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Par condicio: cos’è e come verrà applicata durante la campagna elettorale

In vista delle elezioni politiche del 4 marzo le emittenti televisive e radiofoniche dovranno applicare le norme relative alla par condicio, ovvero garantire le stesse opportunità a tutte le forze politiche in campo. Ma come funziona la par condicio e come viene applicata?
A cura di Stefano Rizzuti
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Ieri la commissione di Vigilanza Rai ha dato il via libera al regolamento sulla par condicio in vista della campagna elettorale che culminerà nel voto del 4 marzo. E così, soprattutto dopo le richieste dei 5 Stelle di non consentire a Bruno Vespa e Fabio Fazio di partecipare con le loro trasmissioni alla campagna elettorale, il tema della par condicio è tornato al centro del dibattito pubblico. Ma cosa è esattamente la par condicio e come funziona?

Il regolamento approvato ieri dalla commissione di Vigilanza Rai è formalmente chiamato “Disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazioni relative alle campagne per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica fissate per il giorno 4 marzo 2018”. Il regolamento si basa su una serie di leggi che disciplinano la comunicazione in campagna elettorale. Ma, sostanzialmente, il riferimento quasi esclusivo è alla legge 28 del 2000 che disciplina i programmi di informazione e comunicazione politica durante due periodi diversi: quello elettorale e quello non elettorale. Per quanto riguarda il periodo elettorale, le disposizioni vengono determinate dalla commissione di Vigilanza e dalla stessa Rai per ciò che concerne il servizio pubblico. Per le tv e le radio private, invece, il compito spetta all’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni e ai Comitati regionali per le comunicazioni.

In occasione della consultazione elettorale, la commissione di Vigilanza e l’Autorità emanano specifici regolamenti su cui a vigilare è poi la stessa Autorità. A quest’ultima spetta il compito di monitorare l’emittenza radiotelevisiva nazionale, mentre a livello locale questo compito viene assegnato ai comitati regionali.

La legge n.28/2000 sulla par condicio

La legge 28 del 2000 ha l’obiettivo di promuovere e disciplinare “l’accesso ai mezzi di informazione per la comunicazione politica al fine di garantire la parità di trattamento e l’imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici”, come recita l’articolo 1 del testo. Nello specifico, la legge disciplina anche “l’accesso ai mezzi di informazione durante le campagne per l’elezione al Parlamento europeo, per le elezioni regionali e amministrative e per ogni referendum”.

L’articolo 2 della legge spiega che le emittenti radiotelevisive “devono assicurare a tutti i soggetti politici con imparzialità ed equità l'accesso all'informazione e alla comunicazione politica”. La misura assicura “parità di condizioni nell’esposizione di opinioni e posizioni politiche nei dibattiti, nelle tavole rotonde, nelle presentazioni in contraddittorio di programmi politici, nei confronti, nelle interviste e in ogni altra trasmissione nella quale assuma carattere rilevante l'esposizione di opinioni e valutazioni politiche”. I programmi di comunicazione politica sono obbligatori per le concessionarie radiofoniche nazionali e per le concessionarie televisive nazionali che trasmettono in chiaro.

I messaggi elettorali

Radio e televisioni offrono quindi spazi di comunicazione politica gratuita, obbligatoria per il servizio pubblico e facoltativa per le emittenti private. In particolare, si tratta di messaggi elettorali che devono avere una durata compresa tra l’uno e i tre minuti per la tv e tra i 30 e i 90 secondi la radio. In totale, i messaggi non devono ricoprire più del 25% della durata complessiva dei programmi di comunicazione politica su ogni singola emittente.

Le emittenti private che accettano di trasmettere i messaggi autogestiti a titolo gratuito hanno diritto a un rimborso da parte dello Stato. Lo stanziamento viene definito con un decreto che va approvato entro il 31 gennaio e alle emittenti private spetta almeno un terzo del totale stanziato.

I messaggi su quotidiani e periodici

Gli editori di quotidiani e periodici, nel caso in cui vogliano pubblicare messaggi politici elettorali, devono darne comunicazione e consentire ai candidati e alle forze politiche l’accesso agli spazi in condizioni di parità. Sono ammessi: annunci di dibattiti, pubblicazioni per la presentazione dei programmi delle liste e dei candidati, pubblicazioni di confronto tra candidati. Queste disposizioni non si applicano agli organi ufficiali di stampa dei partiti e dei movimenti politici.

A chi spettano gli spazi elettorali

L’articolo 4 stabilisce il funzionamento in base ai diversi periodi pre-elezioni. In un primo periodo, quello che intercorre tra la convocazione dei comizi elettorali (in questo caso convocati il 29 dicembre 2017 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto sull’indizione di nuove elezioni) e la data di presentazione delle candidature (tra il 29 e il 31 gennaio 2018), gli spazi sono ripartiti tra i soggetti politici presenti in Parlamento. O, anche, tra quelli non rappresentati ma comunque presenti nel Parlamento europeo.

Nel secondo periodo, quello tra la presentazione delle candidatura e la chiusura della campagna elettorale, gli spazi sono ripartiti in base alle “pari opportunità tra le coalizioni e tra le liste in competizione” che si sono presentate in collegi o circoscrizioni che riguardano “almeno un quarto degli elettori” chiamati al voto. Dal momento della presentazione delle candidature le emittenti radio e tv nazionali possono trasmettere i messaggi autogestiti.

Vietato fornire indicazioni di voto

Sin dal 29 dicembre e fino alla chiusura delle operazioni di voti è vietato, in qualunque trasmissione nazionale, fornire indicazioni di voto (anche in forma indiretta) o manifestare le proprie preferenze di voto. Sia i conduttori che i registi di queste trasmissioni sono “tenuti a un comportamento corretto e imparziale nella gestione del programma, così da non esercitare influenza sulle libere scelte degli elettori”.

La pubblicazione dei sondaggi

Negli ultimi 15 giorni prima del voto è vietato pubblicare e diffondere i risultati di sondaggi sull’esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori. Il divieto vale anche per sondaggi effettuati in periodi precedenti agli ultimi 15 giorni. Al di là di questo periodo, è possibile rendere noti i risultati di sondaggi solo se accompagnati da alcune indicazioni riguardanti chi ha condotto il sondaggio. Tra queste informazioni rientrano: il soggetto che ha realizzato il sondaggio, i committenti, i criteri di campionamento, il metodo di raccolta dei dati, il numero di persone intervistate, le domande rivolte e la data di realizzazione del sondaggio.

Violazioni e sanzioni

Ogni soggetto politico ha il diritto di denunciare eventuali violazioni entro dieci giorni dal loro avvenimento. Dopo spetta all’Autorità decidere le sanzioni da applicare, entro 48 ore dalla denuncia. In molti casi le violazioni vengono sanzionate con trasmissioni riparatorie in cui partecipino le persone danneggiate. Si può anche decidere per la trasmissione di un messaggio dei soggetti danneggiati, di un riequilibrio delle parti, della trasmissione di un messaggio sulla violazione commessa, di una rettifica. O, ancora, nei casi più gravi, si può andare incontro alla sospensione della trasmissione. Oltre a multe che possono essere di un importo variabile.

Gli emendamenti bocciati in commissione di Vigilanza

La commissione di Vigilanza Rai ha votato ieri il regolamento in vista della campagna elettorale, bocciando alcune proposte presentate dal Movimento Cinque Stelle negli emendamenti presentati al testo. In particolare, a spiegare quale fosse l’obiettivo di queste modifiche, è il presidente della commissione Roberto Fico. Il deputato del M5s sottolinea di aver “evidenziato la situazione paradossale che si è creata in Rai per cui ci sono conduttori di programmi di infotainment che per aggirare il tetto agli stipendi hanno firmato contratti di tipo artistico”.

Fico argomenta:

In Rai lavorano circa 1500 giornalisti, compresi i direttori dei tg, la presidente e il direttore generale, che sottostanno al tetto alla retribuzione di 240mila euro annui. Ma c’è chi, pur essendo giornalista, preferisce assimilare la propria prestazione a quella di un artista per bypassare il limite retributivo e percepire compensi milionari. Per fare un esempio, Bruno Vespa per condurre un programma di infotainment come ‘Porta a Porta’ ha un contratto artistico – e non giornalistico – di 1 milione e 200 mila euro. Per questo abbiamo presentato vari emendamenti con diverse opzioni per cercare di superare definitivamente questa questione che, ripeto, è paradossale, ed evitare così che durante la campagna elettorale i programmi condotti da ‘artisti’ potessero ospitare soggetti e dibattiti politici.

Nessuno degli emendamenti – ricorda Fico – è stato approvato: un’occasione persa per risolvere quella che è una vera e propria anomalia per il servizio pubblico a cui occorrerà presto porre rimedio”.

Il regolamento Agcom: giornalisti devono dichiarare la loro posizione

L’Autorità (Agcom) ha approvato lo schema di regolamento sulla par condicio per le tv private in campagna elettorale. Tra le novità, secondo quanto anticipato dal Corriere della Sera, ce n’è una riguardante da vicino i giornalisti: “Laddove il formato del programma preveda l’intervento di un giornalista o di un opinionista a sostegno di una tesi, deve essere garantito uno spazio adeguato alla rappresentazione di altre sensibilità culturali in ossequio non solo al principio del pluralismo ma anche del contraddittorio, della completezza e dell’oggettività dell’informazione stessa, garantendo in ogni caso la verifica di dati e informazioni del confronto".

I giornalisti invitati a partecipare alle trasmissioni televisive dovranno quindi dichiarare la propria posizione politica in modo che il conduttore possa mettere a confronto diverse opinioni. Per ora questa rimane un’ipotesi che preoccupa però le varie emittenti privati: il rischio è che per ogni giornalista invitato ci debba essere una controparte con opposte idee politiche, così come avviene anche per i politici.

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