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Che sarà della Lega Nord dopo la bufera? La parola a Maroni

In un’intervista al Corriere, Roberto Maroni prova a guardare oltre lo scandalo giudiziario che ha travolto il Carroccio. Chi sarà il futuro leader della Lega? Come andranno le amministrative? E il sogno resta sempre lì, intramontabile: l’indipendenza della Padania.
A cura di Biagio Chiariello
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in un intervista al corriere il leader del carroccio parla del futuro dopo bossi

All'indomani dello scandalo che ha travolto Bossi & c., Roberto Maroni aveva parlato subito di «pulizia, pulizia, pulizia». Concetto ribadito in occasione del raduno dell'Orgoglio Leghista a Bergamo, dove il popolo padano lo ha elogiato come si fa solo per un leader. Adesso, però, è arrivato il momento di guardare avanti, di capire chi sarà la prossima guida del Carroccio, fermo restando che «dopo Bossi non verrà un nuovo Bossi» perché «un leader carismatico è per sua natura insostituibile». Ad affermarlo, in una intervista al Corriere della Sera, è lo stesso ex Ministro dell'Interno, sottolineando che verrà «un nuovo assetto e una nuova squadra». Ma non è detto che quel leader sia lui. Anche perché a Bergamo sono state tracciate le quattro linee della Lega del futuro e tra queste, c'è l'idea di dare più spazio ai giovani.

Ma «pulizia», prima di tutto. Ma «senza caccia alle streghe: io non sono Torquemada» dice Bobo. E in ogni caso, questo passo è già stato fatto con le espulsioni dell'ex tesoriere Belsito e di Rosi Mauro (salvataggio in extremis per Renzo Bossi). «Secondo, nuove regole: soldi alle sezioni, non in Africa». Il riferimento è naturalmente agli investimenti della Lega in Tanzania che hanno fatto scattare diversi sospetti, non solo nei palazzi di giustizia, ma anche dalle parti di Via Bellerio. Un argomento che Maroni ha appreso solo leggendolo «sul Secolo XIX . Dell'amministrazione si è sempre occupato l'amministratore. Quando nel 2006 divenni capogruppo alla Camera, mi rifiutai di versare il contributo a quello di allora, Balocchi, perché non si capiva come sarebbe stato speso». Maroni era dunque all'oscuro di questa «gestione opaca dei fondi pubblici» come hanno scritto i magistrati nei decreti di perquisizione. E, a tal proposito, dice: «quando divenni ministro, andai dal capo della polizia e da altri a chiarire che non intendevo essere informato su indagini in corso»

Maroni poi dice alla «meritocrazia» e indirettamente no al nepotismo. E non ci vuole certo il genio per capire che il riferimento qui è a coloro che hanno occupato le poltrone più importanti negli uffici dei territori padani grazie a qualche "spintarella. «Quarto: largo ai giovani» prosegue il leader dei barbari sognanti, che si sofferma proprio su quest'ultimo punto. «La Lega del futuro, la Lega 2.0, ha bisogno di giovani. Per fortuna ne abbiamo: Zaia, Tosi, Cota, Giorgetti. Hanno la stoffa del leader? Valuteremo». Tuttavia se venisse eletto un veneto «sarei l’uomo più felice del mondo». Ma se dovesse decidere di ricandidarsi il Senatùr come segretario: «ho già detto che lo voterei» ribadisce Maroni.

Poi difende Bossi, nella convinzione che il leader maximo leghista non sapesse nulla dei soldi sottratti dal Belsito dal denaro dei rimborsi elettorali per pagare case, lauree, auto, multe e quant'altro della family: «Continuo a credere che l’Umberto Bossi che conosco io sia diverso, mi pare impossibile che Umberto Bossi fosse consapevole di quanto accadeva. Lo conosco da oltre 30 anni: non è mai stato legato ai soldi». Eppure sui documenti in possesso degli inquirenti appaiono a chiare lettere delle firme del Senatùr: «Se verrà accertato il contrario, me ne dispiacerò. In ogni caso, stiamo facendo le nostre verifiche interne per stabilire se, quanto e chi ha sbagliato».

L'ex capo del Viminale dice di guardare con preoccupazione alla prossime amministrative. Non si può negare il contrario alla luce di quanto avvenuto negli ultimi dieci giorni. «Il timore c'è. Nei sondaggi paghiamo, ma non così tanto. Ci sarà un rimbalzo. E in prospettiva non siamo messi così male; anzi. La questione settentrionale è lì, intatta» afferma Maroni, che in tal senso si riallaccia al sogno mai tramontato dei leghisti: «L'indipendenza della Padania resterà sempre il nostro progetto. Ci si può arrivare con la rivoluzione o con l'accordo, come hanno fatto Repubblica Ceca e Slovacchia; ma la prospettiva non è affatto tramontata, anzi, il momento è propizio.»

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