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Covid 19

Gimbe, i contagi diminuiscono grazie alle chiusure di Natale, ma l’effetto svanirà a breve

La Fondazione Gimbe lancia l’allarme: con le forniture attuali di vaccino anti Covid delle diverse aziende farmaceutiche solo il 14% della popolazione (circa 8,278 milioni di persone) potrà completare le due dosi del ciclo vaccinale, ma questo avverrà non prima della metà o addirittura della fine di aprile.
A cura di Annalisa Cangemi
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Secondo il monitoraggio della Fondazione Gimbe la settimana 20-26 gennaio risente ancora degli effetti positivi del decreto Natale: tutti i numeri in calo, compresi quelli ospedalieri, anche se ricoveri e terapie intensive rimangono sopra soglia di saturazione rispettivamente in 5 e 6 regioni.

Nella settimana in esame, rispetto alla precedente, si evidenzia una riduzione dei nuovi casi (85.358 vs 97.335). Scendono anche casi attualmente positivi (482.417 vs 535.524), ricoveri con sintomi (21.355 vs 22.699) e terapie intensive (2.372 vs 2.487); lieve calo dei decessi (3.265 vs 3.338) (figura 1). Ecco nel dettaglio le variazioni, rispetto alla settimana precedente:

  • Decessi: 3.265 (-2,2%)
  • Terapia intensiva: -115 (-4,6%)
  •  Ricoverati con sintomi: -1.344 (-5,9%)
  •  Nuovi casi: 85.358 (-12,3%)
  • Casi attualmente positivi: -53.107 (-9,9%)

"Tutte le curve –  spiega il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta – continuano questa settimana la loro lenta discesa, ancora grazie agli effetti del Decreto Natale, destinati tuttavia ad esaurirsi a breve". L’incremento percentuale dei casi si riduce in quasi tutte le Regioni.

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Negli ospedali, nonostante l’ulteriore discesa di ricoveri e terapie intensive, l’occupazione da parte di pazienti Covid-19
continua a superare in 5 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 6 Regioni quella del 30% delle terapie intensive, attestandosi a livello nazionale rispettivamente al 34% e al 28%.

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Il monitoraggio Gimbe sui vaccini

La Fondazione Gimbe fa sapere che in questo momento è stato vaccinato lo 0,45% della popolazione italiana. Ma lancia un allarme anche sulle dosi di vaccino anti Covid a disposizione: con queste disponibilità, viene stimato, solo il 14% della popolazione (circa 8,278 milioni di persone) potrà completare le due dosi del ciclo vaccinale, ma non prima della metà o addirittura della fine di aprile, "ovviamente previa autorizzazione condizionata del vaccino di AstraZeneca che potrebbe essere soggetto a limitazioni per i soggetti di età ≥55 anni con conseguente necessità di rivedere le priorità del piano vaccinale", afferma Nino Cartabellotta, nel comunicato.

"Inoltre – spiega -, occorrerà una notevole reattività della macchina organizzativa, visto che la maggior parte delle dosi non arriverà prima di metà febbraio".

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Crollano le forniture di vaccino

Oltre alla fornitura messa a disposizione dalla casa farmaceutica Pfizer, che con i ritardi annunciati ha fatto slittare le prime tappe del piano vaccinale, anche AstraZeneca ha comunicato alla Commissione Europea una riduzione della fornitura stimabile fino al 60% nel 1° trimestre, "mentre CureVac non potrà consegnare entro marzo le 2,019 milioni di dosi previste dal Piano vaccinale, visto che lo studio di fase 3 è stato avviato solo il 14 dicembre", ha ricordato Renata Gili, responsabile Gimbe Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione. Al netto di ritardi di consegne, entro il 31 marzo 2021 il nostro Paese dovrebbe disporre di 16,557 milioni di dosi, di cui 8,749 milioni da Pfizer-BioNTech e 1,346 milioni da Moderna e 6,462 milioni da AstraZeneca, anziché i 16,155 milioni previsti dal Piano vaccinale. Ma i conti non tornano, anche perché da AstraZeneca è stata annunciata una fornitura di 3,4 milioni di dosi.

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Nella distribuzione regionale tra l'altro si notano molte differenze tra i territori su tutti i fronti: distribuzione delle dosi, completamento del ciclo vaccinale e, soprattutto, priorità di somministrazione, con il 22,3% delle dosi destinato a “personale non sanitario”, categoria formalmente non prevista dal piano vaccinale.

Si rilevano, spiega la Fondazione, "notevoli differenze regionali difficilmente spiegabili solo sulla base dei criteri verosimilmente utilizzati in questa prima fase per la consegna (n° operatori sanitari e socio-sanitari, n° personale e ospiti Rsa)".

Somministrazione nei vaccini

Per quanto riguarda le somministrazioni dei vaccini, al 27 gennaio (aggiornamento ore 16.04) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 270.269 persone (0,45% della popolazione italiana), con marcate differenze regionali: dallo 0,16% della Calabria allo 0,70% del Lazio.

Inoltre, le analisi indipendenti della Fondazione Gimbe sui dati ufficiali rilevano che ben 350.548 dosi sono state somministrate a ‘personale non sanitario', una fascia non prevista dal Piano vaccinale che per questa prima fase individua tre categorie prioritarie: operatori sanitari e sociosanitari (finora 67,1% dosi), personale ed ospiti delle Rsa (finora 9,7% dosi), quindi persone di età ≥80 anni (finora 0,9% dosi). Il ‘personale non sanitario' ha beneficiato dunque di quasi un quarto delle dosi finora somministrate con enormi differenze regionali che in certi casi superano il 30%: Provincia Autonoma di Bolzano 34%, Liguria 39%, Lombardia 51%.

"Se da un lato una parte del personale non sanitario risulta essenziale per il funzionamento di ospedali ed altre strutture sanitarie – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – dall’altro i numeri riportati dal Piano vaccinale per operatori sanitari e socio sanitari (1.404.037) corrispondono a tutti gli iscritti agli albi professionali, più gli operatori socio-sanitari: questo evidenzia una discrepanza tra numeri previsti dal Piano e le diverse policy vaccinali attuate dalle Regioni". In altre parole, "se la categoria ‘operatori sanitari e socio sanitari' deve includere tutto il personale che lavora negli ospedali a qualsiasi titolo – dato richiesto alle Regioni dal Commissario Arcuri lo scorso 17 novembre – le dosi previste dal Piano vaccinale non sono sufficienti perché rimangono esclusi tutti i professionisti sanitari che non lavorano presso strutture pubbliche", avverte la Fondazione.

In considerazione delle notevoli differenze regionali (consegna dosi, percentuale di persone che hanno completato il ciclo vaccinale, categorie vaccinate) "che generano diseguaglianze", la Fondazione Gimbe chiede al Commissario straordinario all’Emergenza Arcuri e al ministero della Salute Speranza di "mantenere costantemente aggiornato il numero delle forniture previste dal Piano vaccinale; chiarire ufficialmente l’entità delle forniture di AstraZeneca per il primo trimestre 2021; ridefinire a livello nazionale i criteri di inclusione nella categoria ‘operatori sanitari e socio sanitari' rivedendo di conseguenza i numeri del Piano Vaccinale; rendere pubblici i criteri per la consegna delle dosi alle Regioni".

"In questa fase molto critica della pandemia – conclude Cartabellotta – segnata da continue rimodulazioni al ribasso delle forniture vaccinali, minacciata delle nuove varianti del virus e da una verosimile risalita della curva epidemica una volta esauriti gli effetti della ‘stretta' di Natale, è fondamentale che le poche dosi di vaccino disponibili siano utilizzate per proteggere chi lavora in prima linea con i pazienti e le persone più fragili, come previsto dal Piano vaccinale. Un obiettivo che, ad un mese dall’avvio della campagna vaccinale, è già stato parzialmente disatteso con inaccettabili diseguaglianze regionali, ‘agevolate' dall’assenza di un’anagrafe vaccinale nazionale".

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