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La flat tax spinge all’evasione e bisogna usare meno contanti: cosa dice il nuovo report del Mef

La Relazione sull’evasione fiscale del ministero dell’Economia evidenzia dei dati problematici per il governo Meloni: la flat tax incentiva a fatturare meno per restare nelle soglie previste dalla legge, e anche il tetto al pagamento in contante andrebbe abbassato per combattere l’evasione.
A cura di Luca Pons
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Ampliare la flat tax – una tassa con aliquota unica, oggi fissata al 15% per tutte le partite Iva che hanno un reddito annuale al di sotto dei 65mila euro – è una delle proposte centrali nel programma economico del governo. Una relazione stilata dai tecnici del ministero dell'Economia e delle Finanze, però, mostra che allargare la flat tax in passato è stato anche un incentivo all'evasione fiscale.

La coalizione di centrodestra ha portato avanti idee diverse su come applicare l'estensione della "tassa piatta", ma alla fine l'esecutivo si concentrerà sulla proposta di Fratelli d'Italia: flat tax per tutte le partite Iva sotto i 100mila euro di reddito annuale, con un possibile passaggio intermedio a 85mila euro già nella prossima legge di bilancio.

La Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva del 2022, però, mette in evidenza che dal 2019, quando la soglia della flat tax è stata alzata da 30mila a 65mila euro all'anno per opera del primo governo Conte, c'è stato un "addensamento" dei contribuenti sotto la soglia. Cioè, in pratica, la nuova imposta forfetaria è stata un incentivo a fatturare meno, senza che dall'altra parte abbia aiutato particolarmente a far ‘emergere' chi evadeva le tasse.

Il documento era stato completato già per lo scorso aggiornamento della Nadef, effettuato dal governo Draghi, ma è stato tenuto in sospeso e pubblicato solo dopo la nuova integrazione del governo Meloni. Ora, il suo contenuto mette in discussione l'efficacia della misura proposta dal governo, anche se la maggioranza non sembra intenzionata a fare passi indietro: questa mattina Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio, conferma che "la manovra arriverà in Parlamento entro 10 giorni" e si lavorerà anche sulla flat tax, "sulla quale si sta ragionando sulle soglie di 85 o 100 mila euro".

Per quanto riguarda il regime forfetario sotto i 65mila euro, i risultati sono preliminari, come chiarisce la relazione, ma i dati raccolti mostrano che per gli anni di imposta 2018 e 2019 in tutti i settori economici tranne le industrie alimentari c'è stata una "forte discontinuità nella distribuzione dei ricavi intorno alla soglia dei 65mila euro". Cioè, molte più persone del normale hanno dichiarato di aver fatturato appena meno di 65mila euro quell'anno.

È un effetto che il documento definisce "autoselezione": quando viene stabilita una soglia, i contribuenti fanno tutto il possibile per restarvi sotto e avere i benefici fiscali che conseguono. Quindi, il fatto che la soglia sia fissata a 65mila euro spinge soprattutto chi fattura di più – la ricerca prende in esame le partite Iva fino a 100mila euro all'anno – a dichiarare meno per pagare meno tasse. La relazione non si esprime sugli effetti di un eventuale rialzo della soglia a 85mila o 100mila euro, ma è prevedibile che gli effetti sarebbero simili.

La cedolare secca sugli affitti aiuta soprattutto i più ricchi

Un altro tema su cui la relazione si esprime è la "cedolare secca", la misura prevista nel 2011 dal governo Berlusconi per ridurre le tasse sui redditi di chi mette in affitto un immobile di sua proprietà. Il regime fiscale agevolato fu presentato come tentativo di far emergere il sommerso degli affitti incassati in nero, e i governi successivi l'hanno sempre prorogato, ma la relazione sottolinea due aspetti negativi.

Da una parte, come era già noto, la quantità di soldi ‘emersa' dall'evasione fiscale è molto minore rispetto alla perdita economica per lo Stato a causa delle tasse più basse. Dall'altra, il dato nuovo è che sono emersi dall'evasione soprattutto i piccoli proprietari, mentre la riduzione delle tasse ha aiutato per la maggior parte i contribuenti più ricchi: "Circa il 60% di tutta la riduzione delle tasse è andata a vantaggio del 10% dei contribuenti più ricchi", spiega Alessandro Santoro, economista che ha guidato la stesura della relazione, in un'intervista al Fatto quotidiano.

Lotta all'evasione, abbassare i limiti per i pagamenti in contanti

Infine, l'ultima parte delle relazione è dedicata alle strategie per prevenire e contrastare l'evasione.  L'obiettivo previsto dal Pnrr è portare il tax gap, cioè la differenza tra quanto ci si aspetta di incassare con le tasse e quanto effettivamente si raccoglie, dal 18,5% del 2019 al 17,6% nel 2023 e al 15,8% nel 2024.

Anche in questo caso, le indicazioni tecniche nella relazione non vanno d'accordo con alcune delle misure portate avanti più pubblicamente dal governo. Tra queste c'è l'innalzamento del tetto al contante dall'attuale soglia di 2mila euro a 10mila euro. I pagamenti digitali, però, sono considerati nel documento ministeriale una delle forme più efficaci per combattere l'evasione.

Come ricorda la relazione ministeriale, anche una raccomandazione della Commissione europea del 2019 "indica come prioritario il contrasto all'evasione, in particolare, nella forma dell'omessa fatturazione", cioè l'evasione che avviene quando un commerciante non fa la fattura, "e invita a potenziare i pagamenti elettronici obbligatori, anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti".

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