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Cabras (M5s) “Covid è la fine di Maastricht: tedeschi rinuncino a un’Europa germanocentrica”

“I Paesi del nord Europa hanno ancora i piedi tutti dentro il pantano di Maastricht e non hanno assorbito il trauma di una nuova epoca. L’epidemia in un amen ha fatto a pezzi anche il loro vecchio cruscotto di strumenti finanziari. Vogliono conservare le situazioni che credono ancora vantaggiose per loro. Ma, da Paese fondatore delle istituzioni europee, noi poniamo qui ed ora l’esigenza di costruire nuove fondazioni”: così Pino Cabras, capogruppo M5s in commissione Esteri alla Camera, commenta con Fanpage.it la risposta dell’Unione europea alla crisi economica generata dal coronavirus.
A cura di Annalisa Girardi
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L'Unione europea ha messo in campo 100 miliardi per contrastare la disoccupazione e aiutare i Paesi più colpiti dall'emergenza coronavirus, primo tra tutti l'Italia. Ma il piano Sure basterà a placare lo scontro tra i Paesi che sostengono il Mes e quello che chiedono strumenti straordinari per far fronte alla crisi, come i coronabond? Che aspetto avrà l'Europa al termine della pandemia, che ha riportato alla luce la profonda frattura Nord-Sud?

Fanpage.it lo ha chiesto a Pino Cabras, capogruppo del Movimento Cinque Stelle alla commissione Esteri alla Camera. Secondo il deputato, non solo l'emergenza coronavirus ci costringe a ripensare gli strumenti finanziari a disposizione dell'Unione per superare una crisi di questa portata, ma mette anche in discussione l'intero sistema nato dal trattato di Maastricht, uno dei pilastri su cui si fonda l'Ue e la base dei parametri economici della comunità europea.

L'emergenza coronavirus ha riportato al centro dell'attenzione politica e mediatica la questione del Mes. Le posizioni del Movimento Cinque Stelle sono rimaste invariate a riguardo?

A suo tempo come M5S avevamo preteso di revisionare tutta la questione Mes perché era un meccanismo incompleto e inutile finché non si creavano l’unione bancaria e altri strumenti di intervento sugli shock finanziari. La crisi Covid-19 però è un gigantesco reset perché non ha travolto solo il vecchio MES, ma tutto il “mondo di Maastricht”. Quel trattato, dopo 10255 giorni, in un solo giorno è stato sostanzialmente ripudiato da tutti ora che, finalmente, buttano al mare l’austerità. Anche se qualche governo vorrebbe prolungarla in casa degli altri governi.

Dai Paesi nordici, ad esempio dalla Germania e dall'Olanda, è arrivato un fermo "no" ai coronabond. Si sono riaperte le fratture tra Nord e Sud in Europa?

Le classi dirigenti di quel gruppo di Paesi hanno ancora i piedi tutti dentro il pantano di Maastricht e non hanno assorbito il trauma di una nuova epoca. L’epidemia in un amen ha fatto a pezzi anche il loro vecchio cruscotto di strumenti finanziari, utili per Paesi con un settore privato indebitatissimo e punitivi per i Paesi ad alto debito pubblico. Vogliono conservare le situazioni che credono ancora vantaggiose per loro. Ma, da Paese fondatore delle istituzioni europee, noi poniamo qui ed ora l’esigenza di costruire nuove fondazioni.

Si sta parlando della possibilità di un compromesso, rimanendo legati a strumenti come il Mes e la Bei, ma adattandoli all'emergenza, ad esempio eliminando i vincoli di bilancio per il fondo salva-Stati: è una via percorribile o si rischia comunque di penalizzare i Paesi più colpiti?

Nelle regole del Mes non c’è modo di eludere vincoli e condizionalità e da Berlino e Amsterdam si gode a ricordarlo. La Bei può fare pochino e in modo indiretto. Siamo entrati in un’epoca in cui le banche centrali sono pronte a pompare migliaia di miliardi direttamente nell’economia reale. Se questa è una guerra, non possiamo andarci con le suole di cartone mentre gli altri ci vanno in elicottero. Fuor di metafora, serve un misto di strumenti del tutto inediti: una BCE che faccia finalmente la banca centrale, e margini di manovra fiscale degli Stati che iniettino liquidità (ad esempio con moneta fiscale, certificati di compensazione fiscale e mobilitazione del risparmio con fiscalità agevolata).

Il commissario Gentiloni ha detto che il Mes, essendo nato con un altro obiettivo, non sia adatto a contrastare l'emergenza. Ma secondo Gentiloni bisogna ripensare la discussione partendo dagli obiettivi comuni piuttosto che dagli strumenti per raggiungerli: lei è d'accordo?

Ovviamente sono d’accordo affinché si ridiscuta tutto, non per velleità politica, ma perché la bruta meccanica dei fatti storici ha impresso sull’Europa un’accelerazione vertiginosa. Il che significa che i nuovi obiettivi dell’Europa, in vista della depressione economica scatenata dalla pandemia, devono essere l’opposto del mondo di Maastricht che per decenni ha condannato interi popoli alla deflazione, all’austerity, alla stagnazione.

I 100 miliardi messi in campo dalla Commissione per contrastare la disoccupazione segnano la fine delle polemiche con Bruxelles, o l'Ue non sta ancora facendo abbastanza?

In mezzo alla tragedia abbiamo almeno la fortuna di vedere subito se l’imperatore è nudo. Il piano Sure è un punto di partenza ma serve ben altro, anche perché si tratta di una misura nebulosa nella sua implicazione di medio lungo termine sul debito. L’Italia deve essere messa nelle condizioni di non lasciare disoccupato il suo grande potenziale produttivo e umano, usando tutta la liquidità che sarà necessaria. L’Europa deve fare molto di più.

L'emergenza ha dimostrato una sostanziale mancanza di solidarietà tra i Paesi europei? Come sarà cambiata l'Unione quando tutto questo sarò finito?

Le scorie radioattive economiche ce le porteremo appresso per anni anche quando la crisi sanitaria sarà finita. Basti pensare che gli effetti più gravi della crisi mondiale del 2009 in Italia li abbiamo patiti a partire dal 2012 con le manovre “austeritarie” di Monti. Ci sarà tempo per ripensare a cambiamenti nell'architettura delle istituzioni europee e dei trattati. Ora è ancora presto, perché tutto dipende anche da cosa accadrà nel sistema-mondo dove a decidere non è solo Berlino ma soprattutto USA, Cina e Russia. Ciò che possiamo dire è che il Mediterraneo ha ripreso centralità economica e geostrategica a scapito del Mare del Nord, del Baltico e dell'Atlantico. L'Italia deve ritornare ad essere conseguentemente Paese centrale e non più periferico della Nuova Europa che nascerà dalle macerie di questa crisi. I tedeschi dovranno rinunciare all'idea di un'Europa a cerchi concentrici dove la Germania è il nucleo centrale. Se qualcuno vuole adattare l'Europa “germanocentrica” alle nuove esigenze geostrategiche, provando a ridurre l'Italia a mera espressione geografica e dunque a piattaforma logistica del nord Europa, ebbene, deve sapere che l'Italia ha altri programmi.

Nella sua interrogazione parlamentare ha chiesto il rispetto dei vincoli che valgono per l'acquisto di titoli di Stato anche per le operazioni private di alcune banche, e ha menzionato quelle tedesche: ci può spiegare brevemente il punto della questione?

Il punto fondamentale è che la vera minaccia alla stabilità dell'Euro viene dal debito privato ed in particolare dal debito contratto dal sistema bancario europeo (in particolare dalle banche del nord Europa) in dollari americani. I nord europei, come il ministro olandese che ci faceva la lezioncina sulle vacche grasse e le vacche magre, utilizzano in maniera strumentale il livello del debito pubblico dei Paesi del Sud Europa per distrarre dal vero grande problema: le banche europee sono indebitate in dollari per oltre 4000 miliardi, senza contare la voragine dei derivati che portano in pancia. La situazione è paradossale, mentre tedeschi e olandesi puntano da anni il dito contro i Paesi del Sud “colpevoli” di avere un alto debito pubblico e pretendono che ci siano vincoli alle operazioni della BCE sull'acquisto di titoli di stato, assistiamo al continuo salvataggio della Bce delle banche private: la BCE arriva a indebitarsi con la Federal Reserve USA, la famosa Fed, paga a questa perfino un interesse, e così le acrobazie delle banche zombie trovano un bel paracadute.

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