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Opinioni

In Spagna l’eutanasia è legale, in Italia si rischia il carcere

Anche la Spagna si è adeguata ai tempi e ha legalizzato l’eutanasia in tutte le sue forme, mentre in Italia questo diritto civile – e sacrosanto – viene ancora negato. Anzi, se si aiuta qualcuno a metter fine alla propria vita in un altro Paese si viene processati e si rischia il carcere. È necessario che una democrazia, per definirsi tale, preveda la libertà di morire, che è solo una semplice estensione della libertà di vivere.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Non avere la libertà di poter decidere della propria vita, nel 2021, è inconcepibile in un Paese democratico. E rischiare di finire in carcere se si aiuta qualcuno ad esercitare questo diritto sacrosanto – e sottolineo sacrosanto – accompagnandolo in uno Stato civile dove è possibile scegliere di morire, è ancora più assurdo. Soprattutto se si considera che la Corte Costituzionale da anni chiede al Parlamento di legiferare in merito, ma deputati e senatori italiani non sono stati ancora in grado di approvare una legge che dia la libertà alle persone di poter vivere, e quindi anche, inevitabilmente, di poter decidere di morire. È necessario un intervento, ora, non domani, non dopodomani. È necessario che questa sia una priorità di qualsiasi governo. È necessario che questo diritto sia riconosciuto in una democrazia.

Ieri la Spagna ha legalizzato l'eutanasia in tutte le sue forme: attiva, cioè quando vengono somministrate sostanze letali da parte di un medico; passiva, ovvero fermare la somministrazione di farmaci necessari per mantenere in vita una persona; suicidio assistito, in cui è lo stesso paziente ad assumere le sostanze che causano la morte. È il settimo Paese a farlo nel mondo, quarto in Europa. Ma non è qualcosa di straordinario, anzi. È un semplice atto di civiltà e di rispetto verso l'essere umano. Altre nazioni europee hanno legalizzato alcuni di questi trattamenti, come la Svizzera, nota per i casi di cittadini italiani che hanno scelto lì la strada del suicidio assistito.

In Italia la proposta di legge per rendere legale l'eutanasia fu portata in Parlamento da Marco Cappato e dall'associazione Luca Coscioni. Era il 2013. Da allora il Parlamento non è riuscito ad aprire una discussione sul tema, mentre lo stesso Cappato continua ad andare a processo e a rischiare il carcere, periodicamente, per aver accompagnato alcuni cittadini italiani a morire liberamente in altri Paesi. Il fine vita in Italia è un tema nascosto costantemente, che nessuno ha voglia di affrontare seriamente. Forse perché fa paura, forse perché lascerebbe inevitabilmente il segno in questo Paese. Se è vero che è un atto di civiltà, è vero anche che è un diritto, e lo deve diventare anche per lo Stato italiano.

È l'influenza della chiesa a fare paura, quando puntualmente ricorda che l'eutanasia è "un atto omicida" ingiustificabile e intollerabile. E minaccia: "Coloro che approvano leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito si rendono, pertanto, complici del grave peccato che altri eseguiranno". Una vera e propria maledizione su tutto il Parlamento italiano lanciata solo qualche mese fa, per rispondere alla richiesta fatta dalla Consulta al legislatore. La discussione in Commissione non è mai iniziata, e chissà quando e se inizierà, perciò viene rilanciata la nuova ipotesi di un referendum popolare. Lo Stato, intanto, è ancora ostaggio del retaggio cattolico che ha tenuto per decenni questo Paese indietro rispetto agli altri da troppi punti di vista.

Ma quindi perché siamo ancora fermi al palo, con richieste continue di cittadini italiani che desiderano porre fine alle proprie sofferenze? Ogni volta che si parla di eutanasia in Italia tornano alla ribalta i gruppi che si definiscono pro vita, che però pretendono di decidere della vita degli altri. Che decidano della loro, nessuno ha nulla in contrario. Oppure si comincia a dire che il tema del fine vita non è una priorità. Questa scusa è stata utilizzata talmente tante volte che ormai è logora in brandelli, e non ci crede neanche più chi lo dice. Succede puntualmente che i diritti civili vengano accantonati: dallo Ius soli allo Ius culturae, dalla legge contro omotransfobia e misoginia alla tampon tax. È ora di diventare un Paese civile. È ora di dare la libertà di morire. È ora di dare la libertà di vivere.

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Giornalista, mi occupo di politica su Fanpage.it. Appassionato di temi noiosi, come le storie e i diritti degli ultimi: dai migranti ai giovani lavoratori sfruttati. Ho scritto "Il sound della frontiera", un libro sull'immaginario americano e la musica folk.
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