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Marco Cappato è in Svizzera con un uomo malato di Parkinson che ha chiesto il suicidio assistito

Marco Cappato è di nuovo in Svizzera, dove ha accompagnato un uomo con una grave malattia neurodegenerativa per ricorrere al suicidio assistito. Il signor Romano, però, non è “tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale”, perciò Cappato sarà nuovamente indagato al suo ritorno.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Marco Cappato è di nuovo in Svizzera per dare aiuto a un uomo che ha chiesto di accedere al suicidio assistito. Il tesoriere dell'Associazione Coscioni è già oltre confine, con lui e la sua famiglia, in una clinica. Il signor Romano è affetto da Parkinsonismo atipico, non ancora dipendente da trattamenti di sostegno vitale. La storia viene raccontata dalla moglie dell'uomo, che si trova con lui e Cappato in Svizzera: "Mio marito Romano è affetto da una grave malattia neurodegenerativa, una forma di Parkinson molto aggressiva che gli ha paralizzato completamente gli arti e che ha prodotto una disfagia molto severa che lo porterà a breve a una alimentazione forzata".

"Quando a inizio luglio Romano ha espresso in maniera molto responsabile e consapevole il desiderio di interrompere questa lunga sofferenza, ci siamo rivolti per informazioni all’Associazione Luca Coscioni e abbiamo chiesto aiuto anche a Marco Cappato – dice la donna nel video registrato ieri sera – Tutto questo per evitare problemi legali visto che nel nostro paese non esiste un quadro legislativo chiaro sulla scelta del fine vita che è un diritto fondamentale dell’uomo. Adesso dopo un lungo viaggio molto faticoso per Romano, siamo arrivati in Svizzera e stiamo aspettando la visita del dottore. Se Romano davanti al dottore confermerà la sua decisione consapevole e responsabile già espressa, da domani sarà libero di porre fine alle sue sofferenze". Il suicidio assistito, perciò, dovrebbe avvenire oggi.

Per Cappato si tratta di un nuoto atto di disobbedienza civile: "Sono di nuovo in Svizzera per fare valere quello che dovrebbe essere un diritto fondamentale", spiega l'attivista. "Dal momento che la persona accompagnata non è ‘tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale', quindi, come la 69enne veneta Elena Altamira", malata terminale di cancro morta in Svizzera la scorsa estate con suicidio assistito, "non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo per l'accesso al suicidio assistito in Italia". Perciò è un nuovo atto di disobbedienza civile: "L'obiettivo è superare le attuali discriminazioni tra persone malate e consentire il pieno rispetto della volontà anche delle persone affette da patologie irreversibili, fonte di sofferenza, pienamente capaci ma non ancora tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale", conclude. Dopo la morte di Elena, Cappato è tornato in Italia autodenunciandosi. Si è autodenunciato ed è stato sentito dai pm di Milano nelle scorsa settimane perché indagato per aiuto al suicidio.

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