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Cop27, il report sul clima che boccia l’Italia: non investe abbastanza sulle rinnovabili

Il Climate change performance index, presentato oggi alla Cop27, mostra l’Italia a metà classifica come lo scorso anno. Mancano una politica chiara sulla riduzione di emissioni e un impegno deciso sulle rinnovabili. E con il governo Meloni si temono peggioramenti.
A cura di Luca Pons
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L'Italia è bloccata, nel suo impegno contro la crisi del clima. L'indice di performance sul cambiamento climatico (Ccpi) presentato oggi alla Cop27 la vede al 29esimo posto su 60 Paesi analizzati. Un anno fa era al 30esimo. "Non c'è una politica chiara per ridurre i gas serra e usare di più le rinnovabili", commentano gli autori del rapporto.

La classifica è curata dalla tedesca Germanwatch, una Ong che si occupa di politiche sul clima dal 1991, in collaborazione con Climate action network, NewClimate institute e, per quanto riguarda l'Italia, Legambiente. Nella lista sono inclusi 59 Stati e l'Unione europea nel suo complesso: sono i Paesi responsabili del 90% delle emissioni climalteranti nel mondo.

Il podio è vuoto. I primi tre posti sono stati lasciati senza occupanti perché nessun Paese ha raggiunto gli obiettivi necessari per affrontare al meglio il surriscaldamento globale, previsti dagli accordi di Parigi del 2016 e con scadenza nel 2030. Al quarto e quinto posto ci sono Danimarca e Svezia, poi Cile, Marocco e India.

L'indice, che va da 0 a 100, assegna 40 punti in base all'andamento delle emissioni di un Paese, e poi considera altri tre fattori che valgono ciascuno 20 punti: lo sviluppo delle energie rinnovabili, l'efficienza del sistema energetico (gli eventuali sprechi di energia, ad esempio) e le politiche sul clima che vengono portate avanti.

L'Italia va meglio se si guarda solo all'efficienza energetica, dove è al 20esimo posto in classifica, mentre è particolarmente bassa nell'utilizzo di energie rinnovabili: 33esima posizione, e addirittura nella classifica che esclude l'idrogeno dalle rinnovabili si piazzerebbe al 56esimo posto su 60.

Al momento, il Piano nazionale integrato su energia e clima (Pniec) permette di tagliare le emissioni solo del 37% rispetto al 1990, entro il 2030. Il Pnrr prevederebbe di rivedere questo Piano sul clima per portare la riduzione al 51% ma, come fanno notare gli esperti che hanno curato il rapporto, "a più di un anno dall'adozione del Pnrr, la revisione del Pniec deve ancora iniziare".

Secondo Stefano Ciafani, ingegnere ambientale e presidente nazionale di Legambiente, "serve una drastica inversione di rotta". Il Pniec va aggiornato per tagliare le emissioni non solo del 51%, ma del 65%. È lo stesso obiettivo delineato dal report Ccpi, secondo cui "l'Italia dovrebbe dare l'esempio" e potrebbe "raggiungere la neutralità climatica ben prima il 2050".

In più, "va anche confermato il phase-out del carbone entro il 2025", continua Legambiente. Con l'arrivo della crisi energetica, l'Italia sta usando a pieno regime le sue due centrali a carbone, impegnandosi comunque ad abbandonarle per il 2025. L'impegno ora va mantenuto, e "senza ricorrere a nuove centrali a gas", sottolinea Legambiente.

L'Italia, infatti, sta puntando sul gas come "carburante-ponte", dice il rapporto, mentre le rinnovabili vanno a rilento. "L'Italia può centrare l'obiettivo climatico del 65%, soprattutto grazie al contributo delle rinnovabili", continua Ciafani, "ma deve velocizzare sia gli interminabili iter di autorizzazione dei grandi impianti industriali alimentati dalle fonti pulite, sia quelli delle comunità energetiche".

Gli esperti che hanno curato la parte del rapporto relativa all'Italia scrivono anche che, con l'arrivo del governo Meloni, si teme che le "ambizioni climatiche" del Paese si abbassino e si facciano altri passi indietro, che porterebbero a un tracollo italiano nel prossimo rapporto Ccpi.

Tra i Paesi del G20, che si sta riunendo in questi giorni a Bali, solo tre sono nella top 20: India, Regno Unito (11esimo posto) e Germania (16esimo). L'Unione europea arriva alla 19esima posizione. Considerando gli Stati membri dell'Ue, i peggiori sono Ungheria (53esimo posto nella classifica) e Polonia (54esimo).

La Cina è al 51esimo posto a causa delle emissioni che continuano a crescere, gli Stati Uniti sono subito sotto ma guadagnano tre posizioni rispetto all'anno scorso. A chiudere la classifica sono tre Stati che utilizzano ed esportano combustibili fossili: Kazakistan, Arabia Saudita e infine Iran.

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