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L’allarme di Gimbe: “Meno pazienti negli ospedali non significano che l’emergenza Covid sia finita”

“Non bisogna confondere il progressivo decongestionamento degli ospedali con l’azzeramento delle ospedalizzazioni. Alcune Regioni non conteggiano nemmeno più tra i pazienti ospedalizzati quelli con negativizzazione del tampone, sottostimando complessivamente il carico ospedaliero correlato a COVID-19”, afferma Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, sottolineando che anche se i pazienti contagiati dal coronavirus che si trovano ricoverati in ospedale sono sempre meno, ciò non significhi che il virus abbia smesso di circolare sul nostro territorio.
A cura di Annalisa Girardi
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Negli ospedali ci sono sempre meno pazienti ricoverati negli ospedali a causa del coronavirus: ma ciò non vuol dire che l'infezione abbia smesso di circolare. La fondazione Gimbe, un think tank che si occupa di ricerca in ambito medico e scientifico, lancia l'allarme evidenziando come il numero dei nuovi casi si stia mantenendo costante, confermando una diffusione endemica con forti differenze regionali. Dei 12.248 attualmente positivi, il 57,2% si trova infatti in Lombardia, mentre il 29,5% si distribuisce tra Emilia Romagna, Lazio, Piemonte e Veneto. Nel resto delle altre Regioni si trova invece il 13,3% dei contagiati. Per questa ragione, continua la fondazione, proprio perché il Covid-19 non se n'è ancora andato dal nostro territorio, rimane fondamentale continuare a rispettare tutte le misure di sicurezza. Allo stesso tempo è importante identificare e isolare tempestivamente i focolai e potenziare l'attività di testing per individuare subito i positivi di rientro dall'estero e arginare nuovi possibili contagi.

"Il carico ospedaliero da Covid è sottostimato"

Per quanto riguarda la settimana tra il 15 e il 21 luglio, il monitoraggio indipendente di Gimbe rileva uno "stabile incremento dei nuovi casi". Questi, in totale, sono stati 1.408: nella settimana presa in esame sono morte 89 persone. Si sono liberati 45 posti letto negli ospedali di cui 11 in terapia intensiva. Il numero di tamponi effettuati negli ultimi sette giorni subisce una lieve flessione: in totale ne sono stati fatti 137 in meno della settimana precedente, e quelli diagnostici in particolare sono stati 1.247 in meno. "In questo contesto non bisogna confondere il progressivo decongestionamento degli ospedali con l’azzeramento delle ospedalizzazioni", spiega Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe. "Infatti, i dati su pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva si riferiscono al numero dei posti letto occupati, ma non permettono di conoscere il numero di pazienti ricoverati e dimessi, per guarigione o decesso. Inoltre, alcune Regioni non conteggiano più tra i pazienti ospedalizzati quelli con negativizzazione del tampone, sottostimando complessivamente il carico ospedaliero correlato a COVID-19".

Le differenze tra le Regioni

Come anticipato rimane stabile il numero di nuovi casi registrati nell'ultima settimana rispetto a quella precedente, ma si registrano importanti differenze regionali. In 11 Regioni i nuovi casi sono in aumento, in 8 sono in diminuzione e in 2 sono stabili. In particolare, Gimbe sottolinea l'incremento registrato in Veneto, con 172 nuovi contagi. In Lombardia invece, pur rimanendo il territorio più colpito, questi diminuiscono (-184).

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"In quanto indicatore della diffusione del contagio abbiamo valutato la distribuzione geografica dei 12.248 casi attivi al 21 luglio, ovvero i casi “attualmente positivi” secondo la denominazione della Protezione Civile", aggiunge Cartabellotta. Se si confrontano i nuovi casi con la popolazione residente, le Regioni che nella settimana presa in esame registrano il maggior incremento ogni 100 mila abitanti sono Emilia Romagna, Veneto, Liguria e Lombardia.

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"Va potenziato il testing negli aeroporti"

Dalla lettura dei dati emerge un quadro epidemiologico di circolazione endemica del virus, afferma Gimbe, spiegando che gli incrementi degli ultimi giorni siano nello specifico legati ai nuovi focolai e ai casi di rientro dall'estero. "Per la gestione ottimale di questa fase dell'epidemia restano indispensabili tre strategie", sottolinea Cartabellotta. "Innanzitutto, mantenere i comportamenti individuali raccomandati: dalle misure di igiene personale al distanziamento sociale, dall’uso della mascherina nei luoghi pubblici chiusi, o all’aperto quando non è possibile mantenere la distanza minima di un metro, all’evitare gli assembramenti. In secondo luogo continuare con la rigorosa sorveglianza epidemiologica per identificare e isolare i focolai". Infine, per il presidente della fondazione è importante "potenziare l’attività di testing negli aeroporti per arginare i casi di rientro".

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