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Perché l’Italia ha ancora un problema enorme con la contraccezione

L’Italia ha un problema enorme con l’accesso alla contraccezione: carenza di informazioni sulla sessualità e di consultori sono un problema da risolvere.
A cura di Jennifer Guerra
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L’Italia non fa abbastanza per garantire un accesso adeguato alla contraccezione. È questo il modo in cui si possono riassumere le conclusioni dell’Atlante della contraccezione realizzato dal Forum parlamentare europeo per i diritti sessuali e riproduttivi (Epf), che ogni anno valuta le politiche sulla contraccezione dei Paesi europei. Il nostro si classifica al ventiduesimo posto, con livelli simili a quelli di Turchia, Ucraina e Svizzera, e con un punteggio pari a 59,3 su 100. Non arriviamo nemmeno alla sufficienza, anche se il punteggio è migliorato di un punto rispetto al 2020, quando ci classificavamo ventiseiesimi. La carenza più grave, che ci distanzia molto dai nostri vicini Francia e Germania, è l’assenza di un sistema di rimborso per la contraccezione ormonale, cioè la pillola, nonché di informazioni accessibili sulla contraccezione offerte dai siti istituzionali.

A completare la fotografia sul rapporto degli italiani con la contraccezione c’è l’Atlante italiano curato da Aidos, che ha combinato i dati dell’Epf con l’analisi dell’Istat “La salute riproduttiva della donna”, che ormai risale al 2017. L’immagine restituita da questi report è quella di un Paese ancora arretrato sul fronte della contraccezione, dove la sessualità resta ancora un tabù. Il 20% degli italiani usa ancora il coito interrotto come metodo contraccettivo, sebbene sia efficace soltanto nel 22% dei casi e soprattutto non protegga dalle infezioni sessualmente trasmissibili (Ist). Proprio su questo punto l’Italia si trova ad affrontare una vera e propria crisi epidemiologica: dal 2005 al 2019, le segnalazioni all’Istituto superiore di sanità di nuovi casi di Ist sono aumentate del 41,8% rispetto al periodo 1991-2004. Si tratta di una stima al ribasso, dal momento che solo gonorrea, sifilide e pediculosi del pube prevedono l’obbligo di segnalazione all’Iss. Ad aumentare sono soprattutto i casi di gonorrea, raddoppiati negli ultimi cinque anni, e di clamidia, aumentati di quasi quattro volte tra il 2008 e il 2019.

Le ragioni di questo incremento, che interessa soprattutto gli uomini, si spiegano proprio ricorrendo a una delle voci in cui l’Italia ha ottenuto il punteggio più basso nell’Atlante: la presenza, o in questo caso sarebbe più opportuno parlare di assenza, di informazioni sulla salute sessuale. Secondo lo Studio nazionale fertilità, quasi il 90% degli adolescenti cerca informazioni di questo tipo su internet, dove non solo è alto il rischio di incorrere in notizie errate, ma è anche difficile consultare i siti ministeriali. Il dato non deve stupire: l’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa a non prevedere l’obbligo di educazione sessuale nelle scuole, insieme a Bulgaria, Cipro, la Lituania, Polonia e Romania. Un altro luogo di educazione alla sessualità consapevole dovrebbe essere il consultorio, dove tra l’altro i minori sono assistiti gratuitamente, ma il 70% degli adolescenti non vi ha mai messo piede. Questi presìdi, che svolgono una funzione fondamentale per la salute pubblica, sono sempre meno: istituiti nel 1975, sono solo 1800, metà di quelli previsti dalla legge, e spesso hanno poco personale o mancano di attrezzature cruciali come l’ecografo.

Eppure i consultori potrebbero giocare un ruolo importante anche per l’altra carenza strutturale dell’accesso alla contraccezione in Italia: la gratuità o il rimborso della pillola anticoncezionale. La pillola è usata dal 20,6% delle italiane, che ogni anno affrontano una spesa tra i 100 e i 200 euro. Com’è noto, la pillola non serve solo a non rimanere incinte, ma viene prescritta anche per alleviare i sintomi di sindromi o patologie come l’endometriosi o l’ovaio policistico. Fino al 2017, l’Aifa considerava alcune pillole di vecchia generazione come medicinali mutuabili, ma a seguito di una riclassificazione anche quest’ultime sono diventate a pagamento. Se è vero che si trattava solo di poche tipologie di medicinali, la pillola gratuita rappresentava un’importante risorsa per le fasce più vulnerabili della popolazione. Tolta questa possibilità, come denunciava all’epoca il Sindacato dei medici di famiglia, l’aborto resta l’unica prestazione anticoncezionale rimborsata dallo Stato.

Per fare un confronto con gli altri Paesi, in Germania la pillola è gratis fino ai 19 anni e i dispositivi a lungo termine come la spirale sono rimborsati. In Francia, Paese che nell’Atlante è al primo posto a pari merito con Belgio e Regno Unito, la contraccezione orale è gratuita fino ai 25 anni e per le categorie a rischio povertà e la spirale è rimborsata. A dire il vero, alcune regioni e città italiane offrono già contraccettivi gratuiti: in Toscana, ad esempio, gli anticoncezionali ormonali, il profilattico e i dispositivi intrauterini e sottocutanei, sono gratis fino ai 25 anni, per chi ha un reddito basso o per le donne che hanno partorito o interrotto una gravidanza da meno di 24 mesi, oltre che per gli studenti universitari. Oltre alla Toscana e alla Puglia, che lo faceva già dal 2008, anche Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Marche hanno firmato delibere per avviare la distribuzione di contraccettivi, anche se resta il problema della cattiva distribuzione dei consultori sul territorio. Queste disparità territoriali potrebbero essere facilmente risolte introducendo il ticket per alcune pillole, come si faceva prima del 2017, ma la proposta sembra essere stata dimenticata.

Come è stato sottolineato dagli eurodeputati Fred Matic e Sophie in ‘t Veld nella relazione di presentazione dell’Atlante della contraccezione, “avere accesso a una contraccezione economica e facile da ottenere è un diritto basilare per una democrazia moderna”. Purtroppo questo non accade ancora in Italia, alimentando il circolo vizioso del silenzio sulla sessualità.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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