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Coronavirus, perché è fallito il contact tracing in Italia

In Italia è fallito il sistema di tracciamento dei contatti dei positivi. Non solo per i problemi riscontrati con l’app Immuni, ma anche per la mancanza di personale addetto a rintracciare tutte le persone entrate in contatto con positivi e quindi potenzialmente a rischio infezione. E con oltre 30mila casi al giorno, è sempre più difficile tenere l’epidemia di coronavirus sotto controllo.
A cura di Annalisa Girardi
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I nuovi casi di coronavirus in Italia oggi hanno superato quota 30mila. L'epidemia è in una fase sempre più critica e specialmente in alcuni territori sembra essere totalmente sfuggita dal controllo delle autorità sanitarie. In particolare è fallito il sistema di tracciamento dei contatti dei positivi. Non solo per i problemi riscontrati con l'app Immuni, ma anche per la mancanza di personale addetto a rintracciare tutte le persone entrate in contatto con positivi e quindi potenzialmente a rischio infezione. Secondo dei dati comunicati ancora due settimane fa dal Sole 24 Ore, nel nostro paese ci sarebbero circa 9.600 persone impiegate nel processo di contact tracing, con numeri molto diversi a seconda delle Regioni. Il 24 ottobre è stato pubblicato un bando straordinario per assumere altre 1.500 persone per potenziare il sistema di tracciamento. Contando però che i nuovi casi sono ormai tra i 30mila al giorno e che ogni contagio ha in media una decina di contatti stretti (se non di più) è chiaro come i numeri rendano il contact tracing un'operazione decisamente difficile, se non impossibile.

Almeno, al netto delle risorse attualmente in campo. "Le Asl non sono più in grado di tracciare i contagi, la strategia di contenimento del virus non sta funzionando. La situazione è molto grave, le regioni stanno andando verso la perdita del controllo dei contagi", diceva sempre alcune settimane fa Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute. E la situazione si è fatta ancora più critica. Secondo l'ultimo monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità, solo 1 caso ogni 4 emerge grazie al contact tracing. Oltre il 31%, invece, si accorge di essere positivo solo a causa dell'insorgenza di sintomi: prima del risultato del tampone, tuttavia, il contagiato potrebbe aver incontrato altre persone ed essersi spostato, rischiando di fatto di contribuire al propagarsi dell'infezione.

Un altro grande tallone d'Achille del sistema di tracciamento è rappresentato dall'app Immuni. Stando ai dati di alcuni giorni fa, l'applicazione che avverte se c'è stato un contatto con un positivo è stata scaricata da 9,1 milioni di persone. Le segnalazioni, però, sono state pochissime. Nemmeno 1/6 della popolazione ha fatto il download dell'app e al 23 ottobre le segnalazioni di utenti positivi erano state 999, per 19.485 notifiche. In quei giorni i positivi in tutto il territorio nazionale erano però circa 142mila: Immuni avrebbe dovuto segnalare significativamente più di un migliaio di persone. Almeno 22mila.

In alcuni casi si sono riportati casi di malfunzionamento. In altri il contatto a rischio veniva rilevato, ma l'applicazione non inviava poi la notifica, per cui l'utente se ne rendeva conto solo andando effettivamente ad aprire l'app. C'è stato anche il problema della formazione dei medici di base, poco attrezzati per far fronte agli enormi numeri che si sono trovati a gestire. Dal Dpcm dello scorso 18 ottobre le Asl sono obbligate a inserire nel sistema centrale di Immuni i codici dei cittadini positivi che utilizzano l'app. Prima di questa data non tutte lo facevano. Caso noto è quello del Veneto, che ha integrato le funzioni di Immuni nel proprio sistema solo qualche settimana fa. Al netto di tutti i problemi tecnici riscontrati con il funzionamento dell'app, il sistema sanitario nazionale vi fa comunque poco affidamento. E così rimane difficile velocizzare e automatizzare il sistema di tracciamento.

In un contesto di questo tipo, con questi strumenti a disposizione, diventa sempre più complicato circoscrivere un focolaio o individuare una catena di trasmissione del virus. Che continua così a diffondersi indisturbato.

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