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Opinioni

Le reazioni della destra alla pillola gratis sono ignoranti e sessuofobiche

L’Aifa ha dato il via libera alla gratuità della pillola anticoncenzionale e le reazioni della destra non si sono fatte attendere. Oltre a ostacolare l’aborto, ora arriva pure la condanna ai contraccettivi. Sembra che l’unica opzione possibile sia quella di fare figli, a tutti i costi e indipendentemente dalle circostanze, ma sempre alle condizioni del governo. Un natalismo ostinato e senza senso.
A cura di Jennifer Guerra
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Venerdì scorso il Comitato prezzi e rimborsi dell’Aifa ha approvato la gratuità della pillola anticoncezionale in Italia, oltre che della PrEP, la profilassi pre-esposizione per evitare le infezioni da Hiv. I due temi erano da tempo sul tavolo dell’autorità, che ha spiegato di aver preso la decisione “prima della scadenza del mandato e dell'arrivo della riforma dell'Agenzia, attesa per l'estate”. Parole che facevano trasparire di essere riusciti a prendere questa decisione sul filo del rasoio, nell’ultima finestra utile prima che il nuovo governo, che sui temi riproduttivi non è certamente all’avanguardia, sconvolgesse la struttura dell’Aifa.

E infatti le reazioni della maggioranza non si sono fatte attendere: la pillola gratis ostacola il progetto natalista del governo, è un regalo alle case farmaceutiche, deresponsabilizza i giovani, discrimina chi fa figli, e via dicendo. Ora secondo alcune indiscrezioni a queste affermazioni farà seguito un intervento del governo, che ha già in programma di centralizzare l’agenzia. Il presidente della commissione sanità e lavoro del Senato Francesco Zaffini, in quota Fratelli d’Italia, si è detto favorevole alla gratuità della pillola (ribadendo che “è meglio della pillola abortiva”, anche se sono due farmaci che non hanno niente a che fare l’uno con l’altro, visto che uno è un farmaco contraccettivo, l’altro abortivo), ma altri esponenti del partito sono contrari. In ogni caso, è probabile che sarà il nuovo consiglio d’amministrazione influenzato dal nuovo governo ad approvare (o non approvare) la modifica.

Tirando in ballo la questione della natalità, la destra si dimostra ancora una volta incapace di capire che le poche nascite in Italia non sono dovute all’uso dei contraccettivi, tra l’altro scarsamente utilizzati rispetto a Paesi europei con tassi di fertilità molto più alti del nostro, né al numero degli aborti, ma dalle circostanze economiche che rendono impossibili i progetti di genitorialità degli italiani. Non bastano i dati Istat sul gap tra figli avuti e desiderati a confermarlo, non bastano i dati sulla povertà, sull’occupazione femminile o sull’assenza dei servizi. L’importante è prendersela sempre con le imputate numero uno: le donne che non fanno figli, perché non vogliono ma anche perché non possono.

Pensare che ci sia una correlazione diretta tra gratuità della pillola e denatalità dimostra anche una profonda ignoranza rispetto ai motivi che spingono le donne ad assumere la contraccezione ormonale, che non riguardano solo le gravidanze indesiderate. La pillola viene prescritta anche per numerose patologie e sindromi, come l’endometriosi (che solo in Italia colpisce 3 milioni di donne) o la sindrome dell’ovaio policistico (5-10% delle donne in età fertile). Secondo gli ultimi dati a disposizione, risalenti al 2017, il 26% delle italiane assume la pillola e la percentuale si abbassa al 20 per quelle in una relazione stabile. In Francia, dove il tasso di natalità è di 1,83 figli per donna, le donne che usano la pillola sono quasi il doppio.

Ma al di là dei motivi, personali e insindacabili, per cui si può decidere di assumere la pillola, l’Italia è ancora un Paese di retroguardia per l’accesso alla contraccezione di ogni tipo. Il ricorso a metodi moderni come la pillola e il preservativo è inferiore a quello del Marocco e dell’Egitto e secondo l’Atlante europeo per l’accesso alla contraccezione, che misura reperibilità e diffusione delle informazioni, il nostro Paese si classifica tra le ultime posizioni con un punteggio di 59,3 su 100. Solo cinque anni fa, il ministero della Salute osservava che “nonostante un maggior ricorso a metodi moderni (soprattutto pillola e preservativo), non si può ancora affermare che in Italia sia stata compiuta in modo definitivo la rivoluzione contraccettiva, intesa come transizione verso una diffusione estesa di metodi moderni ed efficaci”.

Di fronte a questi numeri, è davvero difficile pensare che la gratuità della pillola ormonale sia una forma di deresponsabilizzazione. Pur in assenza di qualsiasi strumento educativo (in Italia non c’è l’obbligo di fare educazione sessuale nelle scuole e manca un sito istituzionale dedicato alla contraccezione e pensato per i giovani), il numero delle gravidanze adolescenziali resta basso e quello degli aborti è in costante diminuzione. L’accesso alla contraccezione, un diritto umano riconosciuto dalle Nazioni Unite, andrebbe favorito in ogni modo possibile e non è un caso se le associazioni di medici e ginecologi hanno accolto con grande favore la decisione dell’Aifa.

Anzi, l’invito è quello di estendere la gratuità ad altri metodi, come quelli a barriera, che servono a proteggere dalle infezioni sessualmente trasmissibili e a condividere la responsabilità contraccettiva nella coppia. Contraccezione gratuita significa controllo sul proprio corpo e più salute e ostacolarla, magari creando allarmismo sui pericoli della pillola (che anche in regime di gratuità, rimane un farmaco oggetto di prescrizione medica, e nessuno lo mette in dubbio) è un atteggiamento che nega la realtà.

Le reazioni della destra, oltre che profondamente ignoranti e sessuofobiche, dimostrano ancora una volta che il problema continua a essere la libertà di scelta, in ogni sua forma. Oltre a ostacolare l’aborto, a stigmatizzare il parto in anonimato, ora arriva pure la condanna ai contraccettivi. Sembra che l’unica opzione possibile sia quella di fare figli, a tutti i costi e indipendentemente dalle circostanze, ma sempre alle condizioni del governo. Un natalismo ostinato e senza senso, che difficilmente farà venir voglia a qualcuna di contribuire alla causa, pillola gratis o no.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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