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Contratti a termine, come cambiano le regole sulle causali nel nuovo decreto Lavoro

Nel nuovo decreto Lavoro, il governo interviene per modificare le regole sui contratti a termine. In particolare, le novità riguardano le causali per poter ricorrere ai contratti a tempo determinato, che comunque non possono andare oltre i 24 mesi.
A cura di Annalisa Girardi
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Il decreto Lavoro è stato inviato alla Ragioneria di Stato per le bollinatura e dopo sarà trasmesso al Quirinale per la firma del presidente della Repubblica. Il provvedimento è stato approvato nel Consiglio dei ministri dello scorso primo maggio, ma nei giorni successivi non sono mancati cambiamenti al testo. Tra le misure principali del provvedimento ci sono anche nuove regole per i contratti a termine che intervengono sulle causali per cui questi possono essere stipulati fino a 24 mesi: l'obiettivo del governo è quello di garantire maggiore flessibilità, ma secondo l'opposizione in realtà l'unico risultato sarà maggiore precarietà.

Quali contratti a termine sono stipulabili senza causali

Per i contratti a tempo determinato fino a 12 mesi non cambiano le regole: continueranno a non servire causali per ricorrere a questa tipologia. Dopodiché queste andranno indicate, ma comunque non si potrà andare oltre i 24 mesi. La novità non riguarda quindi le tempistiche, ma le causali in sé: il decreto interviene variandole: queste ora saranno affidate a quanto specificato dai contratti collettivi, o in alternativa potranno essere strette tra le parti ma solo fino al 31 dicembre 2024.

Contratti a termine oltre i 12 mesi, nuove regole per le causali

Per riassumere, quindi, i contratti a termine potranno avere anche una durata superiore a 12 mesi (ma non andare oltre i 24) secondo le causali definite dai contratti collettivi, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti, o per la sostituzione di altri lavoratori.

Ecco il testo dell'articolo in materia di contratti a termine:

ART. 24

(Disciplina del contratto di lavoro a termine)

1. All’articolo 19, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le lettere a), b), b-bis) sono sostituite dalle seguenti:
«a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;

b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.»;

b) il comma 1.1. è abrogato;
c) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: «5-bis. Le disposizioni di cui al comma 1non si applicano ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni, nonché ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici diricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96.».

Le accuse dell'opposizione al decreto lavoro

La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha spiegato che con questo provvedimento si intende eliminare "le causali di difficile applicazione che potevano generare un contenzioso", ma smentisce che si rischi un aumento della precarietà, che è invece quanto sostengono sindacati e opposizione. "Si mantiene comunque fermo il rispetto della direttiva europea sulla prevenzione degli abusi", spiegano dal ministero.

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