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Opinioni

Lega a Pontida: “Secessione non è più una parolaccia, vogliamo il condono fiscale e basta gay”

La vecchia, cara e omofoba Lega è tornata a Pontida per la prima volta dopo il Covid. L’invito di alcuni militanti è chiaro: “Gay nascondetevi”.
A cura di Saverio Tommasi
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Lega a Pontida 2022
Lega a Pontida 2022

Ho seguito la Lega a Pontida, non c'ero mai stato, il pratone non era completamente pieno come in altri anni e ci passeggiavi bene nel mezzo, però diamo alla Lega quel che è della Lega: così tante persone insieme il PD in questo periodo elettorale non è comunque in grado di radunarle neanche se il comizio l'organizza nel metaverso.
Magari le persone che vanno ad ascoltare Letta, però, non parlano di "gay contronatura" oppure di "tagliare l'Italia in due", anche questo è un fatto.


La cosa che più mi ha stupito a Pontida erano gli stand dalla Sicilia, i pugliesi presenti, quelli di Reggio Calabria,
moltissimi meridionali giunti appositamente al nord per fare il tifo per quelli che ancora – nel 2022 – chiamano parassiti proprio loro. Quelli che "voglio tagliare l'Italia" oppure "prima il nord", dichiarazioni virgolettate tra le tante similari raccolte. Una bandiera enorme che riprendeva il vecchio nome: "Lega nord", e poi la parola "secessione" che è tornata sulle bocche di tanti. Per dirla semplice: "Secessione non è più una parolaccia".

A Pontida erano presenti anche immigrati,  ve ne erano alcuni neri accanto ad autoctoni bianchi e padani rigorosamente di verde lega vestiti, questi ultimi che rivendicavano "porti chiusi perché non ne possiamo più degli immigrati" oppure "ruspe ruspe ruspe" o ancora erano fieri di avvicinarsi al mio microfono per dire "non possiamo mantenere gli africani".
In fondo, però, niente di cui stupirsi veramente: la Storia è piena di esempi di persone emarginate e perseguitate che si sono innamorate dei loro carnefici pensando così – inconsciamente – di essere accettate per il solo fatto di "diventare come loro". Ma non funziona così, anche se lo spirito di sopravvivenza e di adattamento spesso glielo fa credere.

E' sempre l'emarginazione subita la prima responsabile di ogni gesto non altrimenti spiegabile con la ragione.

"Gli immigrati vengono qui per delinquere", mi urla addosso un altro militante, e accanto a lui un altro leghista prende la parola: "La prima legge che vorrei è un bel condono per noi partite iva", e il primo gli dà ragione, senza accorgersi che era proprio lui, il suo compagno di partito, a non rispettare (probabilmente) le leggi; e non certamente qualche disperato che arriva qui per cercare una vita migliore rispetto alle condizioni di partenza, un sogno o due realizzati, magari anche avere la pancia più piena che vuota.

Vi racconto un altro fatto. Un uomo molto anziano, "padano di Bossi" come si era definito, mi aveva appena fatto una lunga tirata contro gli immigrati che "vengono qui ma sono troppi", e non ne poteva più perché "portano via il lavoro" eccetera eccetera. Mentre mi parlava era seduto, lo ero anche io, eravamo entrambi stanchi per la lunga giornata, lui vissuta da militante e io da giornalista. Prima di salutarsi mi dice "mi dispiace ho il telefono scarico, ti volevo far vedere il mio collega egiziano".
"E lui cosa avrebbe combinato?" gli chiedo.
"Mi chiama papà", mi risponde, "ho la sua foto nel cellulare, gli ho insegnato il mestiere, è davvero bravo".
"Ma scusa" dico io "mi hai appena parlato degli immigrati che non ne puoi più, che sono delinquenti, e ora hai la foto di questo egiziano nel cellulare e che mostri agli sconosciuti come un qualsiasi genitore con i propri figli?"
"Ma lui è bravo", mi dice.
"Ne sono convinto", dico io "ma semplicemente perché lui lo conosci e gli altri no".
Allora lui sta zitto, ci pensa e io sto per commuovermi, così la butto sul ridere: "Hai visto che non siete razzisti e stupidi? Smettetela di sforzarvi per farlo credere a tutti", e dicendo così me l'abbraccio e poi me ne vado.
Però questa storia mi è rimasta nel taschino e ho voluto raccontarvela, perché secondo me ha tanto da insegnarci, soprattutto se sapete leggere negli spazi e fra i silenzi.

Le prossime elezioni sembrano avviate a un esito scontato, ma le persone cambiano e mutano in fretta. Siamo fluidi anche senza pensare al gender, non scordiamolo. Ed è vero che quando un'idea si impianta nel cervello, neanche un'operazione riesce a toglierla, spesso neanche un buon libro, ma non sottovalutiamo mai il potere delle parole. Per quel che mi riguarda non si tratta di convincere qualcuno, tanto meno di farlo votare per un partito o per un altro. Io voglio soltanto dare valore alle storie, portandole a conoscenza. Restituire loro una prospettiva mostrandole da fuori, anche ai protagonisti, perché spesso – le proprie idee da fuori – hanno un'altra luce.
O almeno, così si dice dalle mie parti. Chissà se è vero.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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