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La scissione del Pd è realtà: gruppi renziani alla Camera e al Senato

La fuoriuscita di Matteo Renzi e dei suoi fedelissimi è vicina: sia alla Camera che al Senato un ristretto numero di deputati e senatori dovrebbe lasciare molto presto il gruppo parlamentare dem per creare una nuova componente del Misto a Palazzo Madama e un gruppo autonomo a Montecitorio. E la decisione potrebbe essere annunciata molto prima del previsto.
A cura di Stefano Rizzuti
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La scissione è ormai quasi cosa fatta. Le conferme arrivano da più parti: Renzi e i renziani sono pronti a formare un nuovo gruppo alla Camera e al Senato, staccandosi così dal Pd. E senza neanche aspettare la Leopolda, prevista a partire dal 18 ottobre. La scissione si fa subito, qualcuno dice già tra stasera e domani. O, comunque, in settimana. Almeno in Parlamento. Poi il processo che potrebbe portare a un vero e proprio distacco dal Pd potrebbe trovare il suo compimento proprio alla Leopolda. Ieri Matteo Renzi ha mandato avanti i due protagonisti dei suoi Comitati civici, Ettore Rosato e Ivan Scalfarotto, a dire che si tratta di una “separazione consensuale”. Lettura non condivisa né accettata dal segretario Nicola Zingaretti e da Dario Franceschini.

I nuovi gruppi sono ormai quasi fatti. Alla Camera siamo tra i 18 e i 20 esponenti, al Senato il numero sembra oscillare tra i sei e un massimo di dieci. L’obiettivo è anche quello di guardare oltre il Pd, dando un’occhiata più verso il centro: sia guardando più a destra con Forza Italia sia guardando a +Europa. Per ora i gruppi renziani non si ingrossano di molte adesioni. La corrente nata dal renzismo di Base riformista non partecipa. E, anzi, si appella a Renzi chiedendo di non andare avanti nella sua operazione. Renzi si dovrebbe appoggiare sul lavoro svolto in occasione delle primarie da un’altra corrente, quella di Roberto Giachetti e Anna Ascani, entrambi in uscita dal gruppo dem con l’ex presidente del Consiglio.

Per provare a chiudere la partita senza fuoriuscite drammatiche il Pd sta intanto pensando di dare la presidenza a un'esponente di spicco renziana, come Maria Elena Boschi. L’alternativa potrebbe essere Roberto Giachetti. Anche se per qualcuno potrebbe essere troppo tardi per una mossa del genere. Il dado è tratto, affermano in tanti. Poi c’è da capire cosa sarà questo nuovo movimento renziano: non un vero partito, almeno per il momento. Non c’è l’idea di presentarsi autonomamente alle prossime elezioni regionali. Per ora, invece, si pensa a una struttura basata sui Comitati civici di Rosato e Scalfarotto.

Il gruppo renziano alla Camera

Alla Camera dei deputati il gruppo potrebbe nascere molto presto. C’è chi dice tra stasera e domani e chi pensa che comunque si chiuderà in settimana e non oltre. A Montecitorio ci dovrebbero essere i numeri per formare un gruppo autonomo: servono 20 deputati e l’obiettivo sembra raggiungibile nell’immediato. I nomi che circolano con insistenza per il nuovo gruppo sono sempre gli stessi: ci sarebbero Ascani e Scalfarotto come rappresentanti presenti anche nel governo; a loro si aggiungerebbero Giachetti, Rosato, Boschi, ma anche Luigi Marattin che potrebbe essere il capogruppo. Ancora, quasi certa la presenza di Anzaldi, Fregolent, Del Barba, Migliore, Nobili e Mor.

Il gruppo renziano al Senato

Al Senato non ci sarà un gruppo autonomo: l’ala renziana sarà una componente di peso del gruppo Misto. E, così come alla Camera, garantirà (per ora) fedeltà al governo Conte bis. I nomi al Senato sono meno, si parla di sei uscite certe, tra cui quella dello stesso Renzi, accompagnato da Bonifazi e Faraone: a loro si aggiunge anche Teresa Bellanova, con il compito di guidare la delegazione renziana al governo dal ministero dell’Agricoltura. C’è poi un’altra partita, quella sull’attuale capogruppo del Pd Andrea Marcucci. Nel caso in cui le uscite dai dem siano molte ci sarebbe il rischio che Marcucci perda la maggioranza all’interno del gruppo parlamentare del Pd: in tal caso sarebbe destituito e non ricoprirebbe più questo delicato ruolo. I voti renziani a Palazzo Madama, quindi, servono anche per fare pressione dall’interno del Pd.

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