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Giovane, queer e femminista: la vittoria di Schlein dimostra che la sinistra può ancora cambiare

Schlein è una donna giovane, apertamente queer e femminista. Le priorità che ha indicato non sono questioni elitarie, ma nascono dal basso, dai movimenti e dalle piazze che le nuove generazioni continuano a riempire. Schlein rappresenta un cambio di passo, ma non può cambiare un partito da sola.
A cura di Jennifer Guerra
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Elly Schlein è la nuova segretaria del Pd. Schlein ha battuto il favorito Stefano Bonaccini e l’ha fatto riuscendo in qualcosa che sinora non era mai accaduto nella storia del partito: Bonaccini aveva vinto nei circoli col 53% delle preferenze, contro il quasi 35% di Schlein. La situazione si è ribaltata col voto di elettori e simpatizzanti della sinistra alle primarie di domenica, che hanno deciso per l’ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna, facendole guadagnare la stessa percentuale di voti presi dall’avversario nei circoli. Questo significa che la neosegretaria è riuscita a mobilitare moltissime persone, che non sono necessariamente quelle che votano Pd a ogni elezione, ma che hanno visto in lei una speranza di rinnovamento.

Perchè Schlein ha vinto nei gazebo

Elly Schlein ha avuto un passato abbastanza conflittuale con il Pd, tanto che fino a poco tempo fa non aveva nemmeno la tessera del partito. Per questo motivo, molti la considerano un’alternativa all’attuale classe dirigente, anche se in verità la candidatura di Schlein è stata appoggiata da diverse figure dell’establishment del Pd, dal segretario uscente Enrico Letta, a Dario Franceschini, a Francesco Boccia che ne ha curato la campagna elettorale. Forse queste questioni nemmeno sono arrivate a chi ha votato convintamente Schlein, perché c’è un altro aspetto che non si può ignorare nella sua storia politica e nella sua identità.

Schlein è una donna giovane, apertamente queer e femminista. E anche se questi fattori non sono garanzia di un impegno politico su questi temi, Schlein ha già dimostrato che le questioni generazionali, di genere e LGBTQ+ sono prioritarie per lei e non sono qualcosa di cui ci si occuperà in un futuro prossimo che però non arriva mai. Anche se è ancora presto per conoscere la composizione demografica degli elettori delle primarie, Schlein sembra aver risvegliato qualche speranza nelle fasce più giovani dei progressisti, non solo per la prossimità anagrafica, ma anche perché nelle sue parole c’è comprensione, vicinanza e passione nei confronti dei loro problemi.

Un partito che sia davvero di sinistra

La crisi che il Pd sta attraversando negli ultimi anni è un dato palese e documentato, come dimostra anche il risultato disastroso alle ultime elezioni (festeggiato inspiegabilmente con una consolatoria pacca sulla spalla). E se è vero che la priorità per molti elettori è quella di tornare a credere in un partito che sia davvero di sinistra, con un’ideologia coerente e che non si lasci dettare l’agenda politica dalla destra, negli ultimi anni è nata un’ulteriore esigenza, troppo spesso ed erroneamente liquidata come “roba da radical chic” o da “partito della ztl”. Questa esigenza è che i temi civili, l’ambiente e i diritti non siano soltanto il punto dodici o tredici del programma elettorale, ma che siano pienamente integrati nell’orizzonte politico, accompagnando la tutela dei lavoratori (che sono anche donne, migranti, persone LGBTQ+), la progressività fiscale, il contrasto alla povertà e tutti i classici temi della sinistra.

Queste esigenze non sono elitarie. Avere uno stipendio dignitoso, non essere ricattati dal proprio datore di lavoro, poter scegliere liberamente cosa fare della propria vita non sono questioni che riguardano l’1% della popolazione, ma tutti. Queste esigenze nascono dal basso, dai movimenti e dalle piazze che le nuove generazioni continuano a riempire nell’indifferenza dei giornali, dei commentatori e della classe politica che preferiscono lamentarsi dei giovani che non lavorano, vanno all’estero, non votano o non fanno niente. Il Paese sta cambiando, anche se si preferisce fare finta che non sia così, e serve che chi lo governa lo rispecchi.

Il voto dei giovani: Schlein simbolo di rinnovamento

Schlein è riuscita a guadagnarsi l’interesse e il voto soprattutto di chi sta fuori dal partito e di chi aveva perso fiducia nel cambiamento. Nelle ultime elezioni, tanti giovani hanno votato a sinistra, ma tanti hanno preferito non votare del tutto, delusi da un sistema che non ha alcun interesse a includerli nella conversazione politica e a farsi carico delle loro esigenze. Il compito più difficile sarà ricompattare questa frattura e portare queste persone dentro a un partito che non credeva in questa possibilità, e che infatti non aveva scelto Elly Schlein come segretaria.

Non c’è dubbio che Schlein rappresenti un cambio di passo, anche se fosse soltanto a livello simbolico. Un rischio c’è ed è quello che la neosegretaria venga investita di un ruolo salvifico che non solo non può avere, ma che nemmeno è giusto che abbia. Se il Pd deve rinascere, abbandonare il sistema delle correnti, rinnovarsi nella forma e nei contenuti, non può farlo affidando tutto sulle spalle di una singola persona. Ma Schlein sembra già consapevole di questo rischio: «Non basto io, è un cambiamento che funziona soltanto se ciascuna e ciascuno di noi ci mette un pezzo di sé a generare cambiamento tutto intorno», ha detto nel suo discorso dopo la vittoria. «Ecco, questo è l’impegno che noi ci siamo presi e così noi vogliamo lavorare». Ci auguriamo sia vero.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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