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Opinioni

Perché il crocifisso può essere esposto nelle aule scolastiche

Dopo le polemiche di questi ultimi giorni, proviamo a fare chiarezza sulle leggi che regolano l’esposizione di simboli religiosi (e altre questioni del genere).
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Perché il crocifisso è esposto nella grande maggioranza delle aule scolastiche italiane? C’è una legge che regola l’esposizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici? Cosa dicono le sentenze più recenti sulla questione?

Al di là delle (francamente ridicole) polemiche politiche, può essere comunque interessante capire come stanno realmente le cose e quale consistenza abbiano le discussioni su laicità, laicismo e “impianto discriminatorio” dello Stato.

Cosa dice la legge sull’esposizione del crocifisso

Cominciamo col dire che non è semplicissimo individuare una normativa “esplicita, chiara e univoca” che disciplini l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche. Generalmente si fa riferimento a due regi decreti di epoca fascista:

  • il 965 del 1924 che stabilisce all’art. 118 che “ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l'immagine del crocifisso e il ritratto del Re”
  • il 1297 del 1928 che per le sole scuole elementari determina che il crocifisso e il ritratto del Re siano tra gli arredi essenziali

Essenzialmente le norme sembrano essere ancora in vigore, dal momento che altri interventi successivi non hanno fatto altro che “ribadirle implicitamente”. Anzi, addirittura la legge 641 del 1967 estende anche alle scuole medie le disposizioni circa l’arredamento delle scuole elementari previste dal regio decreto del 1928.

E nella revisione dei Patti Lateranensi non si fa cenno a modifiche di questo tipo (anche in questo caso, bisogna ribadire che non è in discussione il principio costituzionale dell’uguaglianza delle religioni di fronte alla legge, né quello della laicità dello Stato).

Qualcosa sembrava essere cambiata dopo l’approvazione del decreto legislativo del 16 aprile 1994 che non faceva alcun riferimento al crocifisso come arredo e aggiungeva: “Le disposizioni inserite nel presente testo unico vigono nella formulazione da esso risultante; quelle non inserite restano ferme ad eccezione delle disposizioni contrarie o incompatibili con il testo unico stesso, che sono abrogate”. Il punto è: si può considerare il crocifisso come un arredo? Le risposte sono praticamente tutte negative, come vedremo.

Pareri, sentenze, ricorsi sul crocifisso in Aula

Una ricognizione normativa, anche al fine di fare un minimo di chiarezza a uso e consumo dei dirigenti scolastici, è stata fatta qualche anno fa dall’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna. L’analisi parte dalla fine, ovvero dalla sentenza della Corte Europea per i diritti dell’uomo sul ricorso contro la presenza del crocifisso di Soile Lautsi una cittadina di Abano Terme che aveva visto respinta da parte del Consiglio di istituto di Abano Terme la sua richiesta di rimozione del crocifisso dalle aule. In primo grado la Corte si era espressa a favore della signora Lautsi, ma in secondo grado la sentenza era stata ribaltata (18 marzo 2011). Secondo la Corte, infatti, “un crocifisso apposto su un muro è un simbolo essenzialmente passivo, la cui influenza sugli alunni non può essere paragonata a un discorso didattico o alla partecipazione ad attività religiose”.

Precedentemente già il Tar del veneto si era espresso contro la richiesta, deliberando che “nell'attuale realtà sociale, il crocifisso debba essere considerato non solo come simbolo di un'evoluzione storica e culturale, e quindi dell'identità del nostro popolo, ma quale simbolo altresì di un sistema di valori di libertà, eguaglianza, dignità umana e tolleranza religiosa e quindi anche della laicità dello Stato, principi questi che innervano la nostra Carta costituzionale”. Insomma, il crocifisso stesso diventava “simbolo della laicità dello Stato”, tesi ardita che però si inseriva in un chiaro “solco interpretativo”.

Il Consiglio di Stato, nel 2006, aveva già affermato che il crocefisso ha una “valenza non meramente materiale, ma altamente simbolica e inerente ai valori fondamentali di libertà”, evitando che potesse essere considerato un “semplice arredo scolastico”, e dunque oggetto di specifiche normative da parte degli istituti.

Nel luglio del 2002 il Consiglio di Stato spigava come il crocifisso avesse “valore universale, indipendentemente da specifica confessione religiosa”, ribadendo che “la presenza del crocefisso non può costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa”.

E quindi?

Per concludere: allo stato attuale le disposizioni che rendono possibile l’affissione di un crocefisso nelle aule sono vigenti; tale oggetto non è qualificabile come “mero arredo scolastico” per le sue “molteplici implicazioni simboliche” e la sua presenza “non è da ritenersi lesiva del principio di libertà religiosa”.

Su tali punti, ovviamente, la discussione è aperta (e comune a tanti altri Paesi europei). La tesi della Uaar, ad esempio, è radicalmente diversa:

In uno Stato laico, nella piena attuazione di una costituzione che non prevede religioni di Stato, la presenza di simboli costituisce un’inammissibile privilegio per la religione cattolica. Essendo chiaramente assurdo concepire la presenza dei simboli di tutte le religioni (visto il loro gran numero), l’unica strada da percorrere è la rimozione dei crocifissi dagli edifici pubblici

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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