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Elezioni politiche 2022

I politici che vanno su Tiktok pensano che i giovani siano tutti scemi

I politici si catapultano su Tiktok per cercare di racimolare in extremis qualche voto dai più giovani, ma entrando in casa loro non chiedono permesso. Anzi. C’è chi gli vuole insegnare la cultura, chi fa il paternalista e chi li tratta da scemi.
A cura di Tommaso Coluzzi
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C'è chi gli vuole insegnare la cultura, chi fa il paternalista, chi gli parla come fossero neonati e chi pensa che siano semplicemente tutti scemi. I politici sbarcano in massa su Tiktok, il social dei più giovani. Chi scrolla tra i contenuti di politica in queste ore rischia di trovarsi coinvolto in un vero circo dell'orrore. A Matteo Salvini e Giorgia Meloni sarà sembrata un'invasione in piena regola. Non di migranti – come piace tanto dire a loro – ma di leader politici che cercano disperatamente di acchiappare qualche voto tra i più giovani, visto che ora i diciottenni votano pure per eleggere i rappresentanti al Senato e visto che – sai com'è – mancano 25 giorni alle elezioni. Insomma, ora o mai più.

Il leader della Lega è tutte le sere in diretta a mezzanotte – lui che Tiktok lo presidia dal lontano 2019, come l'alleata Meloni – per raccogliere le idee, dice. In verità circolano principalmente video in cui si ritrova con cappellini e baffi finti a urlare "la droga è merda, la droga è merda". E ancora: "Fatti un mirto o un limoncello piuttosto". Ma qui parliamo di un habitué. La figura peggiore la stanno facendo i neofiti.

Da qualche mese anche Giuseppe Conte ha investito molto sulla sua comunicazione su Tiktok, con un tocco che ritorna sempre. Il suo "occhio ragazzi", con cui introduce una serie di video per criticare la destra, è stucchevolmente paternalistico. Della serie: vi stanno imbrogliando, ma non siete capaci di accorgervene da soli. Anche no.

Carlo Calenda è arrivato su Tiktok con una premessa neanche troppo sottintesa: ‘sto social fa schifo, gli unici contenuti sono balletti e make up. Così il leader di Azione si propone di parlare di libri, di mostre e di cultura. "Lo so che non è molto comune", dice. Ma che ne sa poi lui di cosa è comune su un social che non conosce e su cui si è iscritto – teoricamente – di sua spontanea volontà? Tanta spocchia. Della serie: mo so' arrivato io che vi spiego la cultura, giovani ignoranti.

Ma oggi è stata la vera giornata della svolta: il primo settembre – ad appena 25 giorni dal voto delle elezioni politiche – sbarcano su Tiktok anche Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e il Partito Democratico. Il leader di Italia Viva ha esordito così: "Per molti di voi sono un esperto di first reaction shock o di shish". Perché si sa, i giovani mica sanno chi sei, essendo tutti scemi. Ti devi presentare in modo ridicolo, è meglio.

Berlusconi ha tirato fuori un linguaggio ancora più ridicolo, chiudendo il video d'esordio sillabando Tiktok mentre agita la testa a destra e sinistra. D'altronde diceva che bisogna parlare all'elettore medio come se fosse un dodicenne. Ora finisce per parlare ai giovani come fossero neonati. L'effetto, alla fine, è quello del nonno cringe di cui tutti si vergognano.

Il Partito Democratico, infine, sfodera un video di presentazione in cui parla Alessandro Zan, deputato dem noto per il disegno di legge che porta il suo nome e per le battaglie contro l'omotransfobia. Insomma, il Pd si gioca l'unica carta forte che ha rispetto ai giovani. L'unico tema su cui – il principale partito progressista italiano, o almeno così si definiscono – sia riuscito in minima parte a coinvolgere le nuove generazioni. Per il resto i giovani, sui diritti, vanno avanti da soli.

L'obiettivo che riunisce tutti loro, però, è lo stesso: racimolare qualche voto in più in vista del 25 settembre. A meno di un mese dalle elezioni politiche ci si ricorda improvvisamente dei giovani, salvo dimenticarli di nuovo nel giro di qualche settimana. Così come le promesse che sono state fatte negli anni e mai rispettate.

Il problema non sarà mica che gli elettori under 35 sono meno di 10 milioni e quelli over 55 sono circa 23? Inoltre tra i più giovani il rischio astensione è più alto. Vuoi per disaffezione, vuoi perché i fuori sede devono per forza tornare a casa per votare (e la politica continua a non far nulla per risolvere questo problema).

Insomma, sembra più utile parlare di pensioni. Salvo poi provare il recupero all’ultimo minuto, dimostrando di non averci capito niente. Ancora una volta.

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Giornalista, mi occupo di politica su Fanpage.it. Appassionato di temi noiosi, come le storie e i diritti degli ultimi: dai migranti ai giovani lavoratori sfruttati. Ho scritto "Il sound della frontiera", un libro sull'immaginario americano e la musica folk.
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