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Mare Jonio, procura chiede archiviazione per Luca Casarini e per il comandante Marrone

La procura di Agrigento ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sul caso della Mare Jonio, nave della Ong Mediterranea Saving Humans. Nell’indagine sono coinvolti il capo missione Luca Casarini e il comandante Pietro Marrone che si rifiutò di spegnere i motori. Adesso spetterà al gip decidere se archiviare o meno le indagini.
A cura di Annalisa Cangemi
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La Procura di Agrigento, secondo quanto ha appreso l'Adnkronos, ha chiesto al gip l'archiviazione per Luca Casarini e Pietro Marrone, rispettivamente capo missione e comandante della nave Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans, che è ancora ferma, al porto di Licata, per effetto di un sequestro amministrativo, come vi abbiamo raccontato qui.

I due volontari della piattaforma umanitaria sono indagati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e per il mancato rispetto di un ordine dato da una nave militare. Nel marzo 2019 il comandante Marrone non aveva obbedito all'alt intimato dalla Guardia di Finanza durante la traversata con a bordo 49 persone. La Procura aveva iscritto i due nel registro degli indagati e sequestrato la nave.

A bordo della nave c'erano uomini e minori non accompagnati provenienti da Camerun, Gambia, Guinea, Nigeria, Senegal e Benin. Tra questi anche in gambiano sceso a terra per primo per le precarie condizioni fisiche. Casarini era stato iscritto qualche giorno dopo il comandante quando venne ascoltato dal procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, e dal pubblico ministero Cecilia Baravelli. I pm interruppero l'interrogatorio di Casarini come persona informata dei fatti. Pietro Marrone nei mesi scorsi aveva scritto anche un libro sulla vicenda intitolato ‘Io non spengo nessun motore'. "Le linee, nel Mare, non si vedono. Quando le attraversi però lo capisci, senti che ci sono. I confini no, quelli non esistono, sono tutti mentali", scriveva il comandante, nato da una famiglia di pescatori di Mazara del Vallo. Sarà adesso il gip a decidere sulla richiesta avanzata dalla Procura.

Le reazioni del team di Mediterranea

"Ricordo che quella di Mare Jonio fu una missione fondamentale, era stata la prima volta dopo mesi in cui il diritto era stato sovrastato dagli hashtag e i tweet dell'ex ministro dell'Interno. In quella occasione una nave della società civile era entrata in porto nel minor tempo possibile facendo quello che doveva fare e oggi questo viene riconosciuto anche per via giudiziarie", ha detto detto all'Adnkronos Alessandta Sciurba, portavoce di Mediterranea Saving Humans.

"Abbiamo fatto il nostro dovere i quella occasione – ha aggiunto Sciurba – è una richiesta che dà riscontro oggettivo a quello che abbiamo sempre saputo e conferma il fatto che negli ultimi due anni le navi della società civile hanno avuto questo ruolo: difendere la vita umana e la vita di tutti in un Mediterraneo in cui i governo non hanno difeso la vita umana ma hanno oltraggiato il diritto delle persone".

"Era stata la prima volta in cui una nave della società civile era entrata in porto seguendo il diritto e non avendo paura delle minacce", ha ricordato Sciurba. E sull'odine di alt della Guardia di Finanza ha detto: "Ricordo semplicemente che quell'ordine era incompatibile con il dovere di un comandante di mettere in sicurezza dell'equipaggio come prioritàChi diede quell'ordine alla Guardia di Finanza?…".

"Apprendiamo che la Procura di Agrigento ha chiesto l'archiviazione delle indagini a nostro carico, aperte dopo il salvataggio del 18 marzo dell'anno scorso di 50 persone che rischiavano di morire in mare. Accogliamo questa notizia con soddisfazione ma ne eravamo sicuri: solo la logica perversa di qualche politicante ha trasformato il soccorso in mare in un possibile reato". Lo hanno affermato in una nota congiunta Luca Casarini e Pietro Marrone.

"Noi abbiamo sempre creduto invece che i crimini contro l'umanità li commette chi fa morire in mare o nei lager libici donne uomini e bambini. Un giorno saranno anche i tribunali della storia ad affermarlo. Non abbiamo mai smesso di operare nei nostri ruoli di comandante e capo missione nelle operazioni di soccorso in mare con Mediterranea. Adesso attendiamo con fiducia che anche gli altri due comandanti e capi missione di Mediterranea ancora sotto indagini per aver fatto quello che abbiamo fatto noi, siano completamente prosciolti – hanno detto ancora – Non aspettiamo altro che poter tornare in mare, per fare quello che è giusto. Le nostre navi sono ancora sotto sequestro, e questa è una vergogna che deve finire".

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