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Opinioni

Il governo Meloni odia i giovani, e non fa nulla per nasconderlo

L’ultima in ordine di tempo è la sparata del ministro Lollobrigida, che invita i giovani percettori del reddito di cittadinanza ad andare a lavorare nei campi. Ma è dall’inizio della legislatura che il governo Meloni ha messo nel mirino i giovani, le loro istanze, i loro stili di vita. Una narrazione tossica e auto-assolutoria che fa solo male all’Italia.
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L’ultima in ordine di tempo è la proposta del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, cognato d’oro della premier Giorgia Meloni, che dal palco del Vinitaly ha tuonato contro i giovani percettori del reddito di cittadinanza che stanno “sul divano a gravare sulle spalle altrui”, invitati a lavorare nei campi per sopperire alla carenza di manodopera del settore. Un’ultima talmente infarcita di luoghi comuni e affermazioni contro fattuali che rende esplicito il pregiudizio a essa sottesa: che i giovani italiani, per questo governo, sono uno dei mali di questo Paese, una delle cause del suo declino. E che questo governo e questa maggioranza siano qui anche per rieducarli, richiamandoli alla disciplina, all’amor patrio e all’etica della fatica e del sacrificio.

Prima di riavvolgere il nastro, però, dedichiamoci all’ultima di Lollobrigida. Che se la prende coi giovani-col-reddito-sul-divano – una categoria dello spirito, ormai – nonostante solamente 3 percettori di reddito su 10 abbiano meno di trent’anni, a fronte di un tasso di disoccupazione giovanile che è tre volte più alto di quello generale. Che dipinge il settore agricolo come il nuovo El Dorado, nonostante sia il settore economico italiano con la più alta incidenza di lavoro nero e caporalato – 430mila lavoratori esposti al rischio di lavoro irregolare, più o meno la metà del totale degli addetti. E che, come al solito, racconta tutto questo a una platea di boomer privilegiati – quelli che hanno creato il nostro mastodontico debito pubblico a colpi di evasione fiscale, baby pensioni e sussidi a pioggia – pronti a spellarsi le mani di fronte a questa narrazione auto-assolutoria e tossica.

Già, tossica. Perché se c’è una generazione che questo governo sta scientemente scegliendo di colpevolizzare e sacrificare, legge dopo legge, scelta dopo scelta, è proprio quella degli under 30. La cui scarsa propensione a farsi sfruttare come camerieri, spiaggini e braccianti sottopagati è causa della nostra crisi economica. La cui preferenza per gli spitz ai pannolini è la colpa della nostra crisi demografica. La cui mancanza di umiltà – con conseguente elogio dell’umiliazione pubblica come strumento educativo – è il segno del nostro decadimento culturale e sociale. I cui metodi di protesta contro l’assenza di politiche contro il cambiamento climatico sono più stigmatizzati e temuti del cambiamento climatico stesso.

A questo dito perennemente puntato contro i giovani, fanno da contraltare le carezze a chi di anni ne ha più di sessanta, vera e unica base elettorale a cui guarda la maggioranza di destra. Che tanto attacca il reddito di cittadinanza quanto giustifica, a colpi di condoni, l’evasione fiscale. Che tanto ignora il cambiamento climatico quanto si batte affinché le auto a e benzina e diesel possano essere vendute anche oltre al 2035 e che stili di vita più sostenibili, a partire da quel che mangiamo, non entrino mai nei costumi degli italiani. Che tanto ignora i flussi di giovani in uscita dall’Italia, quanto combatte quelli in entrata. Che tanto si preoccupa di far pagare meno tasse ai redditi medio alti, quanto non si preoccupa minimamente di mettere soldi nell’istruzione.

Intendiamoci: niente di nuovo sotto il sole. Da che ne abbiamo memoria, ogni esecutivo e ogni maggioranza, di ogni colore e orientamento politico, alla prova dei fatti ha sempre preferito i pensionati agli studenti, i lavoratori garantiti ai precari, i bisogni del presente a quelli del futuro. Quel che il governo Meloni sta facendo, molto semplicemente, è levare ogni residuo velo di ipocrisia, dando legittimazione politica e culturale alla guerra generazionale in atto. Una guerra contro i giovani che permetterà a chi non lo è più di godersi gli ultimi brandelli di privilegio. Ai patrioti al governo una serena permanenza in poltrona. E a entrambi un capro espiatorio perfetto dietro cui nascondere le responsabilità del loro fallimento.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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