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Opinioni
Lobby Nera: inchiesta sulla destra neofascista

Lobby Nera, due o tre cose per chi dice che “tanto si sapeva già”

Ogni volta che si mostrano i rapporti tra i partiti di destra che siedono in parlamento e gli estremisti nostalgici del fascismo o del nazismo, è una corsa a dire che era tutto già noto, che non ci sono novità. Un’acquiescenza complice, questa, che ha permesso agli estremisti di proliferare e di infiltrarsi ovunque. È ora di cambiare.
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Tanto si sapeva già, dicono quelli che la sanno lunga, dopo le due puntate dell’inchiesta “Lobby Nera” del team Beackstair di Fanpage.it, quella in cui un nostro giornalista si è finto uomo d’affari per entrare nella galassia neo fascista milanese e raccontare i suoi rapporti con i partiti della destra istituzionale.

Tanto si sapeva già, dicono loro, chi fosse il “barone nero” Roberto Jonghi Lavarini, che nel 2014 rilasciava interviste in cui si definiva il fascismo una “splendida epoca” e Mussolini “troppo buono”, il tutto condito da espressioni antisemite. Si sapeva già, ma Fratelli d’Italia lo candidò comunque nel 2018 alla Camera dei Deputati, il fascista e antisemita Jonghi Lavarini. Si sapeva già, ma anche dopo essere stato condannato per apologia di fascismo e istigazione all’odio razziale, Jonghi Lavarini continua a fare campagna elettorale per Fratelli d’Italia assieme al suo figlioccio politico Carlo Fidanza, e per i suoi candidati alle amministrative milanesi. Si sapeva già, ma solo adesso Giorgia Meloni si ricorda che non c’è spazio per gente come lui e Guido Crosetto passa un’intera puntata di Piazzapulita a storpiarne il nome per rimarcarne la totale estraneità.

Si sapeva già che dentro Fratelli d’Italia ci sono (anche) i nostalgici del fascismo, quello che Giorgia Meloni e i suoi rubricano da anni come folklore. Si sapeva già, e già si conoscevano personaggi come Elena Donazzan, l’assessora all’istruzione del Veneto che canta “faccetta nera” alla radio, o come Francesco Acquaroli, attuale presidente della Regione Marche, che il 28 ottobre del 2019, anniversario della Marcia su Roma, partecipa a sua insaputa a una cena in ricorda della marcia su Roma, con tanto di menù con citazioni su Mussolini. Evidentemente, si sapeva già anche che Carlo Fidanza e i suoi candidati al Comune di Milano usano sorridere nelle fotografie mentre dicono il cognome dell’unico giornalista italiano sotto scorta per le minacce dei nazifascisti, Paolo Berizzi. Che uno dei consiglieri eletti, Francesco Rocca, conclude i suoi comizi al grido di “Boia chi molla”. Che la sua collega Chiara Valcepina, tra un saluto romano e uno gladiatorio, annuisce divertita a chi propone di affondare con le bombe le barche piene di migranti. Si sapeva già da anni, evidentemente, ma Carlo Fidanza l’hanno autosospeso dopo che gliel’abbiamo fatto vedere. Chissà perché non l’hanno fatto prima, o perché hanno candidato comunque Rocca e Valcepina, se lo sapevano già. E chissà perché oggi che lo sanno, non li sbattono fuori a calci da Fratelli d’Italia.

Gli episodi dell’inchiesta

Si sapeva già anche che i fascisti si sono infiltrati anche nella Lega, attorno al noto estremista di destra Mario Borghezio. Si sapeva già che lo fosse, ovviamente, ma intanto Borghezio è stato deputato leghista dal 1992 al 2001, eurodeputato dal 2001 al 2019 e pure sottosegretario alla Giustizia del primo governo Berlusconi, già che c’era. Si sapeva pure che attorno a lui giravano personaggi come Massimiliano Bastoni, consigliere regionale lombardo leghista affiliato al movimento di ispirazione neonazista Lealtà Azione, eletto con 2251 preferenze, che ancora oggi si definisce orgoglioso di essere fascista. Si sapeva, eppure nessuno nella Lega, o altrove, ha mai manifestato imbarazzo per le sue idee politiche. Si sapeva, e oggi si sa un po’ di più: attendiamo che qualcuno ne chieda conto a Matteo Salvini e ad Attilio Fontana. E che magari chieda conto pure degli estremisti di destra che lavorano per i consiglieri e gli eurodeputati leghisti, stipendiati dal consiglio regionale lombardo o dal parlamento europeo come ricompensa per avergli procacciato voti.

Si sapeva anche, apprendiamo, che Lealtà Azione distribuiva pacchi alimentari di una prestigiosa istituzione come in Banco Alimentare nelle periferie milanesi, facendo proselitismo e campagna elettorale con i santini dei candidati spillati alle buste. Si sapeva, e infatti ce lo ricordavano tutti quegli editoriali sulla destra che riesce a parlare al popolo. Si sapeva, ma evidentemente il Banco Alimentare se n’è accorto solo giovedì scorso. E il ministro Andrea Orlando pure, visto che ha annunciato un’ispezione del ministero del lavoro per fare luce sulla vicenda.

Si sapeva, infine, che i fascisti minacciano i giornalisti, come è accaduto al nostro collega Salvatore Garzillo dopo la pubblicazione della nostra inchiesta, come accade da anni a Paolo Berizzi e a tanti altri colleghi, nell’indifferenza della politica e dell’opinione pubblica. Ecco: tra le mille interviste rilasciate da Giorgia Meloni in questi giorni, tra una richiesta delle 100 ore di girato e l’altra, forse due parole di solidarietà per i giornalisti minacciati poteva pure trovarle. Ma anche questo, purtroppo, si sapeva già.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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