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Davide Casaleggio: “Se il Movimento Cinque Stelle si trasforma in un partito me ne vado”

Nel nuovo libro di Vespa ‘Perché l’Italia amò Mussolini (e come ha resistito alla dittatura del virus)’, in uscita il 29 ottobre, c’è un’intervista a Davide Casaleggio sul M5s: “Se il Movimento si chiama movimento è perché ci sono regole frutto della partecipazione dal basso. Se queste regole cambiassero, se il M5S si trasformasse in un partito io non mi ci riconoscerei”.
A cura di Annalisa Cangemi
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"Ad agosto è stato votato un documento in cui gli iscritti dovrebbero esprimersi sulle alleanze comune per comune e non necessariamente con il Pd. Ritengo che sarebbe meglio guardare alle liste civiche che non ai partiti. È difficile imporre dall'alto alleanze locali". Lo dice Davide Casaleggio a Bruno Vespa per il libro ‘Perché l'Italia amò Mussolini (e come ha resistito alla dittatura del virus)' in uscita il 29 ottobre da Mondadori – Railibri.

"La differenza tra partito e movimento è proprio questa. Nei partiti tre persone si riuniscono a Roma e decidono che cosa fare in un paesino della Val d'Aosta. Abbiamo visto come sia stato difficile fare alleanze in Campania o in Emilia Romagna dove il M5s aveva sempre combattuto contro le politiche portate avanti dal Pd come ad esempio in materia di inceneritori o di acqua pubblica".

Sempre a proposito delle alleanze: "Il Movimento 5 stelle è nato sulla cosiddetta terza via. Ovvero sul fatto che c'è poca differenza tra le politiche portate avanti negli ultimi 20 anni da parte di forze di destra o di sinistra. Il tema centrale del Movimento 5 stelle deve essere la sua identità, il programma che porta avanti, il metodo di partecipazione", dice a La7. "Poi, se ci si troverà in alcune situazioni in cui bisognerà decidere, spero siano sempre gli iscritti a decidere la direzione che si vuole intraprendere".

Il figlio di Gianroberto conferma poi la sua contrarietà a un terzo mandato per i parlamentari del Movimento cinque stelle, perché "è uno dei principi cardine del Movimento. Il parlamentare svolge un servizio civico per un tempo limitato, non per carriera".

"Se il Movimento si chiama movimento è perché ci sono regole frutto della partecipazione dal basso. Se queste regole cambiassero, se il M5S si trasformasse in un partito io non mi ci riconoscerei. Finora ho prestato la mia opera gratuitamente. Tornerei a coltivare altri interessi". Un monito che era stato già lanciato dal presidente dell'associazione Rousseau, che poche settimane fa aveva scritto  un post sul blog: "Garantiremo le attività che verranno richieste dal capo politico del Movimento 5 Stelle per la realizzazione del percorso che il Movimento riterrà di voler fare, ma qualora, per qualche motivo, si avviasse la trasformazione in un partito, il nostro supporto non potrà più essere garantito”.

"Sento voci e vedo anche dichiarazioni pubbliche – aggiunge nel libro di Vespa – di alcuni che vorrebbero spostare il flusso del potere e centralizzarlo. Vorrebbero decidere a Roma che cosa deve accadere nelle periferie. Ma questo sistema è tipico dei partiti. Vede, io presto da quindici anni gratuitamente la mia opera insieme a migliaia di volontari che hanno consentito di coinvolgere gli iscritti nelle scelte del Movimento. La tendenza a centralizzare mi preoccupa perché vedo la volontà di trasformare il Movimento in partito".

"Non entrerei in nuovi contesti partitici. Rimarrei nel movimento", spiega Casaleggio, secondo cui Rousseau e Movimento non sono separabili. "Rousseau è un metodo di partecipazione dal basso scritto in tutte le carte fondative del MoVimento 5 Stelle. Il metodo di partecipazione dal basso è inscindibile dal concetto stesso di Movimento. Altrimenti si passa all'organizzazione di partito. Se la maggioranza delle persone decidesse di farlo, dubito che ci sarebbe una unità d'intenti con la minoranza".

"A detenere il ‘potere' nel MoVimento 5 Stelle sono gli iscritti e lo esercitano tramite Rousseau. Da quindici anni abbiamo adottato varie modalità di sostegno economico del sistema con modalità diverse per Rousseau. Solo negli ultimi due anni i parlamentari contribuiscono con 300 euro mensili".

"Alcuni oggi (163 parlamentari, dato di luglio non aggiornato) – aggiunge Casaleggio – pensano sia opportuno condurre la loro battaglia politica interna al movimento smettendo di versare e sostenere il progetto. Abbiamo perciò limitato alcuni impegni e abbiamo disdetto il contratto d'affitto per una parte dell'ufficio di Milano per continuare a pagare gli stipendi ai nostri collaboratori". Quando Vespa chiede a Casaleggio notizie della trattativa con il M5s sulla cessione di Rousseau, Casaleggio gli gira il bilancio 2019 dell'associazione dove risulta che il costo del servizio è di circa 1 milione e 200mila euro all'anno.

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