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La Guardia costiera libica minaccia un aereo di Sea Watch: “Andate via o vi spariamo con i missili”

Video, foto e audio pubblicati dalla Ong mostrano uno scambio via radio tra l’aereo Seabird, che abitualmente segnala imbarcazioni in difficoltà, e una motovedetta libica. “Andatevene dal territorio libico o vi spariamo”, la minaccia.
A cura di Luca Pons
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(credits: Fiona Alihosi)
(credits: Fiona Alihosi)

La cosiddetta Guardia costiera libica avrebbe minacciato di colpire con dei missili terra-aria l'aereo di ricognizione Seabird, legato alla Ong Sea Watch, che fornisce soccorso marittimo nel Mediterraneo. L'organizzazione lo denuncia con un video, pubblicato sui social, in cui si sente anche lo scambio tra l'aereo e la motovedetta libica, avvenuto via radio.

"Uscite dal territorio libico, altrimenti vi spareremo con missili terra-aria", dice in inglese un uomo a bordo della nave. La risposta del Seabird è: "Per favore, sappiate che vi trovate all'interno dell'area di ricerca e soccorso europea. Vi trovate all'interno dell'area di ricerca e soccorso europea. Queste non sono acque territoriali libiche, ripeto, queste non sono acque territoriali libiche. Passo". La risposta è nuovamente "andatevene, altrimenti vi spariamo".

Nella versione integrale della conversazione via radio, durata poco più di 2 minuti, la nave della Libia ignora Seabird per circa 30 secondi prima di chiedergli di uscire dal "territorio libico". La minaccia di sparare, poi avviene tre volte, seguita dal silenzio radio. L'aereo ha poi continuato a circolare attorno alla nave, senza che gli venissero rivolti degli spari.

Lo scambio è avvenuto il 25 ottobre, come riporta Sea Watch, dopo che l'aereo della Ong aveva avvistato un gommone con circa 70 persone a bordo, in condizioni di pericolo. Poco dopo è arrivata una motovedetta libica. Il gommone però, secondo Sea Watch, si trovava nella zona di ricerca e soccorso di Malta.

È a questo punto che, visto l'aereo Seabird, i libici gli hanno ordinato di lasciare la zona, minacciando di sparare missili terra-aria. L'ipotesi della Ong è che volessero impedire di filmare quello che è un "respingimento illegale", dato che "chi cerca di fuggire attraverso il Mediterraneo viene sempre più spesso intercettato in acque europee e respinto, in totale violazione del diritto internazionale".

Poco dopo lo scambio via radio, infatti, la nave della Libia fa salire a bordo le 70 persone che si trovavano sul gommone, per riportarle sulle proprie coste. Il gommone viene poi infiammato e reso non navigabile, come è la prassi in questi casi. Una prassi che però non viene sempre rispettata: solo ieri, Sea Watch ha pubblicato delle foto che dimostrerebbero la collaborazione tra scafisti e cosiddetta Guardia costiera libica.

Il Memorandum Italia-Libia, con cui l'Italia finanzia la Guardia costiera e i centri di detenzione della Libia, è attivo dal 2017. Il 3 novembre, a meno che il governo non decida di intervenire, sarà rinnovato automaticamente per altri tre anni. Ieri, a Roma, si è tenuta una manifestazione per sollevare l'attenzione sul tema. "Basta accordi con la Libia", conclude Sea Watch.

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