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Come Matteo Salvini vuole riprendersi il suo popolo

A Roma non andrà in scena la manifestazione del centrodestra e nemmeno la celebrazione della nuova destra, da Berlusconi a Casapound. Quello di domani sarà il ritrovo della comunità salviniana, che si stringe intorno al capitano e lo incorona di nuovo come unico leader, rilanciandone slogan, concetti e visioni. In questo senso, a essere fuori posto non è Casapound, ma Berlusconi.
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La partecipazione di Casapound e le polemiche interne a Forza Italia, in merito alla manifestazione indetta dalla Lega per sabato 19 ottobre, restituiscono la fotografia più nitida di ciò che sta accadendo a destra del governo. Quella che si raduna sotto le insegne dell’opposizione al Conte bis e alla maggioranza giallorossa non è infatti la coalizione di centrodestra, né la nuova configurazione della destra italiana. È la comunità salviniana, reduce dal traumatico abbandono delle posizioni di potere ma decisa comunque a stringersi attorno al proprio capitano. In tal senso a essere incomprensibile e politicamente un errore non è la scelta di Casapound di unirsi alle truppe salviniane, ma quella di Berlusconi.

Già in molti hanno notato come il clamore per la presenza contemporanea in piazza di Casapound, Lega e Berlusconi sia del tutto ingiustificato, sia perché non si tratterebbe di una "prima volta", sia perché anni e anni di abbassamento dell'asticella hanno garantito il completo sdoganamento politico e mediatico delle istanze e delle pratiche dell'estrema destra italiana, anche quella post-fascista. In effetti, la presenza dei militanti di Casapound alla manifestazione leghista di Roma è semplicemente la conferma dell'adesione politica e spirituale alla comunità salviniana, un riconoscimento al leader politico, forse sconfitto dal palazzo ma ancora unico cavallo su cui puntare per i prossimi anni. Nonché l'ulteriore riscontro di come l'ex ministro dell'Interno sia da tempo egemone negli ambienti e tra l'elettorato dell'estrema destra.

Come abbiamo provato a raccontarvi, nel corso degli anni Salvini ha sempre lavorato per accrescere e rafforzare la sua community, il suo personale serbatoio di consenso, uno zoccolo duro di seguaci in grado di mobilitarsi con rapidità e garantirgli l’occupazione del dibattito pubblico, tanto sui social network quanto sui canali “tradizionali”, grazie al supporto di intellettuali, giornalisti e opinionisti che ne hanno sposato cause e battaglie (più o meno consapevolmente). Una comunità che si è dotata di propri riferimenti ideologici e politici, di simboli e di concetti tanto semplici quanto efficaci. Il salvinismo, insomma: una proto-ideologia aggressiva ed escludente, in cui sovranismo, nazionalismo e conservatorismo si sono mescolati in un calderone in cui ha trovato spazio di tutto, dalle istanze sociali ai richiami all’alt-right statunitense, dal lepenismo a una singolare concezione del buonsenso e della pratica politica. Un universo con un unico centro: Matteo Salvini, la cui immagine si è sovrapposta, fino a inglobarla quasi del tutto, a quella del partito, della Lega e dei suoi rappresentanti nelle istituzioni. Con la notevole eccezione del partito di Giorgia Meloni, che è riuscita a costruirsi una identità appoggiandosi proprio su alcuni "blocchi" esclusi dalla comunità salviniana, quello dei cittadini politicizzati con chiari riferimenti ideologici e quello dei "notabili" della politica, con forti legami sui territori.

Durante questo grande processo di cambiamento, Salvini si è liberato dei legacci della vecchia ideologia della destra liberale e del centrodestra moderato. Puntando su un approccio diverso, ossessivamente sbilanciato sul piano comunicativo, studiato per intercettare soprattutto "i nuovi esclusi", ovvero cittadini che hanno attraversato un rapido processo di “radicalizzazione” e un più complesso percorso di destrutturazione culturale, fino a diventare insofferenti e ostili ai tecnicismi della politica, alla complessità della burocrazia, ma anche al progressismo e al cambiamento stesso, visto quasi come un pericolo per la propria stabilità. L'egemonia a destra l'ha conquistata proprio nutrendo la sua comunità con odio targetizzato, polarizzazione continua e indignazione un tanto al chilo; disegnando continue immagini di scontro e dualismo, in grado di generare rabbia e disillusione, ma anche di impedire legami e appartenenze diverse da quelle della tradizione "classica" della destra italiana, la nazione, la religione, la difesa dei confini.

Il progetto si è incartato dopo il boom delle Europee, quando l'ubriacatura da consenso ha spinto Salvini a commettere errori a raffica. E quel popolo che non aspettava altro che di "prendersi il Paese" e di "dare pieni poteri" al proprio capitano, si è trovato di fronte alla prospettiva di una lunga marginalizzazione dalla scena politica italiana.

Ecco, la manifestazione di Roma serve a cambiare questa percezione: una nuova legittimazione per Salvini come leader della destra italiana e unica alternativa al governo giallorosso, nel momento in cui la sua parabola sembrava in fase discendente, con la crisi post Papeete che avrebbe potuto incrinare l’asse leader – partito – comunità. È per questo che l’atto di vassallaggio di Silvio Berlusconi sembra incomprensibile, anche a molti del suo partito, visto che il Cavaliere e i suoi di quel popolo non fanno e non faranno mai parte. È l'ultima cessione di sovranità della destra italiana a Salvini, con conseguenze non semplici da prevedere.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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