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Il dl Sicurezza di Salvini renderà un inferno la vita dei migranti negli hotspot

Le associazioni Asgi, Cild, Indiewatch, ActionAid hanno raccolto le testimonianze di 60 migranti all’interno del centro di Lampedusa, per denunciare prassi illegittime che adesso rischiano di essere legalizzate. Ma come cambierà adesso la gestione dei migranti nel sistema hotspot con il nuovo quadro formativo previsto dal decreto Sicurezza?
A cura di Annalisa Cangemi
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Il decreto Sicurezza, su cui il governo ha annunciato di voler porre la fiducia, misura portata avanti dal ministro degli Interni Matteo Salvini, inciderà anche sul funzionamento dell'hotspot di Lampedusa, e non solo. Secondo quanto ha annunciato il ministro degli Interni il dl dovrebbe passare oggi: "Sarà un passo in avanti per la sicurezza degli italiani. Di delinquenti italiani ne abbiamo abbastanza… Nel dl sicurezza e immigrazione che donerò agli italiani ci saranno regole più severe per i delinquenti". 

Il Decreto-Legge 4 ottobre 2018, n.113, introduce radicali modifiche nella disciplina dell'asilo, dell'immigrazione e della cittadinanza. Secondo un dossier redatto dalle associazioni Asgi, Cild, Indiewatch, ActionAid, il centro di Lampedusa, uno dei cinque hotspot attivi nel territorio, ha accolto 2914 persone da gennaio 2018. Le associazioni nel marzo di quest'anno hanno trascorso alcuni giorni sull'isola, per documentare le condizioni del centro. Nel nuovo rapporto, che fa parte del progetto ‘In Limine', sono state raccolte 60 interviste di migranti, che hanno raccontato le loro esperienze, dialogando con un pool di avvocati esperti di diritti umani.

Con il decreto Sicurezza, secondo le associazioni, alcune cattive prassi potrebbero adesso essere ammesse per legge. Il focus in particolare è sul trattenimento fino a 30 giorni nell'hotspot finalizzato alla verifica dell'identità e della cittadinanza per i richiedenti asilo, sull'applicazione della procedura accelerata in frontiera per la valutazione della domanda di asilo, e sul trattenimento in luoghi impropri dei cittadini stranieri destinatari dei provvedimenti di espulsione. Per quanto riguarda il primo punto, in sostanza i tempi all'interno degli hotspot, invece di diminuire, tenderebbero a dilatarsi. Anche perché è facile ipotizzare che, come avvenuto fino ad ora, la maggior parte di migranti che arrivano dal Mediterraneo sono sprovvisti di documenti di riconoscimento. E il tempo di permanenza negli hotspot si sommerebbe al periodo di sei mesi che un cittadino straniero può trascorrere all'interno dei Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri), ai fini della verifica e della verifica e della determinazione dell'identità e della cittadinanza.

Non più una prassi illegittima dunque, ma una vera e propria norma. Eppure da aprile all'estate a Lampedusa non si erano registrate situazioni di sovraffollamento. Con il decreto Sicurezza la condizione dei migranti potrebbe al contrario peggiorare, riportando la situazione al periodo di crisi compreso tra dicembre 2017 e marzo 2018, quando centinaia di persone furono trattenute per periodi anche superiori a due mesi. Per questo motivo è stato presentato anche un esposto, alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Agrigento, proprio in seguito alla limitazione della libertà personale subita da una donna, trattenuta nell'hotspot per 40 giorni. Ma il trattenimento dei migranti fino a 30 giorni, contenuto all'articolo 3 del decreto, appare incompatibile con l'articolo 13 della Costituzione, nella parte relativa alla violazione della libertà personale, "in assenza di ipotesi tassative definite per legge". Questa norma sarebbe inoltre è in contrasto anche con l'articolo 31 della Direttiva Ue n.32 del 2013, che autorizza il trattenimento dei migranti, solo nei casi in cui questi, una volta entrati nel territorio italiano in modo irregolare, non abbiano presentato subito domanda di asilo.

La stessa Direttiva Ue n. 31 sarebbe incompatibile anche con la procedura accelerata delle domande di asilo, prevista per tutti i cittadini stranieri, indistintamente. In realtà secondo le disposizioni comunitarie, per poter attuare questo procedimento direttamente in frontiera è necessario dimostrare anche in questo caso che il migrante non abbia volutamente presentato in breve tempo domanda di asilo. Spesso, stando a quanto è stato riportato dagli ospiti intervistati a Lampedusa, una ‘prevalutazione' informale e più rapida delle domande d'asilo in frontiera viene fatta anche in presenza di immigrati che non hanno avuto assistenza legale e dunque non sono informati dei loro diritti e delle modalità di presentazione delle domande di asilo.

Un altro problema è rappresentato dal procedimento immediato davanti alle Commissioni territoriali: quando il richiedente asilo è sottoposto a procedimento penale, oppure è stato condannato anche anche in via non definitiva, il Questore avvisa la Commissione territoriale competente, che procede con l'audizione. Se avviene il rigetto della domanda di asilo il migrante è costretto ad allontanarsi dall'Italia, anche nel caso in cui stia aspettando l'esito del ricorso contro la decisione della Commissione territoriale. Ma nella nostra Costituzione è prevista presunzione di non colpevolezza dell'imputato, che deve essere garantita fino alla condanna definitiva; inoltre, secondo la Convenzione internazionale sullo status dei rifugiati, un migrante non può essere espulso da un Paese, a meno che non ci sia stata una condanna definitiva per reati gravi.

Per quanto riguarda invece il trattenimento in luoghi impropri previsto in questo nuovo quadro normativo, il centro della questione è ancora una volta l'utilizzo degli hotspot. È il caso per esempio del centro di Trapani, utilizzato per la detenzione di immigrati irregolari, in attesa di essere riportati in Tunisia. Gli hotspot, pensati per brevi soggiorni (24-48 ore) saranno adesso utilizzati come ‘filtro', a danno di persone considerate ‘indesiderabili'. Ma nel decreto Salvini non viene specificato che tipo di locali saranno e cosa succederà alle persone che verranno trattenute.

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