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Fabrizio Barca a Fanpage.it: “Sfidiamo i partiti a cambiare i modi per selezionare i candidati”

“L’obiettivo è quello di dare spazio alle donne e gli uomini abbastanza folli da candidarsi alle elezioni comunali o alla guida di piccoli comuni e di farlo su delle basi che ci convincono”: lo ha detto in un’intervista con Fanpage.it l’ex ministro Fabrizio Barca, parlando del progetto Ticandido.
A cura di Marco Billeci
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Dopo il successo dell’edizione 2021, in vista delle prossime elezioni amministrative,  il collettivo politico "Ticandido" riapre la campagna "Facciamo eleggere". Fino al 10 maggio, uomini e donne della società civile, interessati a impegnarsi nella vita politica del proprio Comune, potranno rispondere alla call sul sito www.ticandido.it, per raccontare la propria storia e spiegare i motivi che li spingono a candidarsi. Ai selezionati, verrà garantito supporto logistico ed economico (attraverso il crowdfunding), per la campagna elettorale. Abbiamo parlato di questa iniziativa con Fabrizio Barca, economista, ex ministro e ora presidente del Forum Diseguaglianze e Diversità, co-promotore della campagna.

Come nasce "Facciamo eleggere" e quali obiettivi si pone?

I giovani del gruppo Ticandido sono già alla quarta esperienza di questo tipo, noi del Forum delle Diseguaglianze e Diversità collaboriamo con loro dalla scorsa edizione dell'iniziativa. L'obiettivo è quello di dare spazio alle donne e gli uomini abbastanza folli da candidarsi alle elezioni comunali o alla guida di piccoli comuni e di farlo su delle basi che ci convincono. Queste basi sono riassunte nei tre criteri del meccanismo di scelta delle persone da sostenere. Il primo è aver dato prova di perseguire obiettivi di giustizia sociale e ambientale; il secondo è aver dimostrato l'intenzione di cambiare le cose con delle battaglie sul campo. Il terzo requisito è essere autonomi, per cui il nostro supporto può fare per loro una piccola differenza. Il valore dell'operazione è duplice: portare nei Comuni figure di rinnovamento, ma anche dimostrare che possono esistere metodi diversi di selezione delle candidature.

L'operazione sembra richiamare quella che ha portato negli Usa a far eleggere all'interno del Partito Democratico Alexandra Ocasio Coertez e con lei diverse altre figure di giovani progressisti…

C'è sicuramente un'ispirazione di questo tipo, ma ci sono anche esperienze precedenti in Italia che hanno portato dentro le istituzioni le capacità della società civile, penso agli anni '90, quando alla guida dei Comuni arrivò una nuova classe dirigente. Oggi una spinta di questo tipo si sta manifestando di nuovo, con una caratteristica simile a quella degli Usa, cioè un età media degli amministratori decisamente più bassa.

Quando crescono questo tipo di iniziative, il retropensiero che viene fuori è: "Chissà chi c'è dietro". In questo caso?

Non c'è un dietro, è un incontro di autonomie. Sono autonome le persone che si candidano, è autonomo il gruppo di giovani politologi e attivisti di "Ticandido" ed è autonomo il Forum Diseguaglianze e Diversità. Questo significa che non ci sono soldi alle spalle, le attività della campagna vengono finanziate tramite il crowdfounding. Così si spiega perché miriamo solo a consiglieri comunali o sindaci di piccoli Comuni, altre partite sono fuori dalla nostra portata.

Già nelle scorse edizioni, la campagna "Facciamo eleggere" ha ottenuto diversi successi…

Sì, in particolare nell'ultima tornata, c'è stato un numero di donne molto significativo, non perché siamo andati a cercarle, ma perché se ci sono criteri di selezione uguali per tutti, si trovano un sacco di donne in Italia che vogliono fare politica. Penso alla consigliera comunale di Roma Claudia Pratelli, a quella di Trieste Giulia Massolino o a Sesto Fiorentino, dove grazie alle sue battaglie ecologiste Beatrice Corsi è riuscita a diventare assessora all'Ambiente.  E ancora a Cento, dove a soli 26 anni Edoardo Accorsi è riuscito a battere la Lega, da sinistra. Ma anche dove i voti non sono bastati a garantire l'elezione, stiamo parlando di figure che grazie alla campagna hanno ottenuto un ruolo all'interno della città.

E per queste elezioni amministrative qual è l'obiettivo?

Dipenderà dalla risposta alla call, l'ultima volta sono state scelte diciotto candidature su 120 presentate. Purtroppo siamo costretti a lavorare sempre a ridosso delle scadenze elettorali e questo non depone a favore della democrazia, perché gli spazi per chi non è già dentro ai giochi sono ridotti.

I partiti come vivono questo vostro tentativo di scardinare i metodi classici di selezione delle candidature? Potrebbe essere considerata un'Opa ostile dall'esterno…

Scardinare è un termine eccessivo. Diciamo che mettiamo a repentaglio i vecchi metodi di selezione che, soprattutto in alcune parti del Paese, non piacciono agli italiani. È chiaro che per i partiti è un'operazione sfidante. Tra l'altro alcune di queste figure sono di partito, noi non guardiamo alla tessera, ma vogliamo portare nei consigli comunali persone capaci. Se ci fosse un po' di visione di lungo periodo, le classi dirigenti capirebbero che è un suggerimento per loro. Sentiamo parlare spesso, in particolare all'interno del Partito Democratico, di rinnovamento, di apertura alla società, di meccanismi dove valgono la capacità e il  merito e non la fedeltà ai capicorrente. Allora noi chiediamo di accettare questa sfida e di adottare il metodo che proponiamo.

E invece trovate una diffidenza verso la vostra iniziativa?

Più che diffidenza, lo chiamerei un muro di gomma, che significa non mostrare preoccupazione, aggiustare un pochino le cose e non cambiare davvero. Questo è stato il comportamento negli ultimi anni. La speranza è che continuando a incalzare e portando figure nuove nel panorama politico, si attivi un processo, che riteniamo possibile.

I metodo di selezione di "Facciamo eleggere" è replicabile anche per le elezioni politiche del 2023?

Un'operazione di questo tipo non è consentita dalla legge elettorale attuale che sottrae ai cittadini la possibilità di scegliere i candidati. Un partito intelligente però potrebbe sperimentare il nostro meccanismo di selezione, per i collegi uninominali. Basterebbe dire: dieci dei miei collegi io li gioco in un altro modo, faccio una call con cui arrivo a individuare le persone, attraverso una valutazione pubblica. Se il Pd vuole fare questo, può metterlo in pratica anche a regole date.

Oppure potreste fondare un vostro partito…

Non c'è né la scala tecnica, né l'intenzione di fare un passo del genere. La nostra forza è proporre metodi e contenuti, rompendo le scatole il più possibile.

Nella vostra call, chiedete ai candidati di sottoscrivere a un manifesto dei valori delle forze progressiste. Quel campo però oggi è attraversato da profonde divisioni, sulla guerra in Ucraina e sulla strategia per rispondere all'invasione russa. Lei crede davvero che al momento esista un terreno comune in cui tutte le anime della sinistra si possano riconoscere?

Non posso rispondere con la voce dei candidati, che non sappiamo ancora chi sono, ma il tema sarà ovviamente oggetto di confronto. Io però in queste settimane ho incontrato migliaia di persone in tutta Italia per presentare il mio libro. La sensazione che ho ricavato è che la qualità della discussione sulla guerra che c'è tra i militanti del mondo sulla sinistra sia molto più ragionevole di quanto non appaia nel dibattito politico, dove prevale l'irragionevolezza e si sono create contrapposizioni terribili. Certo, ci sono oscillazioni su questioni delicatissime, come quella dell'invio delle armi, che investe le coscienze individuali. Ma c'è una compattezza sul fatto che la pace sia un'utopia possibile, che l'Europa e l'Italia non si stanno spendendo in maniera adeguata per costruire le basi del dopo, che non si discuta più di aumentare le spese per la cooperazione internazionale. Penso quindi che si possono creare candidature non divisive, anche su questo argomento.

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