Il centrodestra ci riprova, vuole eliminare i ballottaggi: cosa cambia con la proposta di FdI

È l'ennesimo tentativo del centrodestra di eliminare il ballottaggio alle elezioni comunali, e sembra essere l'occasione giusta: un disegno di legge di Fratelli d'Italia, firmato dal capogruppo al Senato Lucio Malan, e in lavorazione alla commissione Affari costituzionali, presieduta dal meloniano Alberto Balboni. Il testo prevede due cambiamenti sostanziali: nessun ballottaggio nei Comuni con più di 15mila abitanti, ma elezione diretta per chi prende più del 40% dei voti; e un premio di maggioranza che garantisca comunque almeno il 60% dei seggi alla coalizione del vincitore.
Quella della destra nei confronti dei ballottaggi è un'ostilità radicata e che risale nel tempo. Guardando solo agli ultimi anni, nel marzo 2023 la maggioranza provò con un blitz al Senato a cancellarli, ma cedette e ritirò l'emendamento dopo le proteste dell'opposizione. Poche settimane dopo la norma tornò, questa volta infilata in un testo sulle province. E se ne parlò ancora a giugno dello scorso anno, quando il centrosinistra vinse tutte e sei le elezioni che si svolgevano in capoluoghi di Regione.
Il punto non troppo nascosto dietro l'iniziativa, infatti, è questo. Il centrodestra in più occasioni è stato avanti al primo turno di un'elezione comunale, senza riuscire a raggiungere il 50%. E poi si è visto sconfitto al ballottaggio, grazie all'unione delle opposizioni. La versione ufficiale, invece, è che il secondo turno alle elezioni crea una "distorsione nell’esito delle elezioni", come si legge nel ddl, perché registra sempre un'affluenza minore del primo: "Molti sindaci sono eletti al secondo turno con una partecipazione popolare molto ridotta" e "nella maggioranza dei casi, al secondo turno si rischia di eleggere un candidato sindaco che abbia ottenuto meno voti di quelli raggiunti dall’avversario al primo turno".
Concretamente, il testo del ddl prevede di cancellare i ballottaggi in tutti i Comuni che hanno più di 15mila abitanti, a meno che non si verifichi una situazione molto specifica: ovvero che due candidati prendano esattamente lo stesso numero di voti. In tutti gli altri casi verrebbe eletto chi ha preso più del 40% (o, se ce la fa più di un candidato, chi ha preso più preferenze in assoluto).
Per compensare poi il fatto che il sindaco è stato eletto con una ‘minoranza' di voti, rispetto a tutti gli altri candidati messi assieme, ci sarebbe poi un premio di maggioranza. La lista o la coalizione del sindaco avrebbero "almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio" comunale, come oggi avviene per chi vince prendendo più della metà dei voti.
Il testo è sostanzialmente lo stesso che, poche settimane fa, il centrodestra aveva provato a inserire del decreto Elezioni. Su questa iniziativa era poi arrivato un passo indietro, dato che anche il presidente del Senato La Russa si era messo di traverso e aveva fatto capire che un emendamento del genere sarebbe stato inammissibile (soprattutto perché non c'entrava nulla con il decreto Elezioni in sé).
Ma ora il ddl è pronto, e domani dovrebbe iniziare il suo esame, stando al programma della commissione Affari costituzionali. Non sarà un iter breve, ma se il centrodestra varerà la riforma potrà cercare di mettere a frutto l'attuale vantaggio nei consensi per portare a casa delle elezioni che, altrimenti, avrebbe rischiato di perdere.