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Omicidio Varani, da Vespa va in scena la peggior tv del dolore

Uno scempio andato in onda proprio nel giorno in cui il direttore generale Campo Dall’Orto ha annunciato di voler porre fine al fenomeno dell’emotainment, della televisione che gioca con le emozioni, della televisione del dolore. A cadavere ancora caldo, ieri sera Valter Foffo – padre di Manuel, uno dei due presunti assassini di Luca Varani – è stato invitato a parlare dell’omicidio nel salotto di Bruno Vespa.
A cura di Charlotte Matteini
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Valter Foffo
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Uno scempio andato in onda proprio dopo che il direttore generale Rai, Antonio Campo Dall'Orto, ha annunciato di voler porre fine al fenomeno dell'emotainment, della televisione che gioca con le emozioni, della televisione del dolore. A cadavere ancora caldo, ieri sera Valter Foffo – padre di Manuel, uno dei due presunti omicida di Luca Varani, il ragazzo che nella notte tra venerdì e sabato scorso Roma sarebbe stato ucciso "per vedere l'effetto che fa", stando alle confessioni giunte in seguito all'arresto dei due sospettati – è stato invitato a parlare del caso che coinvolge suo figlio nel salotto di Bruno Vespa. Padre – ci terrei a sottolinearlo – al quale il giorno precedente è stato confessato un omicidio e grazie al quale i Carabinieri sono riusciti a risalire a luogo del ritrovamento del cadavere e ad arrestare i due presunti assassini.


Nonostante ancora nemmeno gli inquirenti abbiano le idee così chiare
e le informazioni e confessioni che si rincorrono nelle ultime ore paiono non essere ancora così lineari e attendibili, uno dei programmi di punta della rete ammiraglia della Tv di Stato invita il padre di un reo confesso a tracciare il ritratto di quel figlio modello. Parlare, ma di cosa? Quale sarebbe l'utilità di sentire l'opinione di Foffo senior in un momento così delicato? Quale sarebbe l'utilità – per me, spettatrice – di sentir raccontare in questa sede che Manuel era un ragazzo con un quoziente intellettivo superiore alla norma? Vespa, annunciando su Twitter l'ospitata, ha scritto: "Stasera a #portaaporta il padre di Manuel Foffo dice che il figlio autore del tremendo omicidio di Roma è un ragazzo brillante e normale".

E grazie, e qui mi autocensuro per non scadere nella volgarità, ma cos'altro dovrebbe dire un padre che si ritrova catapultato in una storia del genere, così di punto in bianco e magari si rende conto di non conoscere poi così bene quel figlio? Un padre che ieri sera ha definito il proprio figlio "un ragazzo modello, un autodidatta, un ragazzo molto buono, forse eccessivamente buono", un ragazzo di cui non pensava affatto potesse essere dipendente dalla cocaina da dieci anni. Mai un sentore, mai un dubbio. Fino a domenica mattina. Fare uno speciale su questo delitto, non è tanto questo il problema, a Vespa e i suoi plastici siamo ormai abituati, ma può essere definito deontologicamente corretto e plausibile cercare di estorcere uno scoop televisivo a tutti i costi al padre di un reo confesso, a due giorni nemmeno dal ritrovamento del cadavere?

Non solo il padre della vittima, Vespa ha anche intervistato Vera Slepoj, psicanalista e psicoterapeuta che durante la puntata si è divertita, passatemi il termine scorretto ma calzante, a tracciare il profilo psicologico di Manuel Foffo senza averlo mai visto e senza averci mai parlato prima. Non è la prima volta che assistiamo a una caduta di stile e a una mancanza di deontologia professionale così lampanti di Bruno Vespa, il caso Casamonica suscitò le stesse reazioni da parte dell'opinione pubblica. La smania di raggiungere vette di share ancora inesplorate sta ormai prevalendo sull'interesse dello spettatore a essere informato. L'interesse prevalente dell'informazione televisiva italiana, ormai, sembra essere quello di suscitare emozioni, non più fornire notizie chiare, complete e verificate. Una follia deontologica che probabilmente non avrà alcun tipo di ripercussione sul popolare giornalista e conduttore, Bruno Vespa.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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