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Albania, Colucci (M5S): “Meloni credeva di essere al di sopra delle leggi, ora chieda scusa agli italiani”

Il deputato M5S Alfonso Colucci ha visitato i centri per migranti, voluti dal governo Meloni in Albania. Qua ha potuto incontrare anche le sette persone, che sono state poi riportate in Italia, a seguito del nuovo pronunciamento del tribunale di Roma sul tema dei Paesi sicuri. A Fanpage.it, Colucci racconta cosa ha visto e ascoltato nel corso della sua ispezione. E sul tema dei costi delle strutture dice: “Ci sono centinaia di operatori in servizio per dei centri che non sono attivi, la Corte dei Conti deve intervenire”
A cura di Marco Billeci
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I magistrati del tribunale di Roma – chiamati a decidere sul trattenimento di sette migranti,  trasportati dalla Marina militare nei centri in Albania – hanno deciso di sospendere il giudizio e rinviare la questione alla Corte di Giustizia Europea. Nel frattempo, le persone che erano rinchiuse a Gjader sono state riportate in Italia, dove verranno liberate. Si tratta del secondo stop su due tentativi, al progetto voluto dal governo di Giorgia Meloni. Deciso sulla base della sentenza del 4 ottobre 2024 del tribunale Ue, che impedisce di applicare la procedura accelerata di frontiera ai Paesi non considerati  interamente sicuri.

Il deputato del M5S Alfonso Colucci ha passato gli ultimi giorni in missione in Albania, dove ha potuto visitare i centri per migranti e parlare con alcune delle sette persone, che si trovavano lì. "Io credo che quella della magistratura romana sia una scelta dovuta,  considerando la sentenza della Corte di giustizia europea  – dice Colucci a Fanpage.it -. I giudici hanno l'obbligo di non applicare la normativa italiana, che sia in contrasto con la normativa comunitaria. Finché le leggi sono queste, i giudici hanno questo dovere".

Cosa ha visto nella sua ispezione all'interno delle strutture albanesi?

Sembra di entrare in aree assimilabili a dei penitenziari, perché sono circondate da grandi barriere che rendono questi centri totalmente impenetrabili dall'esterno. A Gjader ci sono anche vari cancelli che separano le zone, quindi con diversi livelli di accesso. Per il resto le strutture sono ancora n corso di realizzazione, quindi fervono lavori giorno e notte.

Cosa le hanno detto i migranti con cui ha parlato?

Io ho trovato persone molto stanche e provate, mi hanno descritto dei viaggi che sono davvero delle Odissee. Un migrante egiziano mi ha detto di aver viaggiato un anno e mezzo, partendo dal suo villaggio, passando dalla Libia, dove per mesi – con il passaporto ritirato dagli scafisti – ha dovuto lavorare per poter pagare i costi del viaggio stesso. Alla fine è stato salire su un barchino con altre 19 persone.

E cosa è successo in mare?

Quando era in vista di Lampedusa, il barchino è stato abbordato da dei gommoni, che hanno caricato i migranti e fatto una cernita sommaria.  Alcuni di loro così selezionati sono stati portati sulla nave della Guardia Costiera Libra, dove hanno appreso che non sarebbero stati fatti sbarcare in Italia, ma sarebbero andati in Albania. E hanno dovuto affrontare altri quattro giorni di navigazione, per arrivare al porto di Shengjin.

I migranti erano a conoscenza dell'eventualità di essere dirottati in Albania?

No, lo hanno appreso una volta a bordo della nave Libra. Uno dei migranti mi ha raccontato che una volta saputo che non sarebbe andato in Italia, ha detto ai soccorritori: lasciatemi qui in mare e fatemi morire. Questa persona peraltro ha dichiarato di avere due fratelli regolarmente dimoranti nel nostro Paese, uno di questi addirittura avrebbe chiesto la cittadinanza.

Non c'è stato quindi per ora l'effetto deterrenza sbandierato dal Governo. Quello secondo cui le persone – consapevoli del rischio di finire in territorio albanese – avrebbero evitato di partire.

La cosa che mi ha particolarmente colpito è che queste persone non mi hanno espresso un progetto di vita, ma la necessità di sfuggire alla morte. Quindi da questo punto di vista, l'effetto di  deterrenza è molto relativo. Alcune hanno raccontato che sfuggivano da una persecuzione di natura essenzialmente religiosa. Come ad esempio un bengalese di religione indù, che è scappato da un Paese come il Bangladesh, musulmano e in una fase politica assolutamente frammentata e violenta.

Si tratterebbe quindi anche di uomini che hanno vissuto sulla loro pelle, il fatto che i loro Paesi di provenienza non possano essere considerati sicuri?

Sì, è esattamente così. Qui il tema è che tutto il protocollo Albania si basa su una procedura accelerata, che comprime notevolmente i tempi e l'accuratezza dell'istruttoria, per stabilire se singolarmente, il soggetto sia o meno vulnerabile. Il divieto di sottoporre a procedura accelerata persone che provengano da Paesi considerati non sicuri si riferisce direttamente alla limitazione istruttoria, che questo tipo di procedimento determina. Naturalmente questo mina al cuore l'essenza del protocollo e dall'Albania.

Secondo l'esecutivo però i giudici sarebbero stati tenuti ad applicare il nuovo decreto sui Paesi sicuri, da poco varato. I leader della maggioranza descrivono di nuovo quella dei magistrati, come una decisione politica

Gli articoli 11 e 117 primo comma della Costituzione dispongono la conformità della normativa interna nazionale alla normativa Ue.  Su questo è unanime l'orientamento del della Corte di Giustizia europea, della Corte Costituzionale italiana, dei massimi esperti che si sono occupati della materia, ma anche delle camere penali. Il mondo del diritto è univoco in questo senso, solo il Governo la pensa diversamente.

Quindi lei ritene che il tribunale del Lussemburgo – chiamato a dirimere la questione – smentirà la posizione del Governo?

Io penso che la pregiudiziale che è stata sollevata da molti giudici –  a partire dal Tribunale di Bologna – non può che portare ulteriore elemento di chiarezza. Aspettiamo adesso che la Corte si pronunci, ma allo stato dell'arte il quadro è questo. Viene da pensare che il Governo ritenga che la legittimazione derivante dal voto popolare lo metta in qualche modo al di sopra delle leggi. In uno Stato di diritto non è così. Anche il Governo, anche Giorgia Meloni sono soggetti alle leggi.

Si è parlato molto anche del tema dei costi per il funzionamento di tutto il sistema dei centri in Albania. Nel corso della sua visita, che idea si è fatto?

Si tratta assolutamente di uno spreco, sia per quanto riguarda il costo di realizzazione delle strutture, sia per i costi di gestione. Mentre io sono stato a visitare le strutture, come detto, erano presenti solo sette migranti. Ma c'erano centinaia di operatori delle forze dell'ordine, sanitari, traduttori, mediatori, di tecnici per far funzionare gli impianti. Davvero centinaia di persone che lavorano in due centri  imponenti, ma che al momento ospitano di nuovo zero persone.  In più vanno considerate le spese di trasporto del personale, la loro permanenza in albergo, come è giusto che sia, il vitto e quant'altro. Il risultato è un aumento dei costi davvero infinito, per delle strutture che da stasera di fatto non sono operative.

Cosa dovrebbe fare la premier Meloni per uscire dal vicolo cieco in cui sembra essere finito il progetto Albania?

Io ho presentato un esposto alla Corte dei conti per danno erariale, perché con un quadro giuridico è così chiaro e uniforme ,queste attività non avrebbero dovuto essere intraprese.  Pensiamo pure all'esborso per la navigazione della Libra, una nave di ottanta metri con ottanta unità di personale, che si è mossa per soli sette migranti. E che ora ora deve anche portare in Italia queste persone. Io credo che le autorità contabili dovrebbero intervenire a difesa del bilancio, delle tasse dei nostri cittadini. E che Meloni dovrebbe chiedere scusa agli italiani.

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