video suggerito
video suggerito

Donald Trump vuole dazi minimi del 15-20% sui beni europei: trattativa con l’Ue sempre più in salita

La trattativa sui dazi tra Washington e Bruxelles è a un punto critico. Trump vuole imporre tariffe minime su tutti i beni europei, mentre l’Ue valuta contromisure su Big Tech. Il rischio è un’escalation con impatto fino a 35 miliardi di euro per l’economia europea.
A cura di Francesca Moriero
0 CONDIVISIONI
Immagine

La tensione tra Stati Uniti e Unione Europea sulle politiche commerciali torna a salire. A meno di due settimane dalla scadenza del 1° agosto, fissata come termine ultimo per un nuovo accordo, i negoziati tra le due sponde dell’Atlantico, sembrano infatti ancora in stallo. Secondo quanto riportato dal Financial Times, il presidente statunitense Donald Trump avrebbe irrigidito la sua posizione, chiedendo l’introduzione di dazi minimi del 15-20% su tutti i beni provenienti dall’Europa, con la possibilità di mantenere l’attuale tariffa del 25% sulle auto.

La proposta ha colto di sorpresa i negoziatori europei, che fino a pochi giorni fa speravano di raggiungere un compromesso su un dazio del 10% applicabile a gran parte dei prodotti; secondo fonti diplomatiche, la mossa americana avrebbe lo scopo di mettere alla prova la disponibilità dell’Unione ad accettare un accordo squilibrato.

Bruxelles sotto pressione: tra dialogo e minaccia di contromisure

Di fronte al muro eretto da Washington, la Commissione europea mantiene formalmente l’apertura al dialogo, ma si prepara anche allo scenario peggiore: la Germania, tradizionalmente favorevole al compromesso, ha aperto per la prima volta alla possibilità di attivare lo “strumento anti-coercizione”, cioè una serie di misure difensive per contrastare pressioni economiche da parte di Paesi terzi. Fonti europee riferiscono che il clima tra gli Stati membri si sarebbe fatto più rigido, con l’eccezione dell’Ungheria che continua a opporsi a qualsiasi iniziativa punitiva nei confronti degli Stati Uniti. Il rischio di un’escalation commerciale è concreto, e secondo diversi osservatori, qualsiasi contromisura da parte di Bruxelles potrebbe innescare nuove reazioni da parte dell’amministrazione Trump.

L'allarme della Cgia: senza accordo, danni fino a 35 miliardi

Anche dal fronte economico arrivano i primi segnali d’allarme: la Cgia di Mestre ha diffuso uno studio in cui stima in circa 35 miliardi di euro l’impatto potenziale delle misure tariffarie ipotizzate dagli Stati Uniti sul sistema produttivo italiano. Oltre ai danni diretti alle esportazioni, si prevede un effetto a catena sulle catene del valore, con gravi ripercussioni in settori strategici. L'attenzione si concentra in particolare sulle grandi aziende tecnologiche statunitensi; in caso di mancato accordo, Bruxelles potrebbe infatti decidere di colpire le Big Tech con un pacchetto di sanzioni. Le prime venti società americane del settore hanno generato nel 2022 un fatturato aggregato di oltre 1.300 miliardi di dollari, e rappresentano un bersaglio strategico per eventuali misure ritorsive.

Urso: sostegno alla Commissione per un'intesa sostenibile

Il ministro italiano delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha poi ribadito la necessità di sostenere gli sforzi negoziali della Commissione europea: "Serve un accordo che sia equo e sostenibile", ha dichiarato a Radio24, aggiungendo che un irrigidimento delle posizioni rischia di danneggiare entrambe le economie. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha lanciato un appello affinché si evitino nuove barriere commerciali, avvertendo che l’aumento dei dazi può rappresentare un “rischio al ribasso” per la crescita globale.

Trump: "Lettere commerciali in partenza"

Donald Trump ha rivendicato apertamente la sua strategia aggressiva: durante la firma del Genius Act, una legge legata al settore delle criptovalute, il presidente ha dichiarato che "sono in partenza un paio di lettere commerciali importanti", lasciando intendere che si tratti di ultimatum ai Paesi partner. “Quando mando un documento in cui dico che pagherete dazi del 35% o del 40%, quello è un accordo", ha affermato, spiegando che molti Stati, a quel punto, si dicono disponibili a rinegoziare: "Ci stanno chiamando tutti", ha aggiunto, sostenendo che gli Usa sono sommersi di richieste di accordi.

Prossime settimane decisive

Con il 1° agosto che si avvicina e le posizioni ancora distanti, non si esclude che la scadenza venga prorogata per guadagnare tempo, ma più passa il tempo, più aumenta il rischio che i toni si radicalizzino e la diplomazia ceda il passo allo scontro commerciale. E in un contesto globale ancora fragile, le conseguenze di un fallimento potrebbero pesare su entrambe le sponde dell’Atlantico.

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views