennaio con altri deputati dem, divenuta ancora più urgente con la crisi innescata dal coronavirus: incentivare la riduzione dell’orario lavorativo, riducendo il salario. “È uno strumento in più per le imprese, che ha un unico obiettivo: ridistribuire il tempo di lavoro per limitare la disoccupazione”, ha spiegato.
A cura di Annalisa Cangemi
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Una proposta di legge depositata dai deputati dem Stefano Lepri, Maurizio Martina, Andrea Orlando, Debora Serracchiani e Chiara Gribaudo punta a incoraggiare le aziende a ridurre l'orario lavorativo, attraverso incentivi, riducendo il salario dei dipendenti. Una possibile risposta alla crisi innescata dalla pandemia di Covid-19. La proposta verte su quattro punti: contratti stabili meno costosi fino a 30 ore settimanali, incentivi ai part-time volontari, penalizzazione fiscale delle ore di straordinario oltre una certa soglia, part-time come prassi nel pubblico impiego. Quattro misure che potrebbero portare anche 750mila occupati in più all'anno per un costo di 2,8 miliardi a regime. Abbiamo intervistato il deputato del Pd Maurizio Martina, che ci ha illustrato la proposta, che è stata presentata a gennaio, prima che scoppiasse la crisi sanitaria.

Da dove nasce l'idea?

La proposta nasce da un'analisi che abbiamo fatto, comparando l'esperienza italiana con quella di altri Paesi in Europa, riconoscendo che il tema della ridistribuzione dei tempi di lavoro è una questione aperta da tempo anche in Italia. Abbiamo guardato molto al modello tedesco, e a gennaio abbiamo messo nero su bianco un'idea, che è diventata, con l'emergenza sociale ed economica legata al Covid-19, un tema ancora più pressante. Perché adesso a maggior ragione tutti vorremmo che la torta del lavoro si allargasse il prima possibile e per tutti. Il tema della ricerca di meccanismi incentivanti per ridistribuire il lavoro e tenere nel mondo del lavoro più persone possibile, per combattere la disoccupazione, si ripropone oggi in maniera ancora più urgente. Ma è una proposta aperta, non a caso l'abbiamo depositata in Parlamento nei primi giorni di gennaio, prima che esplodesse la pandemia.

Perché un'azienda dovrebbe ritenere conveniente un contratto con meno ore?

Ci sono alcuni punti che è bene chiarire: intanto noi non proponiamo modifiche ai tempi di lavoro previsti dai contratti vigenti e al relativo stipendio di chi già lavora con un contratto a tempo indeterminato. Stiamo parlando solo di assunzioni nuove. Poi le nuove assunzioni, a tempo indeterminato, possono essere a tempo pieno, ma se sono a 30 ore prevedono un incentivo per il datore di lavoro e per il lavoratore. In altre parole noi proponiamo un meccanismo incentivante per chi sceglie di fare un contratto a 30 ore, facendo in modo che ci guadagni tanto il lavoratore quanto l'impresa. Terzo punto: solo se lo sceglie il dipendente può passare a part-time, volontariamente e con un incentivo. Il quarto punto è un tetto per le ore di straordinario, visto che in Italia abbiamo visto che se ne fanno più che altrove. Quindi cercare di fissare un tetto può servire a ridistribuire quel lavoro, evitando che il lavoro straordinario sia portato avanti da pochi, lasciando molti esclusi da un percorso contrattuale.

Ci può fare un esempio? A quanto ammonta l'incentivo?

L'incentivo equivale al taglio di quattro punti del cuneo fiscale sul lavoro, che passerebbe dal 33 al 29%. Questo vantaggio di quattro punti verrebbe ridistribuito equamente fra lavoratore e impresa (due punti a sostegno dell'azienda e due punti a sostegno del dipendente). Su uno stipendio di 2mila euro lordi stiamo parlando di uno ‘sconto' di 80 euro al mese, quindi 800-900 euro all'anno. Nel panorama del mercato del lavoro in crisi è uno strumento in più che si può mettere a disposizione delle imprese e dei lavoratori con un unico obiettivo: ridistribuire il tempo di lavoro per limitare la disoccupazione. Dobbiamo fare in modo che le aziende non licenzino, e i lavoratori non vadano a casa.

Stimate 750mila occupati in più con un costo di 2,8 miliardi. Come sono stati calcolati?

Sono proiezioni, che sono abbastanza realistiche, se tutte le aziende assumessero con le risorse che si liberano con il taglio delle ore. È una stima fatta dal collega Stefano Lepri, sulla base del costo del lavoro, del costo dei contratti. Di questi 750mila, 150 mila arriverebbero dalla defiscalizzazione dei contratti a 30 ore e del part-time volontario, altri 100mila arriverebbero dalla ‘quota 30' che noi proponiamo per la Pubblica amministrazione, perché immaginiamo di introdurre un nuovo standard orario settimanale per i nuovi assunti della Pa. E almeno 500mila arriverebbero dal disincentivo delle ore di straordinario.

Perché in Italia la produttività è più bassa rispetto alla Germania, anche se da noi si lavora di più?

È uno dei temi storici del modello italiano. Noi soffriamo di bassa produttività nonostante lavoriamo più di quanto non si faccia in altri Paesi Ue. Non pretendiamo affatto di risolvere questa grande questione solo con una proposta del genere. Saremmo velleitari e non ci interessa fare propaganda. Ma io sono convinto che oggi più che mai si impone una riorganizzazione dei tempi di lavoro e dobbiamo avere la forza di provare ad aprire delle vere sperimentazioni su questo fronte. Con un contratto a 30 ore si aiuterebbero anche tanti genitori, che in questi giorni stanno sollevando il problema della gestione dei figli che non vanno a scuola. Uno strumento del genere potrebbe portare sollievo a tante famiglie, che potrebbero meglio conciliare tempi di vita e tempi di lavoro.

Perché l'idea di ridurre il lavoro a parità di salario, come proponeva la ministra Catalfo, non funziona?

Io sarei anche d'accordo. Se fosse fattibile ridurre le ore di lavoro mantenendo intatto lo stipendio firmerei subito. Purtroppo non penso sia realizzabile, non ci sono le condizioni. Per le imprese, in una situazione come quella che stiamo affrontando, sarebbe praticamente impossibile dire di sì. È più realistico aprire invece un sistema volontario e incentivante per i nuovi contratti, con un meccanismo di intesa tra lavoratore e impresa, che possa andare incontro a diverse esigenze. Vedremo se ci sarà spazio nelle prossime settimane per portare questa proposta all'attenzione della discussione parlamentare e poi anche del governo. A noi interessa primariamente aprire una discussione seria su questo tema.

La regolarizzazione temporanea di circa 400mila stranieri che lavorano nel settore agricolo e come badanti e colf sarà nel testo definitivo del dl Rilancio?

Io penso che a questo punto vada fatto un atto serio di emersione del lavoro a partire dal lavoro agricolo e dal lavoro domestico, con dei permessi legati ai contratti di lavoro, stabili, a tempo, rinnovabili. Aspettiamo il testo finale, è più utile di commentare le indiscrezioni delle parti. Serve un atto forte che garantisca legalità, dignità e sicurezza. Sono fiducioso, penso che si possa fare. Da ex ministro del'Agricoltura so che noi abbiamo bisogno di fare questo passo, anche per garantire tante nostre filiere di qualità in un settore cruciale come quello dell'alimentare. Se si riduce ancora la manodopera per le raccolte non possiamo poi stupirci se aumentano i prezzi. Spero si guardi all'interesse del Paese più che agli equilibri tra le forze politiche.

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